Famiglia: l’attrice Beatrice Fazi si racconta

Si è tenuto lo scorso 12 maggio, presso il Centro Pastorale di Fiuggi, l’incontro con l’attrice Beatrice Fazi, organizzato dagli uffici per la Pastorale della famiglia delle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino (video di Fabio Viti)

Presentazione del libro “Le guarigioni nella Bibbia”. Il Vescovo Spreafico tra gli Autori

Il 30 maggio, presso il Centro pastorale di Fiuggi con inizio alle ore 18.30, verrà presentato il libro “Le guarigioni nella Bibbia. Da Giobbe a Gesù” (Morcelliana Ed.) di cui il vescovo Ambrogio Spreafico è Autore, assieme a Maria Cristina Marazzi, medico e docente universitario, e a Francesco Tedeschi, sacerdote e docente di Liturgia e di Teologia Sacramentaria, entrambi legati alla Comunità di Sant’Egidio, che organizza la presentazione. Alla stessa interverranno Loredana Piazzai, pediatra, della Comunità di Sant’Egidio; don Paolo Cristiano, docente di Teologia Biblica al Leoniano di Anagni; Vito Grazioli, medico, fondatore di ANCDA. Sarà presente monsignor Spreafico. Questo libro si rivolge a chiunque abbia fatto esperienza della malattia nell’arco della propria esistenza o a chi ne sia stato in qualche modo coinvolto. Si rivolge, quindi, a tutti. Di qui la domanda stringente dell’essere umano sul perché del dolore, della sofferenza e del male. Con Giobbe, Paolo, ma soprattutto attraverso l’incontro di Gesù con i malati – L’indemoniato di Gerasa, I lebbrosi, L’epilettico indemoniato, La donna guarita, Il buon samaritano, Il paralitico di Cafarnao, Il cieco nato, Maria di Magdala… – gli Autori mostrano che la Bibbia è sempre una risposta sapiente alle domande esistenziali dell’uomo e della donna. Comprendere questi interrogativi è una preziosa indicazione per essere “prossimo” a chi è malato. Di più: è una rivelazione, uno sguardo alternativo sulla realtà umana.

Intelligenza artificiale: il convegno di Azione Cattolica

 “Intelligenza artificiale e pace”, questo il titolo del messaggio di papa Francesco al mondo intero, per la 57° giornata mondiale per la pace, celebrata lo scorso 1° gennaio. Messaggio che ha ispirato il settore adulti dell’Azione Cattolica diocesana a dare vita al convegno dal titolo ‘Intelligenza artificiale: prospettive e sfide etiche’, tenutosi presso il Centro pastorale di Fiuggi. Numerosi i partecipanti intervenuti per ascoltare don Alessandro Picchiarelli, relatore esperto del settore; sacerdote della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, ha studiato Ingegneria informatica e delle telecomunicazioni presso l’Università degli Studi di Perugia, ha conseguito la laurea in Teologia presso l’Istituto Teologico di Assisi e alla Gregoriana di Roma e attualmente svolge la sua attività di docente presso la scuola interdiocesana di Teologia di Foligno. E’ anche docente del corso sull’Etica della tecnologia presso l’Istituto Teologico e di Scienze Religiose di Assisi, collabora con l’Istituto Affari Internazionali di Roma ed è l’autore del libro “Tra profilazione e discernimento, la teologia morale al tempo dell’algoritmo”: volume che accoglie l’invito di papa Francesco, rivolto ai teologi e agli ingegneri informatici, di «impegnarsi in uno sviluppo etico degli algoritmi, di farsi promotori di un nuovo campo dell’etica per il nostro tempo, l’ ‘algor-etica’». Al centro del convegno, la riflessione su come il nostro essere immersi in un mondo sempre più tecnologicizzato, porti a non chiederci più come funziona una certa tecnologia ma a darla per scontata, impedendoci di renderci conto dell’impatto vero che essa ha nella nostra vita. «Gli artefatti tecnologici – ha spiegato don Alessandro – prendono sempre più decisioni per l’uomo, sull’uomo e con l’uomo. Gli algoritmi, oggi, decidono cosa deve essere visto e cosa può essere ignorato, cosa può essere conosciuto e cosa è bene non divulgare, cosa può interessare a qualcuno o cosa non tocca la curiosità di un utente, assumendo dunque un ruolo sociale importante nella creazione di valori, di cultura e di conoscenza, quasi sostituendosi all’uomo. Una Intelligenza artificiale che non è così intelligente, che ‘vive’ totalmente delle informazioni che l’uomo volontariamente e non, concede agli artefatti tecnologici cui si affida per soddisfare i propri bisogni. Bisogni che, senza una ‘governance etica’ vengono stimolati e pilotati, con l’effetto di annientare la volontà umana».  Un convegno che ha trovato grande curiosità nei partecipanti che, con attenzione, si sono coinvolti anche con numerose domande. A don Alessandro Picchianelli, il ringraziamento dell’Azione Cattolica diocesana e di tutti coloro che hanno colto l’importanza di pensare lo sviluppo tecnologico come fonte di possibilità di comunicazione e informazione, soprattutto quando organizzati e orientati alla luce di un’immagine di persona e del bene comune che ne rispecchi le valenze universali. Giusy Secondino Presidenza Diocesana Azione Cattolica

Costituzioni Conciliari: incontro sulla Dei Verbum

Proseguono gli incontri sulle Costituzioni Conciliari, promossi dalle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino. Il prossimo incontro in programma è per giovedì 9 maggio presso la chiesa della Madonna del Carmine a Tecchiena di Alatri, con inizio alle 18. Il vescovo Ambrogio Spreafico terrà un intervento sulla “Dei Verbum: la Parola di Dio ci rende comunità”. Il ciclo di incontri è stato organizzato in preparazione del Giubileo 2025.

L’attrice Beatrice Fazi si racconta. A Fiuggi l’incontro per le famiglie

Gli uffici per la pastorale della famiglia delle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino hanno organizzato un incontro con l’attrice Beatrice Fazi e la sua famiglia, che si terrà domenica 12 maggio a Fiuggi, presso il Centro pastorale in via dei Villini, con inizio alle 17.30. Attrice e conduttrice televisiva, 41 anni, sposata e madre di quattro figli, Beatrice Fazi è arrivata al grande pubblico soprattutto per la sua partecipazione a quattro edizioni della fiction “Un medico in famiglia”, con Lino Banfi. Ma il suo curriculum si è poi impreziosito con altre fiction, tanto teatro, alcuni film e un modo garbato di presentarsi ai telespettatori, ad esempio con la conduzione di “Beati voi”, su Tv2000. E’ anche autrice del libro “Un cuore nuovo. Dal male di vivere alla gioia della fede”, edito da Piemme.

“Una firma che fa bene”: l’importanza dell’8xmille alla Chiesa cattolica

Torna domenica 5 maggio la Giornata nazionale dell’8xmille alla Chiesa cattolica, con lo slogan “Una firma che fa bene”, per ricordare ai fedeli che il sostegno economico della Chiesa è affidato a loro e che la firma per la destinazione dell’8xmille del gettito Irpef è uno degli strumenti essenziali. «Una comunità cresce ed è viva quando può contare sul contributo di ciascuno – ricorda monsignor Ivan Maffeis, presidente del Comitato per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica –: la corresponsabilità passa anche dalla firma sulla dichiarazione dei redditi, che esprime appartenenza, fraternità effettiva e condivisione». Nel 2023 sono stati assegnati oltre 243 milioni di euro per interventi caritativi (di cui 150 destinati alle diocesi per la carità, 13 ad esigenze di rilievo nazionale di cui circa la metà destinati a Caritas e 80 per i Paesi più poveri). Ci sono poi 403 milioni di euro per il sostentamento degli oltre 32 mila sacerdoti che si spendono a favore delle comunità. E oltre 352 milioni di euro per esigenze di culto e pastorale, compresa la tutela dei beni culturali ed ecclesiastici. La firma non costa nulla al contribuente: chi presenta il 730, chi presenta il modello Redditi, ma anche chi possiede unicamente redditi di pensione, di lavoro dipendente o assimilati e non è obbligato a presentare alcuna dichiarazione. Anche questi ultimi, infatti, possono esprimere la propria preferenza per l’8xmille.

Sinodalità e primato: cammino della commissione ortodossa-cattolica. Incontro ad Anagni

Anche quest’anno, come Commissione diocesana dell’Ufficio per l’Ecumenismo, abbiamo voluto presentare a un più vasto pubblico i risultati del dialogo teologico in campo ecumenico, convinti che solo una recezione del movimento ecumenico da parte del popolo di Dio può portare all’unità dei cristiani. Venerdì 12 aprile, presso il Pontificio Collegio Leoniano di Anagni, si è  svolto l’incontro ecumenico sul tema «Sinodalità e primato: percorso negli ultimi documenti del dialogo ortodosso-cattolico», con la partecipazione del prof. don Pasquale Bua per la parte cattolica e dal prof. Maskin Kivelev da parte ortodossa russa. Partendo dal Vaticano I con la sua urgenza storica di affermare le prerogative divine del papa da una parte e con l’interruzione forzata del Concilio dall’altra, il prof. Bua, tra l’altro membro della Segreteria del Sinodo,  ha chiarito la vera intenzione dei Padri conciliari di produrre, accanto al documento sul ministero petrino (Pastor aeternus) un altro sul ministero dei vescovi. Purtroppo, l’interruzione dei lavori conciliari ha consegnato alla storia successiva una visione parziale di chiesa, sbilanciata sul primato papale. Il Vaticano II  ha equilibrato il servizio di Pietro con il ridare il giusto posto a tutto l’episcopato, come è messo bene in luce dalla Lumen Gentium, e ha iniziato un nuovo approccio con le altre chiese e comunità cristiane. Il relatore ha proseguito mettendo in risalto come tutti i papi dopo il Concilio si sono pronunciati in modo innovativo sul primato petrino.  Paolo VI ha parlato del primato papale «di servizio, ministero e amore» e ha istituito il Sinodo dei Vescovi, come istituzione permanente. Papa Giovanni Paolo II nella enciclica Ut Unum Sint  ha affermato che il primato  petrino esiste come garante dell’unità, ma paradossalmente, è diventato causa di disunione. Ha messo in risalto come il papa detiene un primato nel servizio e Gesù ha indicato Pietro come ‘roccia’, ma non per le sue capacità bensì per pura grazia di Dio. Il primato di Pietro è  vegliare, essere sentinella perché la Chiesa non sia minacciata da lupi rapaci. Inoltre, il primato petrino non può essere vissuto separato dal collegio dei vescovi di cui il papa stesso fa parte. Infine, ha chiesto ai teologi di studiare una nuova forma di esercizio del primato, senza negare ciò che è essenziale ad esso (UUS, 88-96). Benedetto XVI fin dal primo momento ha posto il dialogo ecumenico come prioritario nel suo ministero petrino, ha incoraggiato il lavoro tra ortodossi e cattolici e infine, con le sue dimissioni, ha dato una nuova percezione del papato. Papa Francesco ha messo in luce  il fatto che  l’appello di S. Giovanni Paolo II a cercare una nuova forma di esercizio del primato non sia stato ancora pienamente recepito. Ha invitato a una “conversione del papato” (EG 32). Ha affermato che il papa non è  al di sopra della Chiesa, ma dentro la Chiesa, un vescovo tra i vescovi (Discorso per il 50° del Sinodo dei vescovi). Ha iniziato una decentralizzazione di responsabilità che coinvolge anche la periferia e, fra i titoli riconosciuti al papa, ha preferito quello di ‘vescovo di Roma’. Inoltre, con la sua decisione di iniziare un cammino sinodale nella Chiesa cattolica ha aperto una strada nuova anche nella comprensione del suo ministero. Don Bua ha fatto riferimento poi ai dialoghi ecumenici circa il primato, iniziati già dal 1968 tra la chiesa cattolica e quella anglicana, fino agli incontri della Commissione ortodossa-cattolica. La pregevole relazione di Bua per la capacità di sintesi e chiarezza si è conclusa con piste di riflessioni su tre nodi da affrontare: ripensare ai fondamenti biblici del primato petrino con uno sguardo ai testi dei Vangeli non più condizionati da “letture confessionali”; studiare a fondo ciò che appartiene al primato come diritto divino, riconosciuto come elemento essenziale perché la Chiesa si conservi come Cristo l’ha voluta, da ciò che sono le interpretazioni accumulate lungo i secoli e  tener  conto dei limiti del primato di giurisdizione e di infallibilità, in quanto «il papa non scavalca l’autorità dei vescovi ma la preserva e, se necessario, la supplisce» e, riguardo alla infallibilità «il papa non crea nuove dottrine, ma riconosce e proclama ciò che tutta la Chiesa infallibilmente crede». Partendo dalla svolta del Vaticano II e dall’incontro memorabile di Atenagora I con Paolo VI che sigillò un nuovo approccio che si stava dischiudendo tra le due Chiese sorelle, il prof. Kivelev ortodosso russo, attualmente docente a Roma in alcune pontificie università, ha offerto al pubblico il cammino ecumenico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, in particolar modo con la chiesa russa.  Il relatore riferendosi al Documento di Ravenna (2007) ha affermato qual era la prassi del governo della Chiesa sia in Oriente che in Occidente nel I millennio, quando  non c’era sinodalità senza protos, un «primo», né protos senza sinodalità. Questa stretta interrelazione tra primato e sinodalità veniva espressa a livello locale, regionale e universale.  A quest’ultimo livello, il protos tra i patriarchi era riconosciuto nel vescovo di Roma anche dalle Chiese orientali. Il prof. Kivelev ha affermato come nel II millennio, dopo la frattura del 1054, il governo nella Chiesa Ortodossa è stato caratterizzato dalla sinodalità, sottolineando quanto sia difficile tra i 15 patriarcati di cui è essa composta (la Chiesa Russa ne riconosce 11), arrivare a “una sinfonia”. Ha accennato, come esempio, alla mancata partecipazione di quattro Chiese al Concilio pan-ortodosso svoltosi a Creta nel giugno 2016. Dopo una preparazione unanime, iniziata dagli anni ’60 del XX secolo, quattro giorni prima dell’inizio dell’evento che doveva radunare tutte le Chiese ortodosse, la Chiesa russa insieme a  quelle di Bulgaria, Georgia e Antiochia ritirarono la loro partecipazione. Per quanto riguarda il cammino ecumenico il relatore ha delineato il rapporto della Chiesa cattolica con la Chiesa russa segnato da momenti di ravvicinamento, come il permesso dato ai cattolici nel Sinodo del 1962, di poter ricevere la Comunione nei luoghi dove mancava un prete cattolico e al fatto che la Chiesa ortodossa russa è la sola a riconoscere come validi tutt’e sette i sacramenti della Chiesa cattolica. Oggi però si avverte una certa

Riaperto il santuario: «Alla Santissima per portare gioia alle altre persone»

Dopo la pausa dei mesi invernali, il santuario della Santissima Trinità a Vallepietra ha riaperto i battenti mercoledì 1°maggio, con la Messa, nella grande chiesa all’aperto, presieduta dal rettore monsignor Alberto Ponzi davanti a centinaia di fedeli arrivati nonostante il tempo poco clemente, molti dei quali partiti all’alba dal paese di Vallepietra. Una tradizione antica, quest’ultima, che ha però assunto anche un altro particolare significato per la ricorrenza degli 80 anni dello scampato pericolo degli allora abitanti del paese dalla temuta rappresaglia dei tedeschi, alla caccia dei circa 250 partigiani nascosti tra queste montagne. Dopo le minacce ai vallepietrani, il comandante tedesco all’improvviso ricevette un messaggio radio e i soldati andarono via, con gli abitanti del paese che rivolsero subito gli occhi alla montagna e al santuario, per ringraziare la Trinità. E all’inizio della celebrazione un giovane del posto, dopo aver acceso il cero in segno di ringraziamento, ha letto alcune pagine del diario di Raffaele Reali, scritte dal figlio Luigino, che riportano appunto le concitate fasi di quel 1°maggio 1944. Episodio ricordato, sempre ad inizio celebrazione, anche da don Alberto Ponzi, stigmatizzando gli orrori pressoché quotidiani della guerra e invitando tutti ad essere «artigiani di pace, persone di comunione e di fraternità». Il rettore del santuario e parroco di Vallepietra, nel portare i saluti del vescovo Ambrogio Spreafico impegnato nella concomitante giornata di festa di Sant’Ambrogio patrono di Ferentino e della diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, così come i saluti del vescovo emerito Lorenzo Loppa, ha poi espresso il ringraziamento «a Dio Trinità per questo primo maggio che ci concede di ritrovarci qui insieme per chiedere sempre tanta luce e forza, per portare la gioia di Cristo risorto alle persone che incontriamo. Preghiamo gli uni per gli altri ma anche per tutti gli altri pellegrini che verranno qui, perché tutti possano fare un’esperienza forte di fede e comunione».Nel corso dell’omelia monsignor Ponzi ha poi rimarcato anche come il primo maggio si festeggi san Giuseppe e inizi il mese mariano: «Sono quindi tanti i motivi che ci spingono a ritrovarci attorno a questo altare, ad iniziare dalla preghiera per chiedere l’intercessione di san Giuseppe per tutti i lavoratori e le loro famiglie e per la sicurezza sui posti di lavoro, perché ognuno abbia a vivere con dignità. C’è poi l’inizio del mese mariano, con Maria che è la creatura tutta bella che ha fatto risplendere in pienezza l’immagine della Trinità, accogliendo il figlio di Dio; ed ecco allora che chiediamo l’intercessione di Maria perché ci aiuti sempre a fare spazio a suo figlio Gesù». Rifacendosi al brano del Vangelo sulla vite e i tralci, don Ponzi ha sottolineato come «tutti noi comprendiamo bene che se il tralcio vuole portare frutto deve restare legato alla vite, e deve anche accogliere le potature per rafforzarsi sempre più e per portare frutti. Il verbo che viene ripetuto più volte in questo brano è “rimanere”. E se noi rimaniamo in Gesù, se gli facciamo spazio, possiamo rendere veramente bella la nostra vita, essere persone buone, giuste, oneste, amabili, perché c’è la forza dello Spirito che il Signore ci dona. Il proposito che noi dobbiamo fare all’inizio di questa nuova stagione del santuario è quello di far risplendere l’immagine della Trinità: dobbiamo rimanere in Cristo, perché è lui che ci manifesta tenerezza, misericordia e l’amore di Dio nei nostri confronti. Le difficoltà le incontriamo tutti, le prove a volte sono croci pesanti, ma stare a contatto con Gesù ci permette di non scoraggiarci mai, di guardare avanti con fiducia. E mentre ringraziamo Dio Trinità, vogliamo chiedere la grazia di rispondere a Lui rimanendo in Cristo e portando gioia alle persone che ci mette accanto. Oggi c’è bisogno di tanta speranza e Cristo è la nostra speranza», si è avviato a concludere don Alberto Ponzi. di Igor Traboni (foto Bruno Calicchia)

Azione Cattolica “A braccia aperte”: il racconto di un’esperienza

L’evento nazionale “A Braccia Aperte” dell’Azione Cattolica, che si è svolto il 25 aprile in piazza San Pietro a Roma, ha rappresentato un momento di profonda spiritualità e condivisione per migliaia di persone provenienti da ogni angolo d’Italia. L’evento nazionale “A Braccia Aperte” dell’Azione Cattolica, che si è svolto il 25 aprile in piazza San Pietro a Roma, ha rappresentato un momento di profonda spiritualità e condivisione per migliaia di persone provenienti da ogni angolo d’Italia. Anche la diocesi di Anagni-Alatri, con i partecipanti che si sono alzati prima dell’alba e muovendo dai diversi paesi con più di 200 persone, si è diretta verso piazza San Pietro piena di entusiasmo, con l’assistente don Rosario Vitagliano, adulti, giovani e bambini e diversi assistenti parrocchiali. Dalla nostra diocesi, nei giorni precedenti, si sono resi disponibili anche dei volontari (giovani e adulti) che, distribuiti nei diversi punti, insieme a tanti altri volontari arrivati da tutta l’Italia, hanno aiutato il Centro nazionale per l’accoglienza delle diocesi. Il cuore dell’evento è stato l’incontro con Papa Francesco, durante il quale sono stati pronunciati messaggi di speranza e di misericordia. Il Papa ha accolto con gioia gli oltre 80 mila partecipanti provenienti da tutte le diocesi d’Italia, sottolineando l’importanza di vivere con il cuore aperto all’abbraccio misericordioso di Dio. Le sue parole hanno ispirato e confortato i presenti, invitandoli a mettere al centro delle loro vite l’amore e la misericordia. Le sue parole: «Il titolo che avete scelto per il vostro incontro è infatti “A braccia aperte”. L’abbraccio è una delle espressioni più spontanee dell’esperienza umana. La vita dell’uomo si apre con un abbraccio, quello dei genitori, primo gesto di accoglienza, a cui ne seguono tanti altri, che danno senso e valore ai giorni e agli anni, fino all’ultimo, quello del congedo dal cammino terreno. E soprattutto è avvolta dal grande abbraccio di Dio, che ci ama, ci ama per primo e non smette mai di stringerci a sé, specialmente quando ritorniamo dopo esserci perduti, come ci mostra la parabola del Padre misericordioso (cfr Lc 15,1- 3.11-32). Cosa sarebbe la nostra vita, e come potrebbe realizzarsi la missione della Chiesa senza questi abbracci? Perciò vorrei proporvi, come spunti di riflessione, tre tipi di abbraccio: l’abbraccio che manca, l’abbraccio che salva e l’abbraccio che cambia la vita.” La festa poi è continuata con degli ospiti di eccezione come Neri Marcorè e Giovani Caccamo che hanno animato la piazza, ma i protagonisti sono stati come sempre i ragazzi. Belle le testimonianze di giovani e adulti di AC che hanno accolto a loro volta dei giovani e ragazzi scappati dalla guerra in Ucraina, toccanti sono state le parole dei giovani e adulti dell’Emilia che, nonostante la grande tragedia dell’alluvione, si sono messi in gioco, diventando anche loro degli “angeli del fango”. Forte la testimonianza sulla pace del Cardinale Pizzaballa, direttamente da Gerusalemme. La festa poi è continuata con balli e canti animati dal coro di Avezzano. Dopo l’incontro con Papa Francesco, circa 600 delegati provenienti da ogni parte d’Italia si sono riuniti a Sacrofano, nella Domus Fraternae, per la 18ª Assemblea nazionale dell’Azione Cattolica che aveva come titolo “Testimoni di tutte le cose da lui compiute”. Durante questa assemblea, i delegati delle varie presidenze diocesane hanno lavorato intensamente sul documento assembleare, che diventerà poi documento per gli orientamenti triennali. Inoltre, i delegati sono stati chiamati a votare il nuovo consiglio nazionale, assumendo un ruolo chiave nell’orientare le attività dell’associazione. L’Assemblea nazionale non è stata solo un’occasione di lavoro intenso, ma anche di condivisione, riflessione e preghiera. Durante la giornata di venerdì, i partecipanti hanno vissuto una bellissima adorazione eucaristica presieduta dal cardinale Parolin. Durante questa toccante cerimonia, è stata annunciata con gioia la notizia che il beato Pier Giorgio Frassati sarà proclamato santo nel prossimo anno giubilare, un momento di grande gioia e di rinnovata ispirazione per tutti i presenti. Le giornate si sono aperte con la presenza dell’Assistente e di volta in volta dei cardinali Semereraro, Zuppi, Grech, Farrel. Durante l’Assemblea, il presidente nazionale della Azione Cattolica, Giuseppe Notarstefano, ha colto l’occasione per esprimere gratitudine a tutti i partecipanti, con parole toccanti, ha dichiarato: «Ringraziamo tutti coloro che hanno dato la disponibilità alla candidatura al Consiglio Nazionale, rendendo possibile questa competizione democratica. In Azione Cattolica vogliamo vivere e offrire una pratica della democrazia, perché dentro le regole della democrazia c’è l’attenzione al più debole. Da piazza San Pietro l’Azione Cattolica italiana ha scelto di allargare le braccia: nella stagione sinodale che stiamo attraversando e alla vigilia del Giubileo, l’associazione, in conclusione alla XVIII assemblea nazionale, desidera vivere in maniera significativa il tempo presente, tenendo a mente che non ci sono tempi buoni e cattivi, ma solo occasioni per vivere il proprio impegno a servizio del Vangelo nella Chiesa e nel paese». “A Braccia Aperte” ha offerto a migliaia di persone l’opportunità di rinnovare la propria fede, di incontrare il Santo Padre e di condividere esperienze e progetti per un impegno sempre più concreto nella testimonianza del Vangelo. L’abbraccio misericordioso di Dio continua ad essere al centro dell’azione e della vita dell’Azione Cattolica, che si conferma un importante punto di riferimento per la comunità ecclesiale e per la società italiana nel suo insieme. A cura della Presidenza diocesana di Azione Cattolica Il cuore dell’evento è stato l’incontro con Papa Francesco, durante il quale sono stati pronunciati messaggi di speranza e di misericordia. Il Papa ha accolto con gioia gli oltre 80 mila partecipanti provenienti da tutte le diocesi d’Italia, sottolineando l’importanza di vivere con il cuore aperto all’abbraccio misericordioso di Dio. Le sue parole hanno ispirato e confortato i presenti, invitandoli a mettere al centro delle loro vite l’amore e la misericordia. Le sue parole: «Il titolo che avete scelto per il vostro incontro è infatti “A braccia aperte”. L’abbraccio è una delle espressioni più spontanee dell’esperienza umana. La vita dell’uomo si apre con un abbraccio, quello dei genitori, primo gesto di accoglienza, a cui ne seguono tanti altri, che danno senso e valore ai giorni e agli anni, fino all’ultimo, quello

Progetto Caritas: la graduatoria provvisoria

Di seguito si rende nota la graduatoria provvisoria del progetto “Sosteniamoci e progettiamo” della Caritas diocesi Anagni-Alatri, per il bando di Caritas italiana del 22 dicembre 2023.