Il vescovo alla Messa Crismale: “I cristiani segno di unità e umanità”

«Il mondo ha bisogno dei cristiani: di donne e uomini che sappiano essere segno di unità e umanità». Così il vescovo Ambrogio Spreafico nell’omelia della Messa Crismale, celebrata nel pomeriggio di mercoledì 27 marzo nella Basilica Abbazia di Casamari, alla presenza del clero della nostra diocesi e di Frosinone-Veroli-Ferentino, le due Chiese unite in persona episcopi. QUESTO IL TESTO COMPLETO DELL’OMELIA: Sorelle e fratelli, cari don Alberto e don Nino, e caro padre Abate Loreto, cari sacerdoti, diaconi, donne e uomini che con noi formate questo popolo santo, radunato dalla misericordia di Dio, che soprattutto in questa settimana riscopre la grazia di esserne parte, celebrando con tutta la Chiesa il cuore della sua vita di fede. Non sempre ne siamo consapevoli. Il mondo ci abitua all’io, ci induce a cavarcela da soli, finché ce la facciamo, a cercare ogni giorno affannosamente la via della felicità. Eppure, il Signore non smette di parlarci, di radunarci, di farci sentire la tenerezza della sua presenza, la forza del suo amore. Cari sacerdoti, il Signore ci ha chiamati e consacrati nonostante la nostra indegnità. Il suo Spirito è sceso su di noi perché fossimo profeti nel mondo e in ogni tempo, mandati come quel profeta che viveva in un tempo difficile del suo popolo, ad essere ministri della grazia di Dio, del suo amore per i poveri e i miseri, nei quali egli stesso si è identificato e sul cui amore saremo giudicati. È una grande missione anche oggi. È la nostra missione, anzitutto dei sacerdoti, ma anche di tutti noi, popolo di Dio e segno di unità della famiglia umana. Dovremmo riscoprirla ogni giorno come un grande dono di cui lo Spirito di Dio ci ha rivestito. Questa consapevolezza ci aiuterebbe ad essere “uno” in lui, e non individui che fanno tanta fatica a vivere gli uni con gli altri e per gli altri, a volte chiedendo attenzione e riconoscimenti, invece di essere strumento di unità. Le guerre, la corsa alle armi, la violenza del terrorismo, la violenza della vita di ogni giorno anche nei luoghi che abitiamo, l’incapacità delle nazioni a dialogare e a cercare vie di pace, l’esclusione dei poveri, l’indifferenza e l’abitudine ad accettare come normale l’odio, il litigio, il giudizio, la rabbia, non dovrebbero indurci a una ribellione interiore e a una rinnovata presa di coscienza della missione che ci è affidata? Invece, a volte perdiamo tempo in quisquiglie, in inutili quanto sciocche discussioni e prepotenze, cercando il proprio ruolo, talora insoddisfatti di ciò che uno vive oggi e alla ricerca di chissà quale spazio di felicità. Desideriamo che gli altri cambino, ma troppo poco ci poniamo la domanda del cambiamento di ciascuno di noi. Oggi il Signore ci rinnova il suo dono con generosità e fiducia. Il mondo ha bisogno dei cristiani, di donne e uomini che siano strumento di fraternità e unità, di benevolenza e speranza, luce di pace e di amore. Ha bisogno di noi suoi ministri. La Memoria della Cena del Signore, che celebreremo domani in tutte le nostre comunità, sia quella tavola della fraternità che veda noi sacerdoti pronti a distribuire quel cibo santo che sazia la fame di amore e di fraternità di ogni uomo e ogni donna. E gli oli santi, che consacreremo e benediremo, possano accompagnare la vita di tanti esseri umani dalla nascita alla morte, segnando la luce della presenza di Dio nella loro vita. Siamo come l’olio versato da quella donna durante l’ultima cena, olio di tenerezza, di amore, con cui lenire il dolore di un uomo che stava per essere messo a morte. Quanto ha bisogno il mondo di questo olio, che unito al balsamo che profuma, lenisce e guarisce le ferite del dolore e dell’abbandono! Non lasciamoci perciò prendere dal solito pessimismo delle statistiche, che vorrebbero indurci a celebrare il declino della Chiesa: pochi battesimi, pochi matrimoni, poche vocazioni; e così via. La tentazione è di ritirarsi in buon ordine o di gestire ciò che è rimasto, magari pensando che bisogna cambiare le strutture senza cambiare lo spirito o cercando uno spazio tranquillo a propria misura senza troppo affannarsi. Quanto è triste vivere così, soprattutto per chi come noi ha ricevuto una missione per il mondo! Oggi, cari amici, è tempo di svegliarci dal sonno, è tempo di farci toccare dalla Parola di Dio, da quel Vangelo del Signore crocifisso e risorto, che ci manda come pecore in mezzo ai lupi, alla violenza e all’odio. Rileggiamo con Gesù quel rotolo del libro di Isaia, che contiene le parole della nostra missione e la grazia per poterla realizzare. E la missione è sguardo verso il futuro, mai schiacciati dal presente. La missione cristiana è visione! Siamo insieme le due diocesi di Anagni-Alatri e di Frosinone-Veroli-Ferentino con i nostri sacerdoti, i diaconi, le consacrate e i consacrati, i nostri seminaristi. Sono certo che sono unite a noi le nostre claustrali, parte così preziosa del nostro popolo. Non è la prima volta. Diversi momenti di riflessione e di preghiera ci hanno visto insieme in questi mesi. Ringrazio tutti voi che avete lavorato fraternamente con generosità. Siamo un popolo multiforme, ma vorremmo essere davvero il popolo unito dall’alleanza che il Dio d’Israele ha suggellato con noi per mezzo della morte e resurrezione di Cristo. Le promesse che voi sacerdoti rinnoverete davanti al vescovo sono un impegno a vivere con passione, entusiasmo e generosità la missione che questa alleanza nel sangue di Cristo ci affida. Ci accompagni sempre la preghiera e la meditazione delle Sante Scritture, scrigno prezioso della saggezza che viene da Dio. E il nostro operare sia segnato dall’amicizia, dal rispetto, dalla condivisione con i tanti uomini e donne che con generosità e fedeltà formano con noi questo popolo santo. Tutti servi umili e pazienti, nessuno padrone! Uno solo è il Signore e il Maestro, noi tutti fratelli e sorelle. Il Cammino sinodale, che le nostre due diocesi stanno continuando con impegno, ci aiuti a crescere nella condivisione e nella testimonianza di unità. Sorelle e fratelli, viviamo con gioia