Il vescovo a Mole Bisleti per parlare di pace ai bambini

Domenica 21 gennaio  le parrocchieincomunioneconmaria  hanno festeggiato sant’Antonio, un grande  uomo che ha lasciato i suoi agi e ha  lottato a lungo  per  ricercare la pace  nel cuore e con il Signore. In questa occasione i ragazzi della catechesi, coordinati egregiamente dalle loro catechiste, dopo aver  riflettuto sul messaggio della  pace di papa Francesco, hanno dato vita ad uno spettacolo che ha coinvolto emotivamente  i numerosi adulti presenti nella chiesa Maria Santissima del Rosario di Mole Bisleti. Alla presenza del vescovo monsignor Ambrogio Spreafico e del  parroco don Luca Fanfarillo, oltre che dei genitori, i bambini hanno cantato note di pace, recitato poesie scritte a più mani, hanno raccontato ai presenti i loro pensieri sulla  pace e hanno letto stralci del messaggio del Papa, con l’auspicio che le intelligenze artificiali possano aiutare l’umanità e non creare maggiori disuguaglianze in questo mondo già  tanto martoriato da guerre e violenza: “Soffiano venti di guerra nei cuori dei potenti della Terra, l’animo umano è pieno di odio e rancore, non c’ è più rispetto per l’altro né amore. Soffiano venti di pace nel cuore e nelle menti dei bimbi che gridano forte: pace invochiamo, pace sogniamo, pace vogliamo, pace auspichiamo.  La pace inizia da noi; la pace è possibile; sorella della pace è l’amore; la pace rende liberi e unisce le persone; la pace è il giardino in cui fiorisce la speranza; la pace è l’unica battaglia che vale la pena di intraprendere; la pace è amore; la pace è sorridere; in un luogo dove regna la pace anche i pensieri scelgono di non far rumore; non basta parlare di pace bisogna crederci; possa la pace illuminare il nostro cammino” Un’espressione assai forte e coraggiosa pronunciata dai ragazzi ha fatto tremare i polsi degli adulti presenti: «Perchè sono gli uomini a governare il mondo? Potevano farlo i cani, gli uccelli, i gatti pelosi, ma anche gli animali pericolosi…nessuno di loro né in pace, né in guerra farebbe del male a chi è della sua stessa specie. Vogliamo che torni presto gioia, vita e pace quieta in ogni piccolo angolo di questo pianeta. La pace nascerà: parola di ragazzi». Ha concluso la giornata iniziata con la preghiera, il gioco, la condivisione del pranzo e la riflessione, il vescovo Ambrogio che ha raccontato che nel mondo esistono decine di conflitti, che in Italia si trovano milioni di armi ma la forza dell’ alfabeto della pace e della preghiera porterà la pace nel cuore di ogni uomo. Monsignor Spreafico ha quindi rassicurato  i ragazzi,  che sono la speranza del domani, che un giorno vivranno in un mondo finalmente pacificato.

Omelia di San Sisto 2020

15 aprile 2020 – Alatri, Concattedrale Festa di San Sisto I, Papa e Martire Letture : At 3,1-10 Eb 13,7-20 Lc 24,13-35 “Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra” (Sal 120,1-2) E’ uno dei Salmi che accompagnavano i pellegrini che salivano verso il tempio di Gerusalemme. Sono parole di fiducia nei riguardi di Dio che è “nascosto” e spesso sembra dormire nell’ora della prova. Colui che ha risuscitato Gesù Cristo dalla morte è il nostro custode e non ci tradirà lasciandoci soli. In questo momento in cui tutta l’umanità è squassata dalla tempesta del Coronavirus e mille dubbi, ansie, preoccupazioni e paure sembrano travolgerci, da chi ci dobbiamo aspettare un aiuto? Da Dio, attraverso la scienza medica e la ricerca, dalla solidarietà e da una responsabilità assunta in pieno e decisamene condivisa. L’Amore non sopporta che i suoi figli siano inghiottiti per sempre dalla morte e che, soprattutto, siano travolti dalla disperazione. Dio continua a compiere i miracoli mediante l’opera dell’uomo per l’intercessione dei Santi. Oggi è il quarto giorno dell’Ottava di Pasqua: Cristo è risorto ed è vivo; è a fianco a noi e ci vuole vivi. Celebriamo la festa di San Sisto I, Papa e Martire nella luce pasquale e nella gioia di avere un futuro di vita. Dall’11 gennaio 1132, cioè dal giorno in cui le spoglie di San Sisto sono arrivate ad Alatri, è iniziata la storia di una bella amicizia tra gli abitanti di questa Città e il Patrono. Le vicende civili e religiose di Alatri hanno sempre trovato un contrappunto nella devozione profonda dei suoi abitanti verso il sesto successore di San Pietro da cui, soprattutto nei momenti di difficoltà, hanno ottenuto custodia e protezione. E’ così anche oggi. “Il nostro aiuto viene dal Signore” che ci custodisce attraverso i suoi Santi. Le pagine bibliche di oggi ci parlano della vittoria di Dio nella risurrezione del Crocifisso. Cristo, morto per amore, non poteva essere trattenuto più di tanto dalla morte. La Pasqua è la vittoria decisiva, anche se non definitiva di Dio sul male e sulla morte: “Morte e vita si sono scontrate in uno spaventoso duello. Il Signore della vita era morto. Ma, ora, vivo, trionfa”. Il Vangelo ci parla del Vivente che accompagna la speranza morta dei due viandanti di Emmaus in un cammino di risurrezione. La prima lettura ci presenta la forza della risurrezione all’opera nella storia. Dopo aver conquistato a fatica la fede, gli amici di Gesù continuano la sua opera di liberazione guarendo uno storpio alla Porta Bella del Tempio. La seconda lettura aggiunge che, nella ricerca della città futura, la carità e la comunione sono degli elementi irrinunciabili. Il vero culto è quello che parte dai “sacrifici” rituali ma sfocia nella vita e si celebra sulle strade e negli ambienti che frequentiamo. Da queste tre pagine bibliche raccolgo alcune indicazioni di non poco conto per la nostra fede. San Sisto ci è andato avanti nel viverle. Il testo degli Atti degli Apostoli ci racconta un miracolo e ci fa persuasi di come la missione liberatrice di Gesù continui in quella dei Suoi amici. Il Tempio era ancora una grandezza presente nella vita dei discepoli. Pietro e Giovanni vi si dirigono per la preghiera e incontrano uno storpio che chiede l’elemosina alla Porta Bella. Con uno sguardo, una parola e un gesto lo guariscono nel nome e con la forza di Cristo risorto. Pietro e Giovanni possono dare una mano al Signore per compiere il miracolo perché realizzano le condizioni chieste da Gesù per la missione. Il prodigio avviene perché, prima di tutto, sono in due, come indicato da Gesù che inviava i discepoli due a due (cfr Lc 10,1). Due testimoni dello stesso fatto erano più credibili. Inoltre, la prima testimonianza da dare era quella dell’amore reciproco. Inoltre, senza comunione non si annuncia il Vangelo. Essere in comunione è l’“arma” segreta dell’evangelizzazione, l’asso nella manica della Chiesa, l’esorcismo più potente contro il male. Gesù chiedeva ai missionari di avere un bagaglio leggero. D’altronde, nella vita, se abbiamo accanto qualcuno che ci vuole bene, di cos’altro possiamo aver bisogno? Inoltre Pietro e Giovanni non hanno “né argento né oro”. Il gesto di guarigione passa attraverso il discepolo spoglio di ogni potenza umana per riporre la sua fiducia esclusivamente nel Nome del Signore. Il vuoto di sé e di ogni sicurezza può, allora, essere riempito dal Nome che solo compie prodigi. Un Nome che è al di sopra di ogni altro nome e che non solo raddrizza lo storpio ma, permettendogli di camminare ed entrare nel Tempio, lo reintegra pienamente nel suo popolo restituendogli una dignità piena. Altri suggerimenti per la nostra fede li colgo nell’episodio dei due discepoli di Emmaus e nella compagnia di Gesù che li aiuta a passare dalla cecità alla luce, dal disconoscimento al riconoscimento, dalle dimissioni alla missione, dalla fuga al ritorno all’interno della comunità. Dopo la liturgia della strada, nella quale Gesù si fa raccontare la Sua morte e in cui i due discepoli prendono atto del naufragio del loro sogno e del fallimento della loro speranza, con la liturgia della Parola Gesù spiega loro le Scritture e come tutto il piano di Dio abbia potuto trovare il compimento nella Pasqua, in cui la Croce non era un incidente, ma la pienezza dell’amore. Con la Parola Gesù scalda il loro cuore: “Non ci bruciava, forse, il cuore mentre per via ci spiegava le Scritture?” (Lc 13,32). Infine la liturgia del Pane apre ai due amici gli occhi: “Lo riconobbero nello spezzare il pane” (Lc 13,31). La Parola accende il cuore, il Pane apre gli occhi. Parola e Pane cambiano il cammino, la direzione: “Partirono sen’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme” (Lc 24,33), nella comunità alla quale annunciano il Risorto. Quante suggestioni e quante luci di indicazione per la nostra fede! La fede, prima di tutto, non è “la religione delle bucce”. Non è un’avventura di