L’intervento del vescovo Spreafico alla cerimonia per la memoria della deportazione degli Ebrei di Roma

La Comunità di Sant’Egidio e la Comunità Ebraica di Roma hanno promosso anche quest’anno una memoria della deportazione degli ebrei di Roma, compiuta dai nazisti il 16 ottobre 1943. Furono in 1.024 ad essere strappati dalle loro case e deportati ad Auschwitz: ne tornarono solo 16. La ferita inferta al tessuto della città è stata profonda e ci richiama all’importanza di un impegno contro ogni forma di antisemitismo e di razzismo. La commemorazione pubblica si è tenuta alla vigilia dell’anniversario del tragico evento, il 15 ottobre alle ore 19.45, proprio nel luogo in cui avvenne, al Portico d’Ottavia, nel cuore del quartiere ebraico di Roma, che oggi ha preso il nome di Largo 16 ottobre 1943. (il link per rivedere il video completo)https://www.santegidio.org/pageID/30284/langID/it/itemID/58953/La-memoria-della-deportazione-degli-ebrei-romani.html Alla commemorazione sono intervenuti: il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, il Presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, il Rabbino Capo Riccardo Di Segni, il presidente della Comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi e il vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino mons. Ambrogio Spreafico. Di seguito pubblichiamo il testo integrale dell’intervento del vescovo Ambrogio:Clicca qui per scaricare il pdf Il recente incontro internazionale delle religioni per la pace che Sant’Egidio ha promosso a Parigi aveva come titolo, Immaginare la pace. E’ una speranza coltivata dai profeti pur in mezzo a ingiustizie e guerre e che ci conduce questa sera a continuare a crederlo con voi, sapendo che è un sogno che le Sacre Scritture ebraiche ci propongono tante volte.Qui ogni anno noi ricordiamo quanto l’odio per l’altro possa condurre a una violenza e a una crudeltà così cruda, che non riesce più a vedere nell’altro, e allora era l’ebreo, considerato dall’ideologia nazista e fascista indegno di essere parte della cosiddetta umanità dei puri, una donna e un uomo, semplicemente un essere umano come te, uno creato a immagine e somiglianza di Dio, come recita così bene l’inizio di Bereshit. L’odio cresce e la barbarie della violenza lo fa crescere.Allora nessuno ebbe pietà, perché l’odio toglie ogni residuo di pietà e rende l’Altro solo un nemico da sconfiggere ed eliminare. Erano uomini, donne, bambini, vecchi, malati. Che importa. Nessuno di loro aveva diritto di continuare a vivere. La loro memoria oggi deve rimanere un monito in un mondo in cui rigurgiti di antisemitismo e di razzismo diventano sempre più frequenti e rendono a volte persino pericoloso mostrarsi con la propria identità religiosa o etnica che sia.È stato recentemente tradotto in italiano un documento dei vescovi francesi, “Decostruire l’antigiudaismo cristiano”. È un segno ulteriore che mostra come la Chiesa Cattolica, dal Concilio Vaticano II, si è impegnata perché l’antigiudaismo, che tanto ha segnato la cultura cristiana, sia eliminato. La “decostruzione”, che compie questo documento, evidenzia un passato con convincimenti non più condivisibili, ma anche un rinnovato impegno della Chiesa cattolica per riscoprire le radici ebraiche della sua fede e per stabilire un dialogo fraterno con il popolo ebraico.Esso dovrebbe preservarci dall’accondiscendere al clima di odio e di violenza che respiriamo, in cuil’antisemitismo e l’antigiudaismo sono così cresciuti soprattutto dopo la strage compiuta da Hamasnel sud di Israele e la conseguente risposta di Israele. Dovrebbe altresì aiutarci a rinnovare quell’alleanza di amore e di pace, che sola porta alla vita e che, nella nostra diversità, e insieme nella comune appartenenza alla famiglia umana, tutti siamo chiamati a custodire e a testimoniare “spalla a spalla”, come dice il profeta (Sofonia 3,9). Scrive un sapiente ebraico: “Per guarire dalla violenza potenziale verso l’Altro devo essere capace di immaginarmi come l’Altro”. Questo è anche immaginare la pace spalla a spalla.Cari amici della Comunità ebraica di Roma, a cui ci lega una salda e antica amicizia, sento l’urgenza di un impegno comune in questa direzione. Vorrei attingere alle vostre Scritture per dire che oggi abbiamo bisogno di condividere quel Tiqqun ‘olam, “quella riparazione del mondo”, così necessaria e urgente. Bisogna fare qualcosa al mondo che non solo ripari i suoi danni ma anche che lo migliori, preparando il suo accesso allo stato ultimo per il quale esso fu creato, quell’armonia delle differenze che solo può rendere possibile una convivenza pacifica e umana e un futuro all’umanità. C’è molto dolore e molta distruzione da riparare, molto odio da raddrizzare, un linguaggio parlato e scritto da eliminare, molta violenza da combattere con le armi insostituibili della mitezza e di un dialogo pacificatore. Di questo spirito ne ha bisogno questa città, ne ha bisogno il mondo, ne hanno bisogno le relazioni sociali, per riparare quei danni dell’io che con arroganza non sa ascoltare e dialogare.Sono stato nel mese di luglio a Betlemme, Gerusalemme e Tel Aviv con una delegazione europeadella Comunità di Sant’Egidio. Ho incontrato alcune famiglie dei rapiti del 7 ottobre. Abbiamocondiviso il dolore di tutte le parti. Il dolore ci accomuna e ci chiede un impegno perché si torni adialogare, perché Israele possa vivere in sicurezza e pace e ci sia pace per tutti. + Ambrogio Spreafico

Il vescovo ai giovani: «Dialogo e amore, perché siamo una forza di amicizia e pace!»

Solo… posti in piedi per chi è arrivato un po’ più tardi,  con la graziosa chiesa di Tecchiena Castello fin troppo piccola per accogliere i quasi 300 giovani arrivati da ogni parte delle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino per l’incontro con il vescovo Ambrogio Spreafico nella serata di venerdì 11 ottobre: un appuntamento fortemente voluto proprio da monsignor Spreafico a mo’ di ideale cerniera tra i due incontri dell’assemblea interdiocesana, quello di sabato 5 ottobre tenutosi a Fiuggi e quello di domenica 13 previsto a Casamari. Un incontro, questo dei giovani, vissuto in un clima di amicizia (probabilmente una delle note più belle, perché abbiamo visto nascere nuovi legami con lo scambio di numeri di cellulare e mail, ma anche ragazzi tornare ad abbracciarsi dopo chissà quanto tempo, magari per aver fatto le medie insieme e poi essersi persi un po’ di vista), di gioia e allegria, ma anche e soprattutto di tanta partecipazione nei successivi gruppi di “approfondimento”, e di attenzione alle parole del vescovo. Monsignor Spreafico, dopo la lettura del brano evangelico dell’Annunciazione e la proiezione di un video realizzato dalla pastorale giovanile di Anagni-Alatri, ha parlato, come suo solito, a cuore aperto ai ragazzi presenti, invitandoli subito all’ascolto, proprio come ha saputo fare Maria, umile ragazza di un piccolo villaggio: «Anche voi giovani avete saputo ascoltare e stasera siete qui, in tanti. E invece, nei nostri mondi, quante volte uno parla e l’altro non ascolta. Succede in famiglia, tra gli amici; magari a scuola no, perché lì… dovete ascoltare per forza! – ha un po’ scherzato il vescovo, strappando un bel sorriso ai giovani, prima di tornare a parlare della serietà dell’argomento – Ma se non lo ascolto, come faccio a capire l’altro? Come faccio a capire se dietro quella faccia scura c’è un problema? No, cari ragazzi, non basta una chat, tutti quei puntini, abbreviazioni ecc che poi non si capisce niente. Se tu invece ascolti l’altro, allora lo capisci. Ma quante volte, mentre vi ritrovate a casa per il pranzo o la cena, e parlate tra di voi, invece di chattare? Guardate che i social sono utili, io non li condanno mica e con moderazione li uso anche io, perché è bello mettersi in contatto con chi magari sta dall’altra parte del mondo. Ma non si può sempre star lì a chattare. Se un tuo amico festeggia il compleanno, non mandargli un messaggio di fretta, ma chiamalo! Fai sentire che ci sei, che sei vivo! Quando ascolti, allora dialoghi. E la vita è dialogo! Pensateci un po’: perfino le guerre non finiscono senza un dialogo, senza che ci si metta attorno ad un tavolo per dialogare. Il dialogo fa la vita! E dialogo e amore vanno insieme. Se vuoi bene ad una persona, ma non la ascolti, come fai a capirla? Ed è proprio la prima cosa che fa Maria: ascolta». Il dialogo, ha aggiunto il vescovo, permette anche di liberarsi di una certa vergogna nel dire cose personali e quindi di farsi aiutare. Ed è il vero antidoto contro le guerre, anche le piccole guerre attorno a noi: «Quando covi qualcosa contro un altro, da amico diventa nemico. Succede anche con i followers. Ma le guerre nascono proprio perché tu cominci  a guardare l’altro prima come un estraneo e poi diventa un nemico. Ecco perché nel mondo ci sono 100 conflitti e ben 187 se contiamo pure le guerriglie». Ma noi, è stato l’ulteriore invito rivolto da Spreafico ai giovani, «possiamo fare tanto, se ci prendiamo la responsabilità di costruire qualcosa, perché la pace dipende da tutti; noi dobbiamo essere uomini e donne di pace. Gesù ci affida un tesoro e noi dobbiamo custodirlo, essere protagonisti del cambiamento delle nostre belle città. Invece oggi c’è troppo individualismo, Ma se tu in classe vedi un compagno che si isola, che magari ha un problema, tu te ne devi occupare, diventare un vero amico. Diciamo “no” all’egoismo, perché gli egoisti sono loro le prime vittime, sono dei “poracci”: pensi solo a te stesso e così ti rovini. Noi, cari ragazzi, siamo chiamati ad aprire gli occhi, a guardare lontano, a coltivare cuore e pensieri, perché si vive di ascolto. Voi siete una forza di amicizia e pace e Gesù conta su voi, su ognuno di voi!», ha concluso il vescovo Ambrogio, salutato da un fragoroso applauso dei giovani presenti. Poi, come detto, i partecipanti si sono divisi in gruppi secondo fasce di età, stimolati dai sacerdoti e  dai vari educatori presenti a riflettere sulle parole del vescovo e su altri stimoli offerti. E anche qui, facendo capolino tra un gruppo e l’altro, abbiamo notato dei giovani estremamente attenti e preparati, capaci di offrire ai coetanei spunti di riflessione mai banali. Insomma, davvero una gran bella serata, preparata al meglio dalle pastorali giovanili e vocazionali delle due diocesi, coordinate da don Luca Fanfarillo, don Pierluigi Nardi, don Tonino Antonetti, don Francesco Paglia, Andrea Crescenzi e con un “grazie” per l’accoglienza a Giorgia e Ilenia, educatrici di Tecchiena Castello. Tra i tanti giovani presenti, anche quelli di vari movimenti, gruppi e associazioni, dagli Scout ad Azione Cattolica e Nuovi Orizzonti, dai giessini di Comunione e Liberazione ai volontari delle Olimpiadi Victoria di Madonna della Neve e del Sicomoro di Fiuggi, ma di certo ne dimentichiamo qualcuno e ce ne scusiamo. Bella e significativa anche la presenza dei seminaristi delle due diocesi, accompagnati dall’assistente spirituale don Angelo Conti. A concludere il tutto, la benedizione finale, saluti e abbracci. Anzi, no: per molti anche un dopo-incontro con cornetti alla crema o panini con la porchetta, nella serata un po’ fresca ma con il cuore “scaldato” dalla gioia di un incontro. Igor Traboni

Assemblea Ecclesiale 2024, intervento del vescovo Ambrogio: “Vivere da cristiani in un cambiamento d’epoca”

Segue il testo completo del Vescovo Mons. Ambrosio Spreafico dal titolo “Vivere da Cristiani in un cambiamento d’epoca“Clicca qui per scaricare il pdf Non vorrei aggiungere molte cose a quanto già ascoltato dal prof. Pasquale Bua. Vorrei solooffrivi alcuni spunti che arricchiscono quanto da lui detto. Il cambiamento d’epoca in cui siamoesige che anche noi cambiamo. Spesso viviamo come se fossimo in un antico palazzo che ha le suecrepe e rischia di crollare, senza che nessuno cerchi di pensare a metterci mano. Si continua facendole stesse cose, come se niente fosse. Così ripetiamo concetti, verità, schemi, devozioni, pratichereligiose, facendo fatica a capire che quello che abbiamo detto fino a ieri oggi forse solo pochi locapiscono, e soprattutto pochi lo credono utile per la loro vita; quindi, ciò che diciamo e facciamorischia di essere inefficace, di non provocare la necessaria crescita umana e spirituale, di non dareinizio a un cambiamento, perché di questo ha bisogno il mondo. Mi chiedo ad esempio:nell’itinerario di iniziazione cristiana quanto entri nell’umanità di coloro che noi incontriamo ognisettimana per quattro anni tanto da incidere sulle loro parole, pensieri, abitudini, scelte? O cilimitiamo a credere che basta insegnare la dottrina per preparare una persona a incontrarsi con ilSignore Gesù ed essere rivestito della sua umanità? Certo, abbiamo bisogno di formazione, dipreparazione. Questo è indubbio. Ma poi bisogna essere capaci di far diventare la nostrapreparazione capace di suscitare negli altri, pensieri, sentimenti, parole, atteggiamenti, che sianoinformati dall’incontro con il Signore Gesù attraverso di noi. Questa è la domanda: quanto la Paroladi Dio è diventata l’alfabeto della nostra umanità che parla attraverso di noi?La Parola di Dio, che leggiamo e ascoltiamo, dovrebbe infatti diventare parte della nostraumanità, aiutarci a rileggere la storia, gli avvenimenti, a immaginare il futuro per generare speranza,visioni, sogni, capaci di guidare le donne e gli uomini verso un futuro dove si possa vivere insiemein modo fraterno e pacifico. Non possiamo accettare il dominio della violenza né l’assuefazione allaguerra considerata ormai un fatto normale. Siamo chiamati a costruire con pazienza e saggezza unmondo fraterno, di cui le nostre comunità dovrebbero essere un modello, da condividere senzaescludere nessuno, senza giudicare, senza sentirci migliori, difendendo noi stessi con paura. Ilmondo non è pieno di nemici, ma semplicemente abitato da donne e uomini bisognosi di ascolto edi amore. Il Giubileo della speranza, che condivideremo con tutta la Chiesa a partire dal Natale diquesto anno, dovrebbe essere la porta di speranza che ci fa sussultare, che ci risveglia a un di più divita, di gioia, di amore, da diffondere attorno a noi per la crescita di un’umanità ferita dalla violenzae dalla guerra, ma anche da tanto bisogno di pace e di salvezza. Il Signore Gesù, Parola eterna delPadre, ce ne renda testimoni. Ascoltare, vedere, ripetere, imitare, servire, comunicare Vorrei suggerire alcuni atteggiamenti che ci possono aiutare nel nostro essere discepoli di Gesùnella realtà in cui siamo, comunicando la gioia e la speranza della vita cristiana. Li riassumo inalcuni verbi: dovremmo riscoprire l’immediatezza e l’entusiasmo di quei primi testimoni della fede? C’èanche un altro momento della vita cristiana in cui la ripetizione è essenziale. “Fate questo inmemoria di me”; nella Santa Messa noi ripetiamo le parole ed i gesti dell’ultima cena, maanche, nell’arco del calendario liturgico, sentiamo il bisogno di proclamare e di ascoltare lestesse pagine della Bibbia. Certo, la liturgia non è una ripetizione stanca e scontata diformule, da subire distratti o frettolosi. Essa esprime il cuore stesso della nostra fede: “Ognivolta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice, annunciamo la tua morte oSignore, proclamiamo la tua Resurrezione, nell’attesa della tua venuta”. Ripetere, in questocaso, non è solo celebrare un evento lontano nella storia, ma rendere attuale e viva lapresenza di Dio, che cammina con noi. Per questo occorre celebrarla con cura e con gioia,trovare bravi lettori, ministranti, scegliere canti a cui l’assemblea possa unirsi. La vita cristiana è vita che deve essere portatrice di umanità compassionevole, gentile, capace diascoltare, di accogliere, di prendersi cura di tutti senza escludere nessuno. Dialogo e amore vanno dipari passo. Solo così si potrà costruire un mondo fraterno a pacifico. Benevolenza non significatuttavia restare in silenzio davanti al male, anzi significa vivere l’autorevolezza di Gesù che seppediscutere e contrastare il male facendo il bene e indicandone la via. In una società di tante solitudinie inimicizie, la Chiesa e le nostre comunità sono custodi, pur con i nostri limiti e il nostro peccato,di un tesoro di comunione e di unità di cui dobbiamo essere consapevoli. L’unità e la comunione delnostro popolo, che si manifesta in modo visibile attorno alla mensa della Parola e del pane di vitaeterna nella celebrazione della Liturgia Eucaristica della domenica, sia il segno di ciò che siamo edobbiamo essere nella vita di ogni giorno. Da lì traiamo forza e speranza, vigore e amore. Da lìpossiamo mostrare al mondo, con umiltà e spirito di servizio, che si può vivere da sorelle e fratellinella diversità di ognuno. Iddio onnipotente e misericordioso ci renda sempre tali e ci mantenganell’unità di amore attorno al suo Figlio unigenito, nostro Signore e Maestro. Fiuggi 5 ottobre 2024Ambrogio Spreafico

L’Azione Cattolica “prende il largo”: la cronaca dell’assemblea diocesana

Nei due pomeriggi di sabato 28 e domenica 29 settembre, presso il Centro pastorale di Fiuggi, si è svolta l’annuale assemblea dei soci ( che come sempre è aperta alla partecipazione di tutti) dell’Azione Cattolica dal titolo “Date voi stessi da mangiare” (Mt 14,16). Il consueto appuntamento dà inizio all’impegno dell’anno associativo in concomitanza anche con l’inizio dell’anno pastorale. Le associazioni della diocesi, insieme alla Presidenza, presieduta da Concetta Coppotelli e a i membri del Consiglio si sono ritrovati per due giorni di formazione e programmazione sulle tematiche proposte  dagli orientamenti nazionali per il nuovo triennio 2024-2027. Ad avviare la due giorni dopo i saluti di apertura della presidente, abbiamo avuto il piacere di ascoltare la Lectio divina del vescovo Ambrogio Spreafico sull’invito evangelico di Gesù “Prendi il largo” (Lc 5, 1-11), icona biblica che l’Associazione pone a riferimento per il primo anno del suo cammino. Il Vescovo ha invitato i presenti ad attualizzare la Parola di Dio perché essa parla al nostro tempo, un tempo di grandi cambiamenti. La meditazione della Parola di Dio deve portare a rivelazioni importanti su come vivere oggi la nostra fede e come essere testimoni con chi incontriamo. L’invito a “prendere il largo” di Gesù, ha proseguito mons. Spreafico, significa portarsi al di fuori del territorio che conosciamo fidandoci di Lui e ha ricordato all’Azione Cattolica il proprio Dna , ovvero, quello di andare oltre le proprie mura perché ogni realtà associativa della chiesa è fatta per il mondo e non per se stessa. Gesù sale con noi sulla barca, ma ci sono anche altre barche intorno che non sono concorrenti, ma collaboratrici e senza le quali non si riuscirebbe a sollevare la rete ricolma di pesci che sono immagine di tutti i popoli del mondo. Per arrivare a tutti bisogna allora cercare non solo di diffondere il proprio spirito, ma anche essere capaci di vivere la propria missione con lo spirito degli altri, di fondere i diversi carismi per rispondere alle molteplici domande del mondo: attirare a Dio gli uomini e le donne che incontriamo rendendo le loro vite più umane. Occorre provarci e fidarsi come fa Pietro “…sulla tua parola getterò le reti” e ancora di più sull’esempio di Maria “…avvenga per me secondo la tua parola”, allora ciascuno di noi potrà sperimentare il compimento di un miracolo facendo divenire generativa la propria vita personale e associativa spesso in modo impensabile e inatteso (ndr). L’Assemblea ha poi ospitato un momento di formazione e sensibilizzazioni sul tema della tutela dei minori e delle persone vulnerabili, con l’intervento della dott.ssa Anna Rita Pica, psicologa presso il consultorio familiare di Ferentino e referente per la diocesi di Anagni-Alatri del Servizio interdiocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili avviato all’indomani della divulgazione della Lettera Apostolica “VOS ESTIS LUX MUNDI” di Papa Francesco del 2019 e delle Linee Guida CEI. E’ stato presentato il lavoro di formazione e ascolto svolto dal Servizio interdiocesano unitamente alle Linee guida pubblicate nel gennaio 2023 disponibili on line sul sito del Servizio interdiocesano Tutela Minori della Diocesi del Lazio Sud. La dott.ssa Pica ha spiegato il significato del crimine dell’abuso, le sue caratteristiche, le connotazioni dell’abusato e dell’abusante e come sullo sfondo ci sia come costante un uso manipolatorio della relazione educativa asimmetrica tra “grandi” e “piccoli”. E’ emerso in conclusione anche un identikit dell’educatore che dovrebbe essere una persona sicuramente maggiorenne, capace di esercitare una responsabilità in senso stretto, un testimone nei suoi atteggiamenti, in grado di rispettare i confini del suo ruolo e capace di confronto. E’ stato messo in luce il ruolo fondamentale della famiglia come luogo privilegiato dove si vive l’accettazione incondizionata e completa dell’altro, capace di generare fiducia in se stessi e dare capacità di buttarsi nella vita e nel mondo ai più piccoli. Il pomeriggio di domenica ha visto la presentazione degli Orientamenti per il triennio 2024-2027 a cura della Dott.ssa Claudia D’Antoni, ex consigliera nazionale per l’Azione Cattolica dei Ragazzi. Il discorso è partito dalla XVIII Assemblea Nazionale culminato con l’incontro  “A braccia aperte” con Papa Francesco ed ha toccato i temi dello stile che deve contraddistinguere l’Associazione e i suoi associati a tutti i diversi livelli di responsabilità e appartenenza. Nella sua relazione non è mancato il riferimento alla necessità di rinnovare giorno dopo giorno la nostra risposta generosa alla chiamata universale alla santità e a meditare l’attualità della figura del Beato Pier Giorgio Frassati che presto diventerà Santo e che in questo triennio verrà ricordato in maniera particolare come esempio del “guardare in alto e guadare verso l’altro” (P.G. Frassati), di “cristiano che crede, opera come crede, parla come sente, fa come parla” (F. Turati) come laico nella chiesa e nel mondo. All’intervento della D’Antoni, sono seguiti i gruppi di lavoro per la programmazione dei diversi settori. Nel calendario annuale, oltre alle collaborazioni con gli uffici di pastorale diocesana , sono state definite le iniziative ricorrenti (Veglia dell’Adesione, Marcia della Pace, Esercizi Spirituali, Festa dell’incontro AC e Campi estivi) e sono stati introdotti appuntamenti legati al Giubileo con particolare attenzione ai Giovani e alle Famiglie ed anche  quelle con la Pastorale Giovanile diocesana e le Suore del Preziosissimo Sangue. Entrambe le giornate di lavoro si sono concluse con la celebrazione dei Vespri solenni accompagnati dal canto e condotti dall’assistente diocesano don Rosario Vitagliano. Alla sera del sabato la grande famiglia dell’AC si è ritrovata a condividere un momento di amicizia e convivialità. La Presidenza Diocesana

Il vescovo al 50° di don Pierino: «Esempio di umiltà per tutti noi»

Visibilmente commosso, con una lacrima neppure tanto furtiva venuta giù al momento di ringraziare i tanti presenti, con la voce rotta dall’emozione: così don Pierino Giacomi ha vissuto, domenica 15 settembre a Fiuggi, nella chiesa di San Pietro, la celebrazione dei 50 anni di sacerdozio, presieduta dal vescovo Ambrogio Spreafico. Attorniato da tanti amici sacerdoti sull’altare, dai familiari in prima fila sui banchi e da tanti fedeli e amici di questi anni di ministero pressoché interamente trascorsi a Fiuggi, con una cerimonia allietata da un bel coro e con il saluto dell’amministrazione di Fiuggi e della confraternita, don Pierino è stato piacevolmente travolto da tanto affetto. Il vescovo Spreafico nell’omelia ha voluto sottolineare alcuni tratti salienti del ministero di don Giacomi, riprendendo anche le parole pronunciate dal festeggiato nell’intervista rilasciata a Lazio Sette e che trovate anche su questo sito internet della diocesi, ad iniziare dall’inciso programmatico di quel suo essere sacerdote per sempre: «Servire il Signore è stata la gioia più grande della mia vita. E il mio desiderio più profondo è che tutti coloro che mi sono stati affidati possano raggiungere la gloria di Dio». Questa, ha quindi sottolineato il vescovo «è una testimonianza preziosa anche per noi, che viviamo in un mondo in cui si fa piuttosto quello che ci piace, molto meno quello che serve! Ma il servizio non è un’umiliazione. Anzi, esso nasce dalla saggezza di chi sa capire il bisogno degli altri, le loro domande e attese, a cominciare dai piccoli e dai poveri, e cerca di prendersene cura, di aiutare. Tu – ha aggiunto Spreafico sempre rivolto a don Pierino – ti sei fatto conquistare dall’amore di Gesù, come dovrebbe essere per tutti noi, soprattutto noi sacerdoti. Hai riconosciuto in Lui il Cristo, il Salvatore e il Maestro, colui che si è abbassato e umiliato fino a divenire uno di noi, e alla morte di croce. Sì, chi si pone al servizio è anzitutto umile». Il vescovo di Anagni-Alatri ha quindi posto l’accento proprio sull’umiltà «virtù così poco praticata nel mondo, pieno di prepotenti e di violenti che vogliono sottomettere gli altri con arroganza, senza vergogna, senza considerazione dell’umanità degli altri. Anche le nostre città, e non solo i Paesi in guerra, sono spesso teatro di prepotenze e violenze. Mai schierarsi dalla parte degli arroganti che vogliono sempre aver ragione, ma non perché siamo migliori, ma solo perché siamo discepoli  di chi ha dato la vita per noi». Monsignor Spreafico ha quindi ringraziato don Pierino Giacomi per i lunghi anni a servizio di varie realtà della diocesi, in particolare per l’impegno con i giovani: «Quanto bisogno c’è di ascoltare i giovani, di aiutarli, esserne amici, liberarli dalla schiavitù del cellulare. La vita è incontro, relazione, parola, non è chat». Il ringraziamento finale al festeggiato è stato esteso ai familiari, alle suore che lo accolgono, ai sacerdoti amici: «Con te vogliamo continuare a vivere il nostro ministero e dire a tutti la gioia di essere al servizio di Gesù. Il mondo ha bisogno di noi, ma noi dobbiamo capire come dire al mondo che in Gesù troveremo la risposta». Al termine della celebrazione, don Pierino ha quindi preso la parola, esprimendo «la mia profonda gratitudine per tutte le grazie e i beni ricevuti in questi anni. Prima di tutto ringrazio Dio per il dono della vita e del sacerdozio e per avermi sostenuto con la sua grazia in ogni momento». Tra i vari ringraziamenti, don Giacomi ne ha riservato uno anche per i vescovi succedutisi nella diocesi di Anagni prima e in quella di Anagni-Alatri dopo: Enrico Romolo Compagnone, Vittorio Ottaviani, Umberto Florenzani (che lo ha ordinato nel 1974), Luigi Belloli, Francesco Lambiasi, Lorenzo Loppa e l’attuale Ambrogio Spreafico. E poi ancora: per tutto il presbiterio «con cui ho condiviso tante esperienze e momenti di fraternità», religiosi e religiose e i tanti laici che lo hanno aiutato nel periodo della malattia. E poi, tutti a far festa anche con un momento conviviale; una festa, come ha ricordato il parroco don Antonio Castagnacci, per organizzare la quale sono bastati pochi giorni, perché tutti si sono mobilitati alla grande nel segno dell’affetto verso don Pierino. di Igor Traboni

«La famiglia luogo di relazione e generazione»: il vescovo Ambrogio alla Giornata della Cultura Ebraica

La «piccola anima ebraica» – come l’ha definita l’organizzatore Pino Pelloni – dell’allora Anticoli di Campagna, oggi Fiuggi, poi venuta alla luce grazie soprattutto alla copiosa documentazione raccolta in tre scatoloni dal compianto don Celestino Ludovici, ha fatto da sfondo alla XXV Giornata Europea della Cultura Ebraica che la città termale, nella “sala bomboniera” del suo teatro comunale, ha accolto domenica 15 settembre, con il vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino, Ambrogio Spreafico, ospite della tavola rotonda, su invito della Fondazione Giuseppe Levi Pelloni. Sul tema “La famiglia” si sono succeduti gli interventi di Felice Vinci, che ha parlato su “La famiglia nel mondo classico e nel mito”, della storica dell’arte Yvonne Dohna Schlobitten, docente alla Pontificia Università Gregoriana, che ha inviato un contributo corredato da varie immagini su “ La famiglia nell’iconografia ebraico-cristiana”, e dello stesso Pino Pelloni su “La famiglia ebraica tra storia e tradizione”. Come premessa al suo intervento, il vescovo Spreafico ha ricordato l’antica e consolidata amicizia con tanti Rabbini, oltremodo cementata dalle iniziative della Comunità di Sant’Egidio e dalla partecipazione al ciclo degli “Incontri Ebraico-Cristiani” di cui ora si sta varando la terza edizione. «Anche questa mia storia personale di amicizie, al di là delle differenze – ha quindi argomentato Spreafico – sta a dimostrare che in questo mondo o costruiamo delle relazioni oppure non andiamo da nessuna parte». Sullo specifico del tema della famiglia, il vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino ha ricordato come «Dio creò il maschio e la femmina e solo l’uomo e la donna sono a immagine di Dio, sullo stesso livello, senza sottomissioni di alcun genere, anche se pure noi cristiani talvolta ce ne dimentichiamo». Spreafico ha quindi fatto riferimento alla Amoris Laetitia, l’esortazione apostolica di papa Francesco che tratta per l’appunto dell’amore nella famiglia, un testo fondamentale per riproporre l’istituto familiare all’attenzione della stessa Chiesa cattolica, insieme all’apertura del “Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II” presso la Lateranense, «per offrire una riflessione più articolata sul tema della famiglia, che tenga conto anche della modernità. Il dettato di papa Francesco è molto chiaro: ripensare la famiglia come luogo di relazione e generazione, in continuità con la storia. Ma nel mondo di oggi, siamo capaci di questa relazione? Siamo capaci di spegnere il cellulare a tavola per ascoltare l’altro membro della famiglia? E’ necessario ritrovare una paternità e una maternità che portino poi a far sì che ci sia anche un processo educativo. Oggi dobbiamo di nuovo provare a capire cosa vuol dire che la famiglia è il luogo dell’amore che nasce da una relazione, mentre ci siamo abituati ad accettare che non sia così. Occorre un ripensamento dell’istituto della famiglia, che sia da esempio in questa società “spappolata”, in cui ci sono poche relazioni e dove andiamo sempre di fretta e non ci fermiamo mai ad ascoltare l’altro. Ma come si fa a vivere in un mondo così? In un mondo dove ognuno tira l’acqua dalla sua parte?». Spreafico ha quindi invitato a «riscoprire il senso dell’essere famiglia, che costruisce relazioni e permette la convivenza tra diversi. Continuiamo invece a costruire identità contro gli altri, senza capire che l’altro ci è necessario. Se l’istituto della famiglia viene meno, è davvero un grande problema, e spesso lo noto in alcuni giovani che sembrano un po’ “imbambolati” e questo perché probabilmente manca qualcosa nelle relazioni di famiglia. Ecco perché papa Francesco ci ricorda che la forza della famiglia è anche un modello per l’umanità. Questa è una riflessione che va fatta per aiutare la famiglia a rendersi consapevole del valore di cui è portatrice nel mondo e a vivere nella storia. Perché se non vivi nella storia, poi sarà la storia che ti cambia», si è avviato a chiudere il suo intervento monsignor Spreafico. di Igor Traboni (nella foto, monsignor Spreafico tra i relatori e gli organizzatori della tavola rotonda, con il dono ricevuto da questi ultimi)

Anagni: l’omelia del vescovo Ambrogio per la festa di San Magno

San Magno (Anagni 2024)Sapienza 3,1-9; Giacomo 1,2-4.12; Matteo 10,28-33 Sorelle e fratelli, ogni anno ci ritroviamo per celebrare la festa del patrono di questa nostracittà, San Magno, vescovo e martire. Ci potremmo chiedere: perché trovarsi qui insiemeattorno all’altare per ascoltare la Parola di Dio e ricevere il pane di vita eterna, l’Eucaristia?Non basterebbe limitarci a quelle manifestazioni tradizionali a cui partecipano sempre in tantie che pur hanno il loro valore? Cari amici, dovremmo ricordare sempre che se si perdel’origine e il senso delle nostre feste, alla fine non resterà nulla di duraturo e di vero. Questovale anche nelle memorie che conserviamo della storia. Se celebri una donna o un uomo, manon conosci il valore di quanto hanno detto e fatto, a che serve? La memoria, se non aiuta acapire il mondo in cui siamo e a cambiarlo, come ha fatto nel suo tempo la persona che siricorda, rimane qualcosa di superficiale e anche inutile.Noi siamo in un mondo dallo sguardo corto, con scarsa visione del futuro, un mondo chepensa ad arraffare il più possibile quello che trova oggi. Così si pensa spesso al propriointeresse o a quello dei propri sodali, mentre poco si investe sul bene di tutti, e soprattuttopoco si ragiona con uno sguardo lungo. Così il mondo si popola di egoismi, di solitudini, diaffaristi, di violenza e di guerre. I santi, in modi diversi, hanno scelto di essere custodi e servidel bene. Ascoltatori non di sé stessi, ma del Vangelo, hanno lottato per il bene, hanno diffusoamore, hanno difeso i poveri, si sono opposti alle ingiustizie. Erano certi che Dio li avrebbesostenuti, accompagnati, e si sono affidati a lui. Come abbiamo ascoltato nel Vangelo,sapevano che per il Signore la loro vita era preziosa. Sì, sorelle e fratelli, anche noi siamopreziosi agli occhi di Dio. Lui conta su di noi, su ognuno di noi. Sa che, pur nella fatica e nellepaure della nostra vita, tutti desideriamo il bene, vorremmo vivere insieme in pace. Lasolidarietà che molti cercano di vivere anche in questa città e in questa terra, benedetta dauna lunga storia di fede e di una cultura radicata nella fede è un segno di questo desiderio. Labellezza della nostra cattedrale ne è un esempio fra tanti. Essa custodisce una lunga storia difede, che è diventata cultura anche in tempi difficili e che oggi ci deve guidare a cercaresempre il bene.San Magno, vescovo e martire, vorrebbe che tutti fossimo donne e uomini che si prendonocura degli altri, che sanno comunicare lo spirito del Vangelo con la parola, l’esempio, l’amoreper tutti, a partire da chi soffre ed è escluso. Tutti hanno bisogno di amore! Ma non aspettiamosempre di riceverlo, non pretendiamo che siano gli altri a darcelo. Vuoi essere felice? Impara a dare amore, attenzione, impara a prenderti cura di qualcuno, un anziano, una persona che habisogno di essere semplicemente ascoltata, considerata, un ragazzo o un giovane che nonparla con nessuno, perché sta solo sui social e si isola, e molti altri che stanno attorno a te. Noisiamo qui per questo. Nessuno è al centro, nessuno pretende; solo il Signore è il centro, e perquesto noi possiamo essere sorelle e fratelli, parte di un popolo, una comunità che si trova congli altri, senza prepotenza, con amicizia. Durante la Santa Messa ascoltiamo, preghiamo,cantiamo (sempre una preziosa corale la vostra!), ci scambiamo il segno della pace, cinutriamo del pane dell’Eucaristia, il cibo che nutre il nostro animo. Tutti e ciascuno nella suaparticolarità è amato da Dio. Questa dovrebbe essere la nostra vita ogni giorno, comel’Eucaristia che celebriamo. Certo, sarebbe necessario esserci almeno la Domenica, il giornodel Signore, così da vivere lo spirito che qui ricevi attorno al Signore con i fratelli e le sorelle,con questo popolo con cui condividi la tua vita. È questo amore generato dalla fede che creauna cultura umana e fraterna.Poi cammineremo insieme con lo stesso passo, per le vie di questa bella città, tempopermettendo. San Magno ci accompagna, e pensiamo che con il suo passaggio entri in ognicasa e possa essere di benedizione e aiuto per tutti per renderci custodi dell’amore e dellapace dono di Dio. Quanto bisogno abbiamo di pace in un mondo bellicoso, poco capace disognare e costruire la pace, rassegnato alla guerra come se fosse parte normale della storia,mentre è solo frutto di chi cede alla forza del male e a quell’odio che quando si insinua nelcuore ne diventa padrone. “Beato l’uomo che resite alla tentazione”, abbiamo ascoltato nellalettera di Giacomo. Ognuno ha tanti sentimenti, pulsioni, passioni dentro di sé. A volte si cedee si diventa aggressivi, prepotenti, violenti. Anche la nostra città e questa terra non è esenteda parole e gesti di violenza. Non possiamo condividerli e non possiamo sempre stare aguardare, come se non riguardassero anche noi. Come non possiamo far finta di nientedavanti allo scempio di questo territorio non solo del passato, ma di oggi. Penso ad esempio aquanti incendi stanno distruggendo un patrimonio che ci vorranno anni per ricostruirlo. Sivergognino coloro che lo provocano e ricordatevi che l’omertà e il silenzio sono complicità! Eche dire della piaga del caporalato, che percorre il nostro Paese da nord a sud e che risvegliala nostra coscienza solo quando muore qualcuno? Non possiamo accettare tutto questo!Sorelle e fratelli, San Magno risvegli in noi il desiderio del bene, la scelta per la pace e laconvivenza pacifica e fraterna. San Magno non era nato qui, ma qui portò lo spirito fraterno ebenefico della parola di Gesù. La sua memoria sia di aiuto e di sostegno per tutti noi, proteggai piccoli e i giovani dalle false illusioni, sorregga gli anziani e i malati nella fragilità, sia seme disaggezza per chiunque ha una responsabilità nella società e nella Chiesa, ci renda segno diquella famiglia umana di fratelli e sorelle, di cui il mondo ha bisogno. Custodiamo la suamemoria come una testimonianza preziosa per la nostra vita e come un segno dell’amore diDio per noi, per questa terra e per questa bella città. Amen!

Il Vescovo Ambrogio scrive alla diocesi e ricorda anche i prossimi appuntamenti pastorali

Carissimi, vorrei farmi vicino a ognuno di voi, sorelle e fratelli, all’inizio di questo mese di agosto, in cui, oltre al necessario riposo di cui ognuno deve usufruire, ci accompagneranno le feste che rendono partecipi tanti delle nostre comunità, compresi i nostri emigrati che tornano a condividere con i loro parenti e concittadini il legame con questa bella terra della loro origine. Anzitutto vorrei esprimere la mia vicinanza a tutti voi, esortandovi a non lasciarvi prendere dall’abitudine e da quel triste pessimismo che sembra convincerci che ci dobbiamo accontentare di quello che siamo e di ciò che riusciamo a fare, con l’idea di trovarci in un tempo di declino e che quindi l’importante è mantenere almeno ciò che abbiamo costruito e per cui fatichiamo. Ma, come voi sapete, chi vive solo per difendere ciò che ha senza una visione e un pensiero per il futuro, finirà per perdere anche quanto gli è rimasto. Questa è una costatazione valida per ogni realtà civile e umana, quindi anche per la Chiesa e le nostre comunità. Ancor più questo modo di pensare non può essere accettabile per persone il cui fondamento del vivere viene dalla fede e che si apprestano a celebrare il giubileo, la cui parola guida è la speranza. Certo non si può negare che i tempi sono difficili, ma la Chiesa ha sempre fatto i conti con le difficoltà dei tempi in cui si è trovata a vivere. La Parola di Dio e la fraternità attorno alla tavola del Pane di vita eterna l’hanno sempre aiutata ad essere profeta nella storia e a vivere con passione e pazienza l’annuncio del Vangelo. Oggi c’è tanta gente che soffre e si chiude nel proprio piccolo mondo, rinunciando a costruire un mondo fraterno e pacifico. Poi tanta gente soffre vicino e lontano da noi. Penso ai molti anziani soli, malati o negli istituti. Chiedo a voi e alle nostre comunità di visitarli, di aiutarli, facendogli sentire la nostra vicinanza e il nostro affetto. Se il caldo eccessivo stressa noi, figuratevi loro, costretti a stare a casa per evitare pericoli per la salute. Vorrei ricordarvi alcuni appuntamenti e impegni: Vi saluto con amicizia e gratitudine, mentre vi chiedo di rimanere uniti nella preghiera, perché possiamo costruire nelle nostre comunità un clima di armonia e fraternità, evitando inutili protagonismi, che sono solo ostacolo al vivere insieme. Ogni incarico è servizio da compiere con umiltà, perché solo così darà frutto. Vi saluto con amicizia      †  Ambrogio Spreafico     

Il nuovo libro del vescovo Ambrogio: Cristo è nei poveri, cerchiamolo con un cuore attento

I poveri ci evangelizzano, ci permettono, cioè, di incontrare il Signore, perché ci fanno uscire da noi stessi; in qualche modo, ci costringono a chinarci su di loro, sui loro bisogni, e a stabilire con essi una relazione, come fece Gesù: in queste righe dalle prime pagine c’è gran parte della sintesi del nuovo libro del vescovo Ambrogio Spreafico, dal titolo “Cerchiamo Cristo nei poveri”, appena uscito per i tipi della Velar Editrice.In poco meno di 50, dense pagine, monsignor Spreafico restituisce e fa comprendere il senso, la dignità, il valore dell’incontro con quei poveri che abbiamo sempre accanto, anche se spesso ci voltiamo dall’altra parte. E ogni pagina è una scoperta, anche con rimandi alle Scritture che il vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino, da fine biblista qual è, offre al lettore, come ulteriore passepartout per entrare nel mondo dei poveri.“Chi mantiene un legame con i poveri, anche nei momenti confusi – scrive tra l’altro Spreafico in uno dei passaggi più intensi del libro – non perde la strada dell’umanità e non perde la strada di Dio.I poveri sono bussole sicure della cultura dell’umano e una porta verso la fede nel Dio di Gesù Cristo, che con loro si è identificato”.E, sempre a proposito di passaggi forti del libro, di parole che lasciano il segno in chi legge, colpisce il paragrafo dal titolo “Chi è il mio prossimo: l’universalità dell’amore cristiano”, laddove Spreafico cesella un’affermazione di assoluta efficacia: l’attenzione del cuore. Scrivendo così: “Oggi spesso manca il cuore, l’attenzione del cuore. La fretta, gli impegni, l’abitudine ci costringono ad una vita in cui non c’è spazio per l’attenzione del cuore. Si fugge il dolore, si scansa ed emargina chi è debole, perché fermarsi è un impegno di amore, si marginalizzano gli anziani togliendoli dai loro contesti”. Eppure Gesù ci indica con nettezza chi è il nostro prossimo, in quel buon samaritano che ha avuto compassione. Quella compassione, scrive ancora il vescovo, che “fa fermare, cambiare strada, avvicinare, scoprire, prendersi cura”. Il libro offre anche quelle che potremmo definire indicazioni pastorali, ad esempio con l’invito a proporre ai ragazzi e ai giovani – cosa che peraltro Spreafico ha indicato ai parroci di fare almeno una volta al mese nel catechismo – dei percorsi concreti di incontro con i poveri, per farli diventare amici e parte delle nostre comunità.di Igor Traboni Altre pubblicazioni di Mons. Spreafico