Giornata della gioventù: venerdì 22 novembre il piccolo pellegrinaggio dei ragazzi

I giovani delle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone- Veroli-Ferentino celebreranno insieme laGiornata della gioventù, venerdì 22 novembre a Ferentino. Questo il programma, stilato dalle due Pastorali giovanili diocesane: ritrovo alle 20.15 presso Porta Montana (via Consolare) e quindi tretappe, in cammino, con altrettanti momenti di riflessione: sul pentimento, con testimonianza dei giovani della comunità “In dialogo”, presso la chiesa di Santa Maria de’ Cavalieri Gaudenti; ricerca,con catechesi del vescovo Ambrogio Spreafico, in Concattedrale; ringraziamento, con adorazione emandato missionario preso la chiesa della Madonna del Buon Consiglio. «Un piccolo pellegrinaggio nel centro storico di Ferentino – hanno scritto i ragazzi della pastorale giovanile della diocesi di Anagni-Alatri sui loro social – e lungo il cammino ci fermeremo per riflettere e vivere i tre atteggiamenti che Papa Francesco ci suggerisce nel messaggio per questa Giornata della gioventù: pentimento, ricerca e ringraziamento»

Giubileo: il 15 marzo 2025 il pellegrinaggio interdiocesano a Roma

Si svolgerà sabato 15 marzo 2025 il pellegrinaggio interdiocesano a Roma per il Giubileo, con i fedeli delle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino guidati dal vescovo Ambrogio Spreafico. Il programma prevede l’appuntamento in piazza San Pietro, l’udienza giubilare con papa Francesco, la celebrazione eucaristica e il passaggio della Porta santa. Il dettaglio degli orari verrà comunicato in un secondo momento attraverso i media e i social diocesani. Le adesioni si raccolgono nelle parrocchie di appartenenza e andranno comunicate entro il 15 dicembre prossimo, per consentire la migliore organizzazione logistica.

Il San Sisto I del Cavalier d’Arpino rivive anche in un libro

Matematico, astronomo, cosmografo: studi e conoscenze che gli valsero il giusto appellativo di “vescovo scienziato”, Ignazio Danti, fu consacrato vescovo di Alatri nel 1583, e qui morì il 19 ottobre 1586, dopo essersi speso totalmente per la sua gente, con una particolare sollecitudine per i poveri ma senza dimenticare i suoi interessi culturali, compreso quello per la pittura, tanto che volle commissionare all’allora giovane Giuseppe Cesari, poi divenuto famoso in tutto il mondo con il nome di “Cavalier d’Arpino”, un ritratto di San Sisto I, conservato per l’appunto ad Alatri.Il dipinto è stato poi fatto restaurare dall’Associazione Gottifredo e restituito così in tutta la sua bellezza in una magnifica serata del luglio di 4 anni fa, all’Acropoli.Questa premessa è indispensabile per dire che ora, peraltro proprio nell’anniversario della morte di Danti, esce un volume dal titolo “Il San Sisto del Cavalier d’Arpino, l’affresco restaurato”, curatoda Mario Ritarossi, il docente del liceo artistico di Frosinone che tanta parte ha avuto in questa riscoperta. Il libro, prefato dal vescovo Ambrogio Spreafico e con una presentazione del presidente dell’associazione ed edizioni Gottifredo, Tarcisio Tarquini, si avvale di alcuni preziosi contributi critici dello stesso Ritarossi, di Maria Letizia Molinari e di Francesco Petrucci, ad introdurre gli appassionati – o anche i semplici curiosi che vogliano così avvicinarsi all’opera e a tutto il genio del Cavalier d’Arpino e di converso all’operato del vescovo Ignazio Danti – alle tecniche del restauro, alla precocità dell’arte di Giuseppe Cesari e alla sontuosità di un emblema encomiastico di antica e armoniosa bellezza.Scrive tra l’altro il vescovo Spreafico nella prefazione, riferendosi al dipinto: «Era un capolavoro che avevamo sotto gli occhi da secoli ma che non aveva mai ricevuto fino ai giorni nostri l’attenzione che meritava. Va reso merito a chi ha voluto richiamare questa attenzione con un’iniziativa che ha incontrato subito il favore del nostro predecessore, monsignor Lorenzo Loppa, e la collaborazione dell’Ufficio diocesano dei Beni culturali e l’Edilizia di culto e della sua responsabile Federica Romiti». Spreafico preannuncia inoltre questa importante novità: «Il San Sisto del Cavalier D’Arpino, sarà una delle bellezze che faranno parte del costituendo Museo diocesano di Alatri; in un certo senso, rappresenterà uno dei suoi beni più prestigiosi e ammirati».Igor Traboni

L’intervento del vescovo Spreafico alla cerimonia per la memoria della deportazione degli Ebrei di Roma

La Comunità di Sant’Egidio e la Comunità Ebraica di Roma hanno promosso anche quest’anno una memoria della deportazione degli ebrei di Roma, compiuta dai nazisti il 16 ottobre 1943. Furono in 1.024 ad essere strappati dalle loro case e deportati ad Auschwitz: ne tornarono solo 16. La ferita inferta al tessuto della città è stata profonda e ci richiama all’importanza di un impegno contro ogni forma di antisemitismo e di razzismo. La commemorazione pubblica si è tenuta alla vigilia dell’anniversario del tragico evento, il 15 ottobre alle ore 19.45, proprio nel luogo in cui avvenne, al Portico d’Ottavia, nel cuore del quartiere ebraico di Roma, che oggi ha preso il nome di Largo 16 ottobre 1943. (il link per rivedere il video completo)https://www.santegidio.org/pageID/30284/langID/it/itemID/58953/La-memoria-della-deportazione-degli-ebrei-romani.html Alla commemorazione sono intervenuti: il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, il Presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, il Rabbino Capo Riccardo Di Segni, il presidente della Comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi e il vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino mons. Ambrogio Spreafico. Di seguito pubblichiamo il testo integrale dell’intervento del vescovo Ambrogio:Clicca qui per scaricare il pdf Il recente incontro internazionale delle religioni per la pace che Sant’Egidio ha promosso a Parigi aveva come titolo, Immaginare la pace. E’ una speranza coltivata dai profeti pur in mezzo a ingiustizie e guerre e che ci conduce questa sera a continuare a crederlo con voi, sapendo che è un sogno che le Sacre Scritture ebraiche ci propongono tante volte.Qui ogni anno noi ricordiamo quanto l’odio per l’altro possa condurre a una violenza e a una crudeltà così cruda, che non riesce più a vedere nell’altro, e allora era l’ebreo, considerato dall’ideologia nazista e fascista indegno di essere parte della cosiddetta umanità dei puri, una donna e un uomo, semplicemente un essere umano come te, uno creato a immagine e somiglianza di Dio, come recita così bene l’inizio di Bereshit. L’odio cresce e la barbarie della violenza lo fa crescere.Allora nessuno ebbe pietà, perché l’odio toglie ogni residuo di pietà e rende l’Altro solo un nemico da sconfiggere ed eliminare. Erano uomini, donne, bambini, vecchi, malati. Che importa. Nessuno di loro aveva diritto di continuare a vivere. La loro memoria oggi deve rimanere un monito in un mondo in cui rigurgiti di antisemitismo e di razzismo diventano sempre più frequenti e rendono a volte persino pericoloso mostrarsi con la propria identità religiosa o etnica che sia.È stato recentemente tradotto in italiano un documento dei vescovi francesi, “Decostruire l’antigiudaismo cristiano”. È un segno ulteriore che mostra come la Chiesa Cattolica, dal Concilio Vaticano II, si è impegnata perché l’antigiudaismo, che tanto ha segnato la cultura cristiana, sia eliminato. La “decostruzione”, che compie questo documento, evidenzia un passato con convincimenti non più condivisibili, ma anche un rinnovato impegno della Chiesa cattolica per riscoprire le radici ebraiche della sua fede e per stabilire un dialogo fraterno con il popolo ebraico.Esso dovrebbe preservarci dall’accondiscendere al clima di odio e di violenza che respiriamo, in cuil’antisemitismo e l’antigiudaismo sono così cresciuti soprattutto dopo la strage compiuta da Hamasnel sud di Israele e la conseguente risposta di Israele. Dovrebbe altresì aiutarci a rinnovare quell’alleanza di amore e di pace, che sola porta alla vita e che, nella nostra diversità, e insieme nella comune appartenenza alla famiglia umana, tutti siamo chiamati a custodire e a testimoniare “spalla a spalla”, come dice il profeta (Sofonia 3,9). Scrive un sapiente ebraico: “Per guarire dalla violenza potenziale verso l’Altro devo essere capace di immaginarmi come l’Altro”. Questo è anche immaginare la pace spalla a spalla.Cari amici della Comunità ebraica di Roma, a cui ci lega una salda e antica amicizia, sento l’urgenza di un impegno comune in questa direzione. Vorrei attingere alle vostre Scritture per dire che oggi abbiamo bisogno di condividere quel Tiqqun ‘olam, “quella riparazione del mondo”, così necessaria e urgente. Bisogna fare qualcosa al mondo che non solo ripari i suoi danni ma anche che lo migliori, preparando il suo accesso allo stato ultimo per il quale esso fu creato, quell’armonia delle differenze che solo può rendere possibile una convivenza pacifica e umana e un futuro all’umanità. C’è molto dolore e molta distruzione da riparare, molto odio da raddrizzare, un linguaggio parlato e scritto da eliminare, molta violenza da combattere con le armi insostituibili della mitezza e di un dialogo pacificatore. Di questo spirito ne ha bisogno questa città, ne ha bisogno il mondo, ne hanno bisogno le relazioni sociali, per riparare quei danni dell’io che con arroganza non sa ascoltare e dialogare.Sono stato nel mese di luglio a Betlemme, Gerusalemme e Tel Aviv con una delegazione europeadella Comunità di Sant’Egidio. Ho incontrato alcune famiglie dei rapiti del 7 ottobre. Abbiamocondiviso il dolore di tutte le parti. Il dolore ci accomuna e ci chiede un impegno perché si torni adialogare, perché Israele possa vivere in sicurezza e pace e ci sia pace per tutti. + Ambrogio Spreafico

Il vescovo ai giovani: «Dialogo e amore, perché siamo una forza di amicizia e pace!»

Solo… posti in piedi per chi è arrivato un po’ più tardi,  con la graziosa chiesa di Tecchiena Castello fin troppo piccola per accogliere i quasi 300 giovani arrivati da ogni parte delle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino per l’incontro con il vescovo Ambrogio Spreafico nella serata di venerdì 11 ottobre: un appuntamento fortemente voluto proprio da monsignor Spreafico a mo’ di ideale cerniera tra i due incontri dell’assemblea interdiocesana, quello di sabato 5 ottobre tenutosi a Fiuggi e quello di domenica 13 previsto a Casamari. Un incontro, questo dei giovani, vissuto in un clima di amicizia (probabilmente una delle note più belle, perché abbiamo visto nascere nuovi legami con lo scambio di numeri di cellulare e mail, ma anche ragazzi tornare ad abbracciarsi dopo chissà quanto tempo, magari per aver fatto le medie insieme e poi essersi persi un po’ di vista), di gioia e allegria, ma anche e soprattutto di tanta partecipazione nei successivi gruppi di “approfondimento”, e di attenzione alle parole del vescovo. Monsignor Spreafico, dopo la lettura del brano evangelico dell’Annunciazione e la proiezione di un video realizzato dalla pastorale giovanile di Anagni-Alatri, ha parlato, come suo solito, a cuore aperto ai ragazzi presenti, invitandoli subito all’ascolto, proprio come ha saputo fare Maria, umile ragazza di un piccolo villaggio: «Anche voi giovani avete saputo ascoltare e stasera siete qui, in tanti. E invece, nei nostri mondi, quante volte uno parla e l’altro non ascolta. Succede in famiglia, tra gli amici; magari a scuola no, perché lì… dovete ascoltare per forza! – ha un po’ scherzato il vescovo, strappando un bel sorriso ai giovani, prima di tornare a parlare della serietà dell’argomento – Ma se non lo ascolto, come faccio a capire l’altro? Come faccio a capire se dietro quella faccia scura c’è un problema? No, cari ragazzi, non basta una chat, tutti quei puntini, abbreviazioni ecc che poi non si capisce niente. Se tu invece ascolti l’altro, allora lo capisci. Ma quante volte, mentre vi ritrovate a casa per il pranzo o la cena, e parlate tra di voi, invece di chattare? Guardate che i social sono utili, io non li condanno mica e con moderazione li uso anche io, perché è bello mettersi in contatto con chi magari sta dall’altra parte del mondo. Ma non si può sempre star lì a chattare. Se un tuo amico festeggia il compleanno, non mandargli un messaggio di fretta, ma chiamalo! Fai sentire che ci sei, che sei vivo! Quando ascolti, allora dialoghi. E la vita è dialogo! Pensateci un po’: perfino le guerre non finiscono senza un dialogo, senza che ci si metta attorno ad un tavolo per dialogare. Il dialogo fa la vita! E dialogo e amore vanno insieme. Se vuoi bene ad una persona, ma non la ascolti, come fai a capirla? Ed è proprio la prima cosa che fa Maria: ascolta». Il dialogo, ha aggiunto il vescovo, permette anche di liberarsi di una certa vergogna nel dire cose personali e quindi di farsi aiutare. Ed è il vero antidoto contro le guerre, anche le piccole guerre attorno a noi: «Quando covi qualcosa contro un altro, da amico diventa nemico. Succede anche con i followers. Ma le guerre nascono proprio perché tu cominci  a guardare l’altro prima come un estraneo e poi diventa un nemico. Ecco perché nel mondo ci sono 100 conflitti e ben 187 se contiamo pure le guerriglie». Ma noi, è stato l’ulteriore invito rivolto da Spreafico ai giovani, «possiamo fare tanto, se ci prendiamo la responsabilità di costruire qualcosa, perché la pace dipende da tutti; noi dobbiamo essere uomini e donne di pace. Gesù ci affida un tesoro e noi dobbiamo custodirlo, essere protagonisti del cambiamento delle nostre belle città. Invece oggi c’è troppo individualismo, Ma se tu in classe vedi un compagno che si isola, che magari ha un problema, tu te ne devi occupare, diventare un vero amico. Diciamo “no” all’egoismo, perché gli egoisti sono loro le prime vittime, sono dei “poracci”: pensi solo a te stesso e così ti rovini. Noi, cari ragazzi, siamo chiamati ad aprire gli occhi, a guardare lontano, a coltivare cuore e pensieri, perché si vive di ascolto. Voi siete una forza di amicizia e pace e Gesù conta su voi, su ognuno di voi!», ha concluso il vescovo Ambrogio, salutato da un fragoroso applauso dei giovani presenti. Poi, come detto, i partecipanti si sono divisi in gruppi secondo fasce di età, stimolati dai sacerdoti e  dai vari educatori presenti a riflettere sulle parole del vescovo e su altri stimoli offerti. E anche qui, facendo capolino tra un gruppo e l’altro, abbiamo notato dei giovani estremamente attenti e preparati, capaci di offrire ai coetanei spunti di riflessione mai banali. Insomma, davvero una gran bella serata, preparata al meglio dalle pastorali giovanili e vocazionali delle due diocesi, coordinate da don Luca Fanfarillo, don Pierluigi Nardi, don Tonino Antonetti, don Francesco Paglia, Andrea Crescenzi e con un “grazie” per l’accoglienza a Giorgia e Ilenia, educatrici di Tecchiena Castello. Tra i tanti giovani presenti, anche quelli di vari movimenti, gruppi e associazioni, dagli Scout ad Azione Cattolica e Nuovi Orizzonti, dai giessini di Comunione e Liberazione ai volontari delle Olimpiadi Victoria di Madonna della Neve e del Sicomoro di Fiuggi, ma di certo ne dimentichiamo qualcuno e ce ne scusiamo. Bella e significativa anche la presenza dei seminaristi delle due diocesi, accompagnati dall’assistente spirituale don Angelo Conti. A concludere il tutto, la benedizione finale, saluti e abbracci. Anzi, no: per molti anche un dopo-incontro con cornetti alla crema o panini con la porchetta, nella serata un po’ fresca ma con il cuore “scaldato” dalla gioia di un incontro. Igor Traboni

Assemblea Ecclesiale 2024, intervento del vescovo Ambrogio: “Vivere da cristiani in un cambiamento d’epoca”

Segue il testo completo del Vescovo Mons. Ambrosio Spreafico dal titolo “Vivere da Cristiani in un cambiamento d’epoca“Clicca qui per scaricare il pdf Non vorrei aggiungere molte cose a quanto già ascoltato dal prof. Pasquale Bua. Vorrei solooffrivi alcuni spunti che arricchiscono quanto da lui detto. Il cambiamento d’epoca in cui siamoesige che anche noi cambiamo. Spesso viviamo come se fossimo in un antico palazzo che ha le suecrepe e rischia di crollare, senza che nessuno cerchi di pensare a metterci mano. Si continua facendole stesse cose, come se niente fosse. Così ripetiamo concetti, verità, schemi, devozioni, pratichereligiose, facendo fatica a capire che quello che abbiamo detto fino a ieri oggi forse solo pochi locapiscono, e soprattutto pochi lo credono utile per la loro vita; quindi, ciò che diciamo e facciamorischia di essere inefficace, di non provocare la necessaria crescita umana e spirituale, di non dareinizio a un cambiamento, perché di questo ha bisogno il mondo. Mi chiedo ad esempio:nell’itinerario di iniziazione cristiana quanto entri nell’umanità di coloro che noi incontriamo ognisettimana per quattro anni tanto da incidere sulle loro parole, pensieri, abitudini, scelte? O cilimitiamo a credere che basta insegnare la dottrina per preparare una persona a incontrarsi con ilSignore Gesù ed essere rivestito della sua umanità? Certo, abbiamo bisogno di formazione, dipreparazione. Questo è indubbio. Ma poi bisogna essere capaci di far diventare la nostrapreparazione capace di suscitare negli altri, pensieri, sentimenti, parole, atteggiamenti, che sianoinformati dall’incontro con il Signore Gesù attraverso di noi. Questa è la domanda: quanto la Paroladi Dio è diventata l’alfabeto della nostra umanità che parla attraverso di noi?La Parola di Dio, che leggiamo e ascoltiamo, dovrebbe infatti diventare parte della nostraumanità, aiutarci a rileggere la storia, gli avvenimenti, a immaginare il futuro per generare speranza,visioni, sogni, capaci di guidare le donne e gli uomini verso un futuro dove si possa vivere insiemein modo fraterno e pacifico. Non possiamo accettare il dominio della violenza né l’assuefazione allaguerra considerata ormai un fatto normale. Siamo chiamati a costruire con pazienza e saggezza unmondo fraterno, di cui le nostre comunità dovrebbero essere un modello, da condividere senzaescludere nessuno, senza giudicare, senza sentirci migliori, difendendo noi stessi con paura. Ilmondo non è pieno di nemici, ma semplicemente abitato da donne e uomini bisognosi di ascolto edi amore. Il Giubileo della speranza, che condivideremo con tutta la Chiesa a partire dal Natale diquesto anno, dovrebbe essere la porta di speranza che ci fa sussultare, che ci risveglia a un di più divita, di gioia, di amore, da diffondere attorno a noi per la crescita di un’umanità ferita dalla violenzae dalla guerra, ma anche da tanto bisogno di pace e di salvezza. Il Signore Gesù, Parola eterna delPadre, ce ne renda testimoni. Ascoltare, vedere, ripetere, imitare, servire, comunicare Vorrei suggerire alcuni atteggiamenti che ci possono aiutare nel nostro essere discepoli di Gesùnella realtà in cui siamo, comunicando la gioia e la speranza della vita cristiana. Li riassumo inalcuni verbi: dovremmo riscoprire l’immediatezza e l’entusiasmo di quei primi testimoni della fede? C’èanche un altro momento della vita cristiana in cui la ripetizione è essenziale. “Fate questo inmemoria di me”; nella Santa Messa noi ripetiamo le parole ed i gesti dell’ultima cena, maanche, nell’arco del calendario liturgico, sentiamo il bisogno di proclamare e di ascoltare lestesse pagine della Bibbia. Certo, la liturgia non è una ripetizione stanca e scontata diformule, da subire distratti o frettolosi. Essa esprime il cuore stesso della nostra fede: “Ognivolta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice, annunciamo la tua morte oSignore, proclamiamo la tua Resurrezione, nell’attesa della tua venuta”. Ripetere, in questocaso, non è solo celebrare un evento lontano nella storia, ma rendere attuale e viva lapresenza di Dio, che cammina con noi. Per questo occorre celebrarla con cura e con gioia,trovare bravi lettori, ministranti, scegliere canti a cui l’assemblea possa unirsi. La vita cristiana è vita che deve essere portatrice di umanità compassionevole, gentile, capace diascoltare, di accogliere, di prendersi cura di tutti senza escludere nessuno. Dialogo e amore vanno dipari passo. Solo così si potrà costruire un mondo fraterno a pacifico. Benevolenza non significatuttavia restare in silenzio davanti al male, anzi significa vivere l’autorevolezza di Gesù che seppediscutere e contrastare il male facendo il bene e indicandone la via. In una società di tante solitudinie inimicizie, la Chiesa e le nostre comunità sono custodi, pur con i nostri limiti e il nostro peccato,di un tesoro di comunione e di unità di cui dobbiamo essere consapevoli. L’unità e la comunione delnostro popolo, che si manifesta in modo visibile attorno alla mensa della Parola e del pane di vitaeterna nella celebrazione della Liturgia Eucaristica della domenica, sia il segno di ciò che siamo edobbiamo essere nella vita di ogni giorno. Da lì traiamo forza e speranza, vigore e amore. Da lìpossiamo mostrare al mondo, con umiltà e spirito di servizio, che si può vivere da sorelle e fratellinella diversità di ognuno. Iddio onnipotente e misericordioso ci renda sempre tali e ci mantenganell’unità di amore attorno al suo Figlio unigenito, nostro Signore e Maestro. Fiuggi 5 ottobre 2024Ambrogio Spreafico

L’Azione Cattolica “prende il largo”: la cronaca dell’assemblea diocesana

Nei due pomeriggi di sabato 28 e domenica 29 settembre, presso il Centro pastorale di Fiuggi, si è svolta l’annuale assemblea dei soci ( che come sempre è aperta alla partecipazione di tutti) dell’Azione Cattolica dal titolo “Date voi stessi da mangiare” (Mt 14,16). Il consueto appuntamento dà inizio all’impegno dell’anno associativo in concomitanza anche con l’inizio dell’anno pastorale. Le associazioni della diocesi, insieme alla Presidenza, presieduta da Concetta Coppotelli e a i membri del Consiglio si sono ritrovati per due giorni di formazione e programmazione sulle tematiche proposte  dagli orientamenti nazionali per il nuovo triennio 2024-2027. Ad avviare la due giorni dopo i saluti di apertura della presidente, abbiamo avuto il piacere di ascoltare la Lectio divina del vescovo Ambrogio Spreafico sull’invito evangelico di Gesù “Prendi il largo” (Lc 5, 1-11), icona biblica che l’Associazione pone a riferimento per il primo anno del suo cammino. Il Vescovo ha invitato i presenti ad attualizzare la Parola di Dio perché essa parla al nostro tempo, un tempo di grandi cambiamenti. La meditazione della Parola di Dio deve portare a rivelazioni importanti su come vivere oggi la nostra fede e come essere testimoni con chi incontriamo. L’invito a “prendere il largo” di Gesù, ha proseguito mons. Spreafico, significa portarsi al di fuori del territorio che conosciamo fidandoci di Lui e ha ricordato all’Azione Cattolica il proprio Dna , ovvero, quello di andare oltre le proprie mura perché ogni realtà associativa della chiesa è fatta per il mondo e non per se stessa. Gesù sale con noi sulla barca, ma ci sono anche altre barche intorno che non sono concorrenti, ma collaboratrici e senza le quali non si riuscirebbe a sollevare la rete ricolma di pesci che sono immagine di tutti i popoli del mondo. Per arrivare a tutti bisogna allora cercare non solo di diffondere il proprio spirito, ma anche essere capaci di vivere la propria missione con lo spirito degli altri, di fondere i diversi carismi per rispondere alle molteplici domande del mondo: attirare a Dio gli uomini e le donne che incontriamo rendendo le loro vite più umane. Occorre provarci e fidarsi come fa Pietro “…sulla tua parola getterò le reti” e ancora di più sull’esempio di Maria “…avvenga per me secondo la tua parola”, allora ciascuno di noi potrà sperimentare il compimento di un miracolo facendo divenire generativa la propria vita personale e associativa spesso in modo impensabile e inatteso (ndr). L’Assemblea ha poi ospitato un momento di formazione e sensibilizzazioni sul tema della tutela dei minori e delle persone vulnerabili, con l’intervento della dott.ssa Anna Rita Pica, psicologa presso il consultorio familiare di Ferentino e referente per la diocesi di Anagni-Alatri del Servizio interdiocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili avviato all’indomani della divulgazione della Lettera Apostolica “VOS ESTIS LUX MUNDI” di Papa Francesco del 2019 e delle Linee Guida CEI. E’ stato presentato il lavoro di formazione e ascolto svolto dal Servizio interdiocesano unitamente alle Linee guida pubblicate nel gennaio 2023 disponibili on line sul sito del Servizio interdiocesano Tutela Minori della Diocesi del Lazio Sud. La dott.ssa Pica ha spiegato il significato del crimine dell’abuso, le sue caratteristiche, le connotazioni dell’abusato e dell’abusante e come sullo sfondo ci sia come costante un uso manipolatorio della relazione educativa asimmetrica tra “grandi” e “piccoli”. E’ emerso in conclusione anche un identikit dell’educatore che dovrebbe essere una persona sicuramente maggiorenne, capace di esercitare una responsabilità in senso stretto, un testimone nei suoi atteggiamenti, in grado di rispettare i confini del suo ruolo e capace di confronto. E’ stato messo in luce il ruolo fondamentale della famiglia come luogo privilegiato dove si vive l’accettazione incondizionata e completa dell’altro, capace di generare fiducia in se stessi e dare capacità di buttarsi nella vita e nel mondo ai più piccoli. Il pomeriggio di domenica ha visto la presentazione degli Orientamenti per il triennio 2024-2027 a cura della Dott.ssa Claudia D’Antoni, ex consigliera nazionale per l’Azione Cattolica dei Ragazzi. Il discorso è partito dalla XVIII Assemblea Nazionale culminato con l’incontro  “A braccia aperte” con Papa Francesco ed ha toccato i temi dello stile che deve contraddistinguere l’Associazione e i suoi associati a tutti i diversi livelli di responsabilità e appartenenza. Nella sua relazione non è mancato il riferimento alla necessità di rinnovare giorno dopo giorno la nostra risposta generosa alla chiamata universale alla santità e a meditare l’attualità della figura del Beato Pier Giorgio Frassati che presto diventerà Santo e che in questo triennio verrà ricordato in maniera particolare come esempio del “guardare in alto e guadare verso l’altro” (P.G. Frassati), di “cristiano che crede, opera come crede, parla come sente, fa come parla” (F. Turati) come laico nella chiesa e nel mondo. All’intervento della D’Antoni, sono seguiti i gruppi di lavoro per la programmazione dei diversi settori. Nel calendario annuale, oltre alle collaborazioni con gli uffici di pastorale diocesana , sono state definite le iniziative ricorrenti (Veglia dell’Adesione, Marcia della Pace, Esercizi Spirituali, Festa dell’incontro AC e Campi estivi) e sono stati introdotti appuntamenti legati al Giubileo con particolare attenzione ai Giovani e alle Famiglie ed anche  quelle con la Pastorale Giovanile diocesana e le Suore del Preziosissimo Sangue. Entrambe le giornate di lavoro si sono concluse con la celebrazione dei Vespri solenni accompagnati dal canto e condotti dall’assistente diocesano don Rosario Vitagliano. Alla sera del sabato la grande famiglia dell’AC si è ritrovata a condividere un momento di amicizia e convivialità. La Presidenza Diocesana

Il vescovo al 50° di don Pierino: «Esempio di umiltà per tutti noi»

Visibilmente commosso, con una lacrima neppure tanto furtiva venuta giù al momento di ringraziare i tanti presenti, con la voce rotta dall’emozione: così don Pierino Giacomi ha vissuto, domenica 15 settembre a Fiuggi, nella chiesa di San Pietro, la celebrazione dei 50 anni di sacerdozio, presieduta dal vescovo Ambrogio Spreafico. Attorniato da tanti amici sacerdoti sull’altare, dai familiari in prima fila sui banchi e da tanti fedeli e amici di questi anni di ministero pressoché interamente trascorsi a Fiuggi, con una cerimonia allietata da un bel coro e con il saluto dell’amministrazione di Fiuggi e della confraternita, don Pierino è stato piacevolmente travolto da tanto affetto. Il vescovo Spreafico nell’omelia ha voluto sottolineare alcuni tratti salienti del ministero di don Giacomi, riprendendo anche le parole pronunciate dal festeggiato nell’intervista rilasciata a Lazio Sette e che trovate anche su questo sito internet della diocesi, ad iniziare dall’inciso programmatico di quel suo essere sacerdote per sempre: «Servire il Signore è stata la gioia più grande della mia vita. E il mio desiderio più profondo è che tutti coloro che mi sono stati affidati possano raggiungere la gloria di Dio». Questa, ha quindi sottolineato il vescovo «è una testimonianza preziosa anche per noi, che viviamo in un mondo in cui si fa piuttosto quello che ci piace, molto meno quello che serve! Ma il servizio non è un’umiliazione. Anzi, esso nasce dalla saggezza di chi sa capire il bisogno degli altri, le loro domande e attese, a cominciare dai piccoli e dai poveri, e cerca di prendersene cura, di aiutare. Tu – ha aggiunto Spreafico sempre rivolto a don Pierino – ti sei fatto conquistare dall’amore di Gesù, come dovrebbe essere per tutti noi, soprattutto noi sacerdoti. Hai riconosciuto in Lui il Cristo, il Salvatore e il Maestro, colui che si è abbassato e umiliato fino a divenire uno di noi, e alla morte di croce. Sì, chi si pone al servizio è anzitutto umile». Il vescovo di Anagni-Alatri ha quindi posto l’accento proprio sull’umiltà «virtù così poco praticata nel mondo, pieno di prepotenti e di violenti che vogliono sottomettere gli altri con arroganza, senza vergogna, senza considerazione dell’umanità degli altri. Anche le nostre città, e non solo i Paesi in guerra, sono spesso teatro di prepotenze e violenze. Mai schierarsi dalla parte degli arroganti che vogliono sempre aver ragione, ma non perché siamo migliori, ma solo perché siamo discepoli  di chi ha dato la vita per noi». Monsignor Spreafico ha quindi ringraziato don Pierino Giacomi per i lunghi anni a servizio di varie realtà della diocesi, in particolare per l’impegno con i giovani: «Quanto bisogno c’è di ascoltare i giovani, di aiutarli, esserne amici, liberarli dalla schiavitù del cellulare. La vita è incontro, relazione, parola, non è chat». Il ringraziamento finale al festeggiato è stato esteso ai familiari, alle suore che lo accolgono, ai sacerdoti amici: «Con te vogliamo continuare a vivere il nostro ministero e dire a tutti la gioia di essere al servizio di Gesù. Il mondo ha bisogno di noi, ma noi dobbiamo capire come dire al mondo che in Gesù troveremo la risposta». Al termine della celebrazione, don Pierino ha quindi preso la parola, esprimendo «la mia profonda gratitudine per tutte le grazie e i beni ricevuti in questi anni. Prima di tutto ringrazio Dio per il dono della vita e del sacerdozio e per avermi sostenuto con la sua grazia in ogni momento». Tra i vari ringraziamenti, don Giacomi ne ha riservato uno anche per i vescovi succedutisi nella diocesi di Anagni prima e in quella di Anagni-Alatri dopo: Enrico Romolo Compagnone, Vittorio Ottaviani, Umberto Florenzani (che lo ha ordinato nel 1974), Luigi Belloli, Francesco Lambiasi, Lorenzo Loppa e l’attuale Ambrogio Spreafico. E poi ancora: per tutto il presbiterio «con cui ho condiviso tante esperienze e momenti di fraternità», religiosi e religiose e i tanti laici che lo hanno aiutato nel periodo della malattia. E poi, tutti a far festa anche con un momento conviviale; una festa, come ha ricordato il parroco don Antonio Castagnacci, per organizzare la quale sono bastati pochi giorni, perché tutti si sono mobilitati alla grande nel segno dell’affetto verso don Pierino. di Igor Traboni

«La famiglia luogo di relazione e generazione»: il vescovo Ambrogio alla Giornata della Cultura Ebraica

La «piccola anima ebraica» – come l’ha definita l’organizzatore Pino Pelloni – dell’allora Anticoli di Campagna, oggi Fiuggi, poi venuta alla luce grazie soprattutto alla copiosa documentazione raccolta in tre scatoloni dal compianto don Celestino Ludovici, ha fatto da sfondo alla XXV Giornata Europea della Cultura Ebraica che la città termale, nella “sala bomboniera” del suo teatro comunale, ha accolto domenica 15 settembre, con il vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino, Ambrogio Spreafico, ospite della tavola rotonda, su invito della Fondazione Giuseppe Levi Pelloni. Sul tema “La famiglia” si sono succeduti gli interventi di Felice Vinci, che ha parlato su “La famiglia nel mondo classico e nel mito”, della storica dell’arte Yvonne Dohna Schlobitten, docente alla Pontificia Università Gregoriana, che ha inviato un contributo corredato da varie immagini su “ La famiglia nell’iconografia ebraico-cristiana”, e dello stesso Pino Pelloni su “La famiglia ebraica tra storia e tradizione”. Come premessa al suo intervento, il vescovo Spreafico ha ricordato l’antica e consolidata amicizia con tanti Rabbini, oltremodo cementata dalle iniziative della Comunità di Sant’Egidio e dalla partecipazione al ciclo degli “Incontri Ebraico-Cristiani” di cui ora si sta varando la terza edizione. «Anche questa mia storia personale di amicizie, al di là delle differenze – ha quindi argomentato Spreafico – sta a dimostrare che in questo mondo o costruiamo delle relazioni oppure non andiamo da nessuna parte». Sullo specifico del tema della famiglia, il vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino ha ricordato come «Dio creò il maschio e la femmina e solo l’uomo e la donna sono a immagine di Dio, sullo stesso livello, senza sottomissioni di alcun genere, anche se pure noi cristiani talvolta ce ne dimentichiamo». Spreafico ha quindi fatto riferimento alla Amoris Laetitia, l’esortazione apostolica di papa Francesco che tratta per l’appunto dell’amore nella famiglia, un testo fondamentale per riproporre l’istituto familiare all’attenzione della stessa Chiesa cattolica, insieme all’apertura del “Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II” presso la Lateranense, «per offrire una riflessione più articolata sul tema della famiglia, che tenga conto anche della modernità. Il dettato di papa Francesco è molto chiaro: ripensare la famiglia come luogo di relazione e generazione, in continuità con la storia. Ma nel mondo di oggi, siamo capaci di questa relazione? Siamo capaci di spegnere il cellulare a tavola per ascoltare l’altro membro della famiglia? E’ necessario ritrovare una paternità e una maternità che portino poi a far sì che ci sia anche un processo educativo. Oggi dobbiamo di nuovo provare a capire cosa vuol dire che la famiglia è il luogo dell’amore che nasce da una relazione, mentre ci siamo abituati ad accettare che non sia così. Occorre un ripensamento dell’istituto della famiglia, che sia da esempio in questa società “spappolata”, in cui ci sono poche relazioni e dove andiamo sempre di fretta e non ci fermiamo mai ad ascoltare l’altro. Ma come si fa a vivere in un mondo così? In un mondo dove ognuno tira l’acqua dalla sua parte?». Spreafico ha quindi invitato a «riscoprire il senso dell’essere famiglia, che costruisce relazioni e permette la convivenza tra diversi. Continuiamo invece a costruire identità contro gli altri, senza capire che l’altro ci è necessario. Se l’istituto della famiglia viene meno, è davvero un grande problema, e spesso lo noto in alcuni giovani che sembrano un po’ “imbambolati” e questo perché probabilmente manca qualcosa nelle relazioni di famiglia. Ecco perché papa Francesco ci ricorda che la forza della famiglia è anche un modello per l’umanità. Questa è una riflessione che va fatta per aiutare la famiglia a rendersi consapevole del valore di cui è portatrice nel mondo e a vivere nella storia. Perché se non vivi nella storia, poi sarà la storia che ti cambia», si è avviato a chiudere il suo intervento monsignor Spreafico. di Igor Traboni (nella foto, monsignor Spreafico tra i relatori e gli organizzatori della tavola rotonda, con il dono ricevuto da questi ultimi)