Avvento: la meditazione del vescovo Ambrogio

ELISABETTA E MARIA: DONNE DELL’ASCOLTO PER UN NUOVO INIZIO Dio parla e rende profeti di una storia di amore   Quando si parla di inizio siamo abituati a pensare che ciò indica un giudizio sul passato, se non il suo superamento e la sua soppressione. Questa idea ha fatto spesso concludere che quanto Dio ha iniziato nella vicenda di Gesù di Nazareth significasse l’abolizione, o persino la “sostituzione”, di quanto Dio aveva operato con il suo popolo Israele. In realtà già abbiamo visto che sia con Abramo che con Mosè e Samuele siamo di fronte a nuovi inizi della storia di Dio con il suo popolo. Gli esempi in tal senso si potrebbero moltiplicare. Questa costatazione non ci ha impedito di vedere come l’opera di Dio nella storia con l’umanità sia costellata di nuovi inizi, attraverso cui il Signore opera nella storia e ne permette il rinnovamento e la prosecuzione.         Ciò avviene anche con Elisabetta e Maria. Le due donne sono presentate dall’evangelista Luca come la prosecuzione e insieme il rinnovamento della storia di Dio con il suo popolo, un vero nuovo inizio, che non cancella il passato, ma lo conduce in un tempo nuovo. Elisabetta e Zaccaria costituiscono il legame con la storia di Dio con Israele e Maria introduce il nuovo, ma ambedue in stretta connessione con la manifestazione di Dio, caratterizzata dalla presenza continua dell’angelo, il messaggero di Dio secondo la tradizione della fede di Israele.    Le due vicende di Zaccaria – Elisabetta e di Maria sono intrecciate anche dal punto di vista narrativo. Come ha mostrato… le narrazioni sono elaborate in corrispondenza: in 1,5-25 troviamo l’annuncio della nascita di Giovanni Battista, a cui segue l’annuncio della nascita di Gesù, mentre in 1-57-66 si racconta la nascita di Giovanni Battista e di seguito quella di Gesù (2,1-7). Al centro – ma torneremo su questo in seguito – si colloca la visita di Maria a Elisabetta, quasi una narrazione superflua rispetto alla centralità degli altri racconti.    In ambedue le donne si esaltano l’ascolto e la fiducia in Dio. Rileggendole alla luce di racconti di vocazione profetica, sembra di essere di fronte a una vera e propria chiamata che rende le due partecipi dello spirito della profezia (cf. 1Sam 3; Is 6,1-8; Ger 1,4-10). Nel racconto della nascita di Giovanni Battista il protagonista appare il padre Zaccaria, sacerdote del tempio. Tuttavia, Zaccaria non accoglie con fiducia l’annuncio dell’angelo. Per questo, nonostante il Signore abbia accolto la sua preghiera (1,13), diviene muto (1,20) per non avere ascoltato e quindi creduto. Quando la sua lingua si scioglie e comincia a parlare di nuovo? Proprio qui entra in gioco come protagonista Elisabetta, che interviene in un momento cruciale, quello della circoncisione, attraverso cui il nuovo nato entra a far parte dell’alleanza di Dio con il suo popolo. Elisabetta si distacca dalla tradizione familiare (1,60) nella scelta del nome. È quindi lei che permette a Zaccaria di aderire alla sua richiesta, che acconsente alla scelta della moglie. Da quel momento egli comincia a parlare benedicendo Dio. Un duplice strappo alle consuetudini: il nome viene scelto dalla madre prima che dal padre, mentre non rispetta la tradizione familiare. Si tratta di qualcosa che implica una novità. È quindi Elisabetta che indica nell’attribuzione del nome il senso della vita di quel figlio, facendo comprendere che siamo in un momento di passaggio, come poi cantato dal padre nel suo canto di lode.    I due racconti, di Elisabetta e Maria, continuano a intrecciarsi in modo complementare. Di nuovo entra in scena l’angelo Gabriele, che si era qualificato con il nome prima di dire a Zaccaria la sua incredulità. Il saluto “turba” Maria. In lei nasce una domanda che nel prosieguo della narrazione diventa dialogo con l’angelo. Dio dialoga con Maria attraverso il suo messaggero. La sua parola viene spiegata, non è un enigma. Tuttavia, va ascoltata perché possa realizzarsi: “Ecco, sono la serva del Signore. Avvenga per me secondo la tua parola”.     In ambedue i racconti, la parola di Dio si realizza perché due donne l’hanno resa possibile, ascoltandola e accogliendola come la novità della loro vita e di quella del loro popolo. Infatti, non si tratta di una rivelazione privata, che tocca solo la vita delle due, ma di una parola che riguarda il popolo, la sua storia, il suo passato e il suo futuro. Le parole del Magnificat terminano con un chiaro riferimento a Israele e alla storia di Dio con il suo popolo: “Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre”. Così sarà anche per canto di Zaccaria che all’inizio dice: “Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo. Ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide suo servo, come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti di un tempo”. Sembra quasi che il Magnificat concluda ciò che poi Zaccaria riprende all’inizio del suo cantico di lode. Insomma, mi sembra chiara la continuità tra i due eventi, che suscitano parole di lode per quanto il Signore ha operato per il suo popolo, e non solo per due donne.    Dio agisce nella storia dell’umanità perché ci sono donne e uomini che accolgono la sua Parola e rendono possibile quindi la sua realizzazione. La parola di Dio non si impone, non è neppure solo frutto dell’intervento dell’Altissimo. Essa risponde a un dialogo tra Dio e l’umanità, tra Dio e uomini e donne che si fidano di quanto ascoltano e se ne fanno carico perché possa operare ciò per cui Dio ha mandato la sua Parola. Ascolto e incontro Nella narrazione delle due donne si inserisce il racconto della visita di Maria a Elisabetta. Di per sé sarebbe stato superfluo in ordine a quanto l’evangelista stava raccontando. L’essenziale era già detto. Tuttavia, proprio la scelta di Maria di andare da Elisabetta ci fa entrare nell’intimità di una relazione che non è solo parentale, ma che rende

Con il vescovo Ambrogio alle radici del Giubileo

Il vescovo Ambrogio Spreafico, insigne biblista, terrà una conferenza in preparazione al Giubileo per conoscerne le radici bibliche ed entrare meglio nel significato di questo grande momento. L’appuntamento, organizzato dalle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino, è per mercoledì 11 dicembre, alle ore 18, presso l’auditorium diocesano di Frosinone (accanto alla chiesa di San Paolo, quartiere Cavoni).

Il G7 Esteri una “vetrina” anche per i “tesori” e le iniziative della diocesi

Sono stati due giorni, quelli di lunedì 25 e martedì 26 novembre, quanto mai intensi ad Anagni e Fiuggi, città che hanno ospitato il G7 Esteri ed entrambe comprese nel territorio della diocesi di Anagni-Alatri. Un appuntamento di spessore per l’appunto internazionale, corroborato peraltro dalla bella notizia arrivata nelle ultime ore del vertice di una tregua per il Libano, che ha anche offerto una “vetrina” per l’intero comprensorio del Frusinate, compresi i “tesori” della diocesi di Anagni-Alatri. I ministri degli Esteri del G7 e le rappresentanze diplomatiche degli altri Paesi pure invitati al vertice, hanno così potuto ammirare, ad esempio, la cripta di San Magno della Cattedrale di Anagni. Accolti in Cattedrale dal vescovo Ambrogio Spreafico e dalla curatrice del Museo, Claudia Coladarci, con il ministro degli Esteri Antonio Tajani che aveva già fatto gli onori di casa nel riceverli nella città di Anagni, gli ospiti sono così scesi nella cripta, rimanendo letteralmente affascinati dalla bellezza di quella che non a caso è stata definita “la Cappella Sistina del Medioevo”. Accompagnati dalla narrazione della guida di Rosanna Rossi, i ministri si sono così immersi in secoli di storia, arte e fede e praticamente tutti si sono detti lieti di scoprire qualcosa che non conoscevano, ripromettendosi non solo di tornare – fuori da impegni istituzionali – ma di far conoscere nei rispettivi Paesi la ricchezza dello scrigno anagnino. Come curiosità, va segnalato che in particolare la rappresentanza inglese è rimasta colpita dal legame tra Anagni e Thomas Becket, una volta che la visita si è estesa anche all’Oratorio della Cattedrale dedicato per l’appunto all’arcivescovo britannico, ucciso da quattro cavalieri inglesi nel 1170, a causa dei dissidi con il re Enrico II, canonizzato nella chiesa di Santa Lucia a Segni nel 1173, da papa Alessandro III. La presenza della diocesi di Anagni-Alatri si è palesata anche in un altro momento importante del G7 Esteri, ovvero nella cena di gala offerta dallo Stato italiano agli ospiti provenienti praticamente da tutto il mondo (oltre agli Stati che fanno parte del G7, erano infatti rappresentanti anche Paesi dell’area araba e di quella dell’indo-pacifico). Presso l’Istituto Alberghiero di Fiuggi, che ha ospitato per l’appunto la cena, è stata apprezzata anche la presenza dei volontari della Caritas diocesana e dei meravigliosi ragazzi, affetti da varie patologie e sopportati in un percorso di reinserimento e integrazione, della cooperativa sociale “Ia Ia oh” di Fiuggi. Anche in questo caso gli ospiti sono stati accolti dal vescovo Spreafico e dal ministro Tajani, insieme a Piergiorgio Ballini, fondatore della cooperativa nata da un gruppo di amici già dentro le esperienze della Caritas e dell’Unitalsi. di Igor Traboni (nella foto, un momento della visita alla cripta di San Magno)

I riti della Settimana Santa di Alatri nella narrazione di Emma Ritarossi

I riti della Settimana Santa, ed in particolare quello del venerdì con la sua processione, caratterizzano da decenni la città di Alatri, anche ben oltre i confini provinciali, tra fede e tradizione. E ora una giovanissima studiosa di Alatri, Emma Ritarossi, racconta la settimana pasquale della sua città rintracciando, con gli strumenti dell’antropologia e dell’etnologia, il filo nascosto dei suoi riti. Emma Ritarossi dimostra di ben conoscere l’esercizio del vedere, e così mette a fuoco da anni le processioni, i colori, i costumi, i canti della Settimana Santa di Alatri interrogandosi sul loro senso compiuto, sul significato che, tutti insieme, vogliono rivelare.Il suo libro è il risultato di questa pratica, uno studio che unisce ricerca scientifica con le testimonianze dei protagonisti dei vari momenti “rituali”, che confessano ciò che di essi hanno ereditato dalla tradizione e ciò che della tradizione hanno rinnovato perché potesse continuare la sua fascinazione. “Una settimana particolare”, questo il titolo del libro, è dunque una narrazione in bilico tra saggio e cronaca: una prova riuscita che diventa un’esortazione alla gente di Alatri (e a tutta la gente), perché non smarrisca il senso più profondo delle sue memorie. Il libro verrà presentato venerdì 6 dicembre, alle 17.30, nella sala di rappresentanza dell’AssociazioneGottifredo, nel centro storico di Alatri. Con l’Autrice saranno presenti: Gioacchino Giammaria, presidente dell’Istituto di storia del Lazio meridionale che ha edito la pubblicazione; Antonello Ricci, docente di antropologia culturale all’università La Sapienza di Roma; Katia Ballacchino, docente di antropologia dei patrimoni culturali all’università di Salerno.Sempre in tema di attività della Gottifredo e delle sue pubblicazioni, va detto che da alcuni giorni è disponibile il libro “Il San Sisto del Cavalier d’Arpino. L’affresco restaurato”, con la storia del dipinto a lungo conservato nella Concattedrale di Alatri, il ruolo del vescovo dell’epoca Egnazio Danti, che fu anche matematico, astronomo, cosmografo; l’attribuzione, il contesto, le fasi del restauro. Nel volume, saggi di Mario Ritarossi, Francesco Petrucci, Maria Teresa Molinari, con la cura redazione di Eugenia Salvadori; prefazione di Ambrogio Spreafico, vescovo di Anagni-Alatri, che parla del dipinto come di «un capolavoro che avevamo davanti agli occhi da secoli ma senza dargli la giusta importanza», e presentazione del presidente dell’associazione e delle edizioni Gottifredo, Tarcisio Tarquini.

Raduno delle corali diocesane. Spreafico: «Il canto coinvolga l’assemblea»

Domenica 17 novembre nella chiesa di Santa Maria Maggiore ad Alatri si è tenuto il 9° raduno diocesano delle corali parrocchiali. A fare gli onori di casa ed esibendosi per primo è stato proprio il coro della chiesa di Santa Maria Maggiore di Alatri, diretto da Antonio D’Alatri e da suo figlio Francesco. Si sono poi succeduti gli altri sei cori partecipanti. Don Bruno Durante, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano che ha organizzato il tutto, nella riflessione iniziale ha sottolineato che cantare è un vero e proprio ministero liturgico che si innesta nel dinamismo delle celebrazioni, a servizio dell’assemblea liturgica. Non si tratta dunque di essere professionisti o esecutori perfetti del canto, ma coristi delle celebrazioni liturgiche, chiamati a compiere anche un percorso di crescita spirituale. Le corali hanno eseguito alcuni canti del tempo di Natale davanti ad una platea numerosa e non è mancata la presenza del vescovo Ambrogio Spreafico. Proprio dal vescovo che arrivato l’invito ai cori a a cantare melodie semplici che coinvolgano e facciano cantare tutta l’assemblea. Spreafico ha poi fatto riferimento anche all’inizio dell’anno liturgico e ha quindi auspicato un nuovo inizio per questa nostra umanità, segnata dalla guerra e dalla povertà; un nuovo inizio anche per i cantori che sono chiamati a suscitare nell’assemblea una sempre maggiore partecipazione alle celebrazioni, facendo vivere, proprio attraverso il canto, a tutti  i fedeli una liturgia che spinga alla speranza e alla novità di vita per riprendere con vigore la vita quotidiana una volta usciti dall’aula liturgica. Da monsignor Spreafico è poi arrivato l’ulteriore invito alle corali anche a tener conto di aver cura della liturgia e del curare il tutto al meglio, affinché l’assemblea canti nelle celebrazioni. È stato veramente un incontro tra persone che attraverso il canto esprimono la loro fede, gioia e serietà hanno dato voce alla bellezza della preghiera, perché la musica unita al canto è un vero strumento di evangelizzazione che tocca il cuore delle persone, e permette una celebrazione dei sacramenti che fa percepire la bellezza di Cristo, visto che anche attraverso il canto si esprime la lode a Dio. Anche papa Francesco ha più volte sottolineato  l’importanza degli animatori dell’assemblea liturgica, insistendo sul fatto che la musica e il canto sono strumento di evangelizzazione nel mondo di oggi. Emanuela Sabellico (nella foto, il coro di Santa Maria Maggiore, Alatri)

Il vescovo ai giovani: «Siate protagonisti del bene!»

«Siate  protagonisti del bene, perché questa è la vita. Siate gente che coinvolge gli altri e che camminano insieme, come i pellegrini». Questo l’impegno, ma al contempo anche l’augurio, che il vescovo Ambrogio Spreafico ha lasciato ai giovani delle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino ritrovatisi nella serata di venerdì 22 novembre a Ferentino, nella chiesa di Sant’Agata, per vivere la Giornata interdiocesana della gioventù. A causa delle condizioni meteo, il programma è stato tutto concentrato nella bella e ospitale chiesa affidata ai padri Guanelliani, rispetto al preventivato pellegrinaggio per le vie di Ferentino, ma è stato comunque «un pellegrinaggio del cuore», come ha ricordato all’inizio don Luca Fanfarillo, responsabile della pastorale giovanile di Anagni-Alatri. Proprio quel cuore, ancora più grande perché rimarginato dalle ferite, che una operatrice e un’ospite della Comunità “In dialogo” di Trivigliano hanno aperto – senza nascondimenti e mezze frasi – ai giovani presenti, nella testimonianza che ha introdotto la serata. «In comunità facciamo sì un cammino in avanti, ma anche in profondità», ha detto Miriam ripensando a voce alta anche alla sua storia, al ritrovarsi inizialmente «con gente tossica come me che però mi dava testimonianza», e a quell’abbraccio con il Signore «perché lui voleva la mia stori così. E per questo gli sono grata». Una comunità, ha aggiunto, «dove condividiamo tutto, ma ci accorgiamo che fuori, in famiglia, a scuola, spesso non è così. E allora – ha concluso Miriam rivolgendosi ai presenti – sentitevi fortunati perché c’è chi vi vuole bene, chi vi ascolta». Un percorso che passa anche attraverso l’accettazione di limiti e sbagli personali, come ha testimoniato poi Francesca, 24 anni, ospite della Comunità dopo essere finita giovanissima nel vortice delle dipendenze: «Ancora non mi voglio tanto bene, ma ci sto provando!». In un crescendo di attenzione da parte dei ragazzi presenti, è quindi intervenuto il vescovo Spreafico: «Nella vita c’è bisogno di consolazione, di qualcuno che ascolta. Noi spesso non parliamo più perché magari ci vergogniamo o abbiamo paura, ma soprattutto perché non c’è nessuno che ci ascolta. Questa è una tragedia! E invece, bisogna avvicinarsi all’altro, dirgli: come stai? E la risposta può già essere qualcosa per cominciare a liberare quello che uno ha dentro, proprio come succede in Comunità», ha aggiunto il vescovo facendo riferimento all’operato della “In Dialogo” e del fondatore padre Matteo Tagliaferri «uomo saggio». Siamo in un mondo, ha aggiunto il vescovo, «in cui i prepotenti prima o poi troveranno un altro più prepotente. E così nascono le guerre. Ma non conviene essere violenti, cari giovani. Eppure in questo mondo manca la gentilezza, anche nel nostro mondo dove rischi di non trovare mai uno che si ferma perché preferisce fare lo sbruffone in giro per Frosinone o Ferentino. Poi magari è insoddisfatto e da qui vengono fuori quelle cose brutte che sono successe. E poi, quando uno uccide il padre, la madre, un altro ragazzo, ci chiediamo: ma perché è successo? Perché aveva il fuoco dentro!». Da qui l’invito a incasellare la vita su binari ben diversi «perché voi anche stasera siete insieme e avete la possibilità di confrontarvi, di pensare, invece di star sempre lì con il telefonino a chattare. Certo, oggi è difficile vivere, ma se non siamo con gli altri, non ce la facciamo. Noi siamo fatti per stare con gli altri!, non certo come milioni di ragazzi giapponesi, gli hikikomori, che se ne stanno tutto il giorno isolati. Bisogna fermarsi, ascoltarsi, parlarsi», ha rimarcato Spreafico, ricordando anche il recente «incontro molto bello» che i giovani hanno vissuto a Tecchiena Castello, prima di offrire anche un ricordo personale, che ha ancor di più calamitato l’attenzione dei giovani: «Quando ero a Roma, studiavo le lingue antiche, anche lingue un po’ mezze morte, finché un amico non mi ha detto: ma perché non vieni con noi, nelle periferie, a fare il doposcuola? Così ho iniziato, in quelle periferie, e mi sono salvato, perché se aiuti gli altri allora sì che sei felice!», si è avviato a concludere il suo intervento, non prima di aver lasciato quelle consegne-impegno di cui dicevamo all’inizio. La serata è poi proseguita con i giovani divisi in cinque gruppi per riflettere su quanto detto e per dare risposte ad altre domande, tracciate da don Francesco Paglia, responsabile della Pastorale vocazionale di Frosinone-Veroli-Ferentino. Il tutto prima del grande silenzio, che ha però parlato al cuore di tutti, dell’Adorazione, preparato peraltro in maniera semplice ma efficace dalle Francescane di Ferentino. A conclusione, il “mandato” consegnato ai giovani da Alina, ora a Patrica ma già missionaria in Costa d’Avorio: una piccola scatolina, con dentro un fiammifero e la dicitura “Accendi la speranza!”. Con l’augurio che i giovani consumino quello e mille altri fiammiferi. di Igor Traboni

Giornata della gioventù: venerdì 22 novembre il piccolo pellegrinaggio dei ragazzi

I giovani delle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone- Veroli-Ferentino celebreranno insieme laGiornata della gioventù, venerdì 22 novembre a Ferentino. Questo il programma, stilato dalle due Pastorali giovanili diocesane: ritrovo alle 20.15 presso Porta Montana (via Consolare) e quindi tretappe, in cammino, con altrettanti momenti di riflessione: sul pentimento, con testimonianza dei giovani della comunità “In dialogo”, presso la chiesa di Santa Maria de’ Cavalieri Gaudenti; ricerca,con catechesi del vescovo Ambrogio Spreafico, in Concattedrale; ringraziamento, con adorazione emandato missionario preso la chiesa della Madonna del Buon Consiglio. «Un piccolo pellegrinaggio nel centro storico di Ferentino – hanno scritto i ragazzi della pastorale giovanile della diocesi di Anagni-Alatri sui loro social – e lungo il cammino ci fermeremo per riflettere e vivere i tre atteggiamenti che Papa Francesco ci suggerisce nel messaggio per questa Giornata della gioventù: pentimento, ricerca e ringraziamento»

Giubileo: il 15 marzo 2025 il pellegrinaggio interdiocesano a Roma

Si svolgerà sabato 15 marzo 2025 il pellegrinaggio interdiocesano a Roma per il Giubileo, con i fedeli delle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino guidati dal vescovo Ambrogio Spreafico. Il programma prevede l’appuntamento in piazza San Pietro, l’udienza giubilare con papa Francesco, la celebrazione eucaristica e il passaggio della Porta santa. Il dettaglio degli orari verrà comunicato in un secondo momento attraverso i media e i social diocesani. Le adesioni si raccolgono nelle parrocchie di appartenenza e andranno comunicate entro il 15 dicembre prossimo, per consentire la migliore organizzazione logistica.

Il San Sisto I del Cavalier d’Arpino rivive anche in un libro

Matematico, astronomo, cosmografo: studi e conoscenze che gli valsero il giusto appellativo di “vescovo scienziato”, Ignazio Danti, fu consacrato vescovo di Alatri nel 1583, e qui morì il 19 ottobre 1586, dopo essersi speso totalmente per la sua gente, con una particolare sollecitudine per i poveri ma senza dimenticare i suoi interessi culturali, compreso quello per la pittura, tanto che volle commissionare all’allora giovane Giuseppe Cesari, poi divenuto famoso in tutto il mondo con il nome di “Cavalier d’Arpino”, un ritratto di San Sisto I, conservato per l’appunto ad Alatri.Il dipinto è stato poi fatto restaurare dall’Associazione Gottifredo e restituito così in tutta la sua bellezza in una magnifica serata del luglio di 4 anni fa, all’Acropoli.Questa premessa è indispensabile per dire che ora, peraltro proprio nell’anniversario della morte di Danti, esce un volume dal titolo “Il San Sisto del Cavalier d’Arpino, l’affresco restaurato”, curatoda Mario Ritarossi, il docente del liceo artistico di Frosinone che tanta parte ha avuto in questa riscoperta. Il libro, prefato dal vescovo Ambrogio Spreafico e con una presentazione del presidente dell’associazione ed edizioni Gottifredo, Tarcisio Tarquini, si avvale di alcuni preziosi contributi critici dello stesso Ritarossi, di Maria Letizia Molinari e di Francesco Petrucci, ad introdurre gli appassionati – o anche i semplici curiosi che vogliano così avvicinarsi all’opera e a tutto il genio del Cavalier d’Arpino e di converso all’operato del vescovo Ignazio Danti – alle tecniche del restauro, alla precocità dell’arte di Giuseppe Cesari e alla sontuosità di un emblema encomiastico di antica e armoniosa bellezza.Scrive tra l’altro il vescovo Spreafico nella prefazione, riferendosi al dipinto: «Era un capolavoro che avevamo sotto gli occhi da secoli ma che non aveva mai ricevuto fino ai giorni nostri l’attenzione che meritava. Va reso merito a chi ha voluto richiamare questa attenzione con un’iniziativa che ha incontrato subito il favore del nostro predecessore, monsignor Lorenzo Loppa, e la collaborazione dell’Ufficio diocesano dei Beni culturali e l’Edilizia di culto e della sua responsabile Federica Romiti». Spreafico preannuncia inoltre questa importante novità: «Il San Sisto del Cavalier D’Arpino, sarà una delle bellezze che faranno parte del costituendo Museo diocesano di Alatri; in un certo senso, rappresenterà uno dei suoi beni più prestigiosi e ammirati».Igor Traboni