Via Crucis per giovani e giovanissimi: appuntamento ad Alatri, venerdì 11 aprile

La Pastorale giovanile, insieme a quella vocazionale, della diocesi di Anagni-Alatri – guidate rispettivamente da don Luca Fanfarillo e don Pierluigi Nardi – hanno organizzato la tradizionale Via Crucis per i giovani e i giovanissimi. L’appuntamento di quest’anno è ad Alatri per venerdì 11 aprile, con il punto di ritrovo fissato per le ore 21 in piazza Santa Maria Maggiore (piazza del Comune). Da qui i giovani muoveranno verso la Concattedrale di San Paolo (chiesa di Civita) attraversando le strade e i vicoli del centro storico di Alatri. La Via Crucis per i giovani e i giovanissimi – che ovviamente è aperta anche ai fedeli di tutte le età che vorranno unirsi – sarà arricchita da preghiere e riflessioni scritte dai ragazzi dei gruppi giovanili delle varie parrocchie e movimenti delle tre Foranie della diocesi.

Arte, fede e speranza: la monaca che dipinge per aiutare il suo monastero di clausura

Tele, tempere e pennelli dietro le grate della clausura, per dare lode al Signore attraverso l’esplosione dei colori e il richiamo al Creato, ma anche per aiutare le 27 consorelle di un monastero dove, per grazia, le vocazioni fioriscono, ma la cui pur necessaria conduzione economica non è delle più semplici. Eccola qui suor Maria Vittoria Giannicchi, monaca clarissa del monastero di Santa Chiara ad Anagni, 44 anni incastonati in un perenne contagioso sorriso e in una simpatica parlantina che ogni tanto richiama la sua origine ciociara: nata a Frosinone dove ha poi compiuto gli studi liceali, da una famiglia di Ceprano dove ha vissuto, prima di entrare in monastero a Ferentino e quindi, dopo la chiusura di questo, ad Anagni. E  prima, una giovane vita dalle mille esperienze, anche lontano dalla Chiesa. La “monaca scrittrice”, l’abbiamo definita in un precedente articolo, ricordando per l’appunto i libri che scrive e che hanno spesso trovato il favore dei lettori, ma ora dobbiamo aggiungere la dicitura di “monaca pittrice”, anche se per suor Maria Vittoria questa non è una novità, come lei stessa racconta, ricordando gli inizi dei classici disegnini a casa a 3 anni, quando però le altre bambine preferivano le bambole, e quindi la pittura affrontata seriamente già a 15 anni «ho imparato a dipingere ad olio, con le lezioni private, dal maestro d’arte, il pittore figlio d’arte, Vincenzo Pennestrì. All’epoca, inoltre, frequentavo a Frosinone il Liceo scientifico, indirizzo Brocca, e quindi con delle ore dedicate all’Arte. Ho iniziato anche a fare delle mostre, personali e collettive; ricordo la prima che è stata “Primavera in arte” a Ceprano. Poi tante a Roma, Frosinone, Fondi, Ceccano: più di 40, prima di entrare in monastero! Facevo soprattutto figurativo, ma più in avanti ho preferito una linea pop, con opere sempre con molta luce. Anche i miei studi, dopo il liceo, hanno seguito la strada artistica, visto che mi sono laureata in architettura e, volendo, potrei anche insegnare nelle scuole. Intanto affinavo la mia pittura, proprio grazie anche agli studi». Una volta entrata in monastero, a Ferentino, la passione non è venuta meno «e devo ringraziare la mia madre superiora di allora, suor Amata, che mi vide fare dei disegni un po’ sul genere astratto e mi disse: ma allora, perché non riprendi a dipingere dei quadri? Detto, fatto: mi comprò tele e tempere e iniziò la mia fase artistica dedicata per l’appunto all’astratto, con una esposizione permanente nel parlatorio di Ferentino. I ricavati delle vendite dei quadri erano destinati alla Comunità di Sant’Egidio, per la costruzione di scuole nel Mozambico». Una volta ad Anagni, suor Maria Vittoria ha continuato a dipingere ma… in privato «anche se qualcuno ogni tanto mi ha chiesto delle opere su commissione, in particolare alcuni quadri sulla maternità di Maria con il Bambino, che ho eseguito in stile figurativo, più moderno. Ma adesso, come detto, ho deciso di ricominciare a dipingere per vendere le mie opere e aiutare così il monastero. Qui siamo in 28, con diverse consorelle giovani provenienti soprattutto dall’America centrale, le necessità sono tante e contiamo sulla generosità dei lettori per fare un’opera di bene». Le nuove opere cui questa giovane monaca si sta dedicando riguardano soprattutto la bellezza del Creato e i racconti biblici: «Sì, i miei temi prendono spunto dai racconti biblici, come “L’ultima cena” che ho realizzato di recente, e vogliono aiutare a riflettere sul Creato che ci circonda, dall’acqua al fuoco alle stagioni, il tutto anche con quella visuale francescana che qui come Clarisse abbiamo ovviamente molto a cuore»– Tra l’altro, suor Maria Vittoria ha fondato e segue anche il gruppo di preghiera francescano “Pace e bene”, tra le mille attività di questa religiosa che qualche volta si può incrociare tra le strade di Anagni perché è la monaca che ha il permesso di andare all’esterno per le varie commissioni o incombenze del monastero e della comunità, dal pagamento delle bollette alle questioni sanitarie. Ma allora, come possiamo aiutare le monache di Anagni e impreziosire le pareti di casa di un dipinto di suor Maria Vittoria? Si può telefonare allo 0775/727670 e fissare un appuntamento, oppure mandare un messaggio whatsapp o sms al 3792660979 (suor Maria Chiara Cristiana) e intanto visitare e intanto dare un’occhiata al sito  https://atelierartevittoria.blogspot.com/ di Igor Traboni

Veglia di preghiera per i missionari martiri

Venerdì 28 marzo il vescovo Ambrogio Spreafico presiederà l’annuale veglia di preghiera per la Giornata dei missionari martiri, promossa dalle diocesi di Anagni-Alatri e di Frosinone-Veroli-Ferentino. Questo momento di preghiera si terrà nel Santuario della Madonna della Neve a Frosinone, con inizio alle 20.45. La Giornata è giunta alla sua edizione numero e quest’anno ha come tema “Andate e invitate”, in riferimento al brano del Vangelo di Matteo che ha accompagnato tutto l’ultimo ottobre missionario. Nella parabola raccontata da Gesù, questo rappresenta un comando che il re dà ai suoi servi nel momento in cui gli invitati non si presentano al banchetto e quindi decide di invitare tutti, anche coloro che stanno ai crocicchi delle strade. In particolare, la sottolineatura dei due verbi “andate” e “invitate” ci ricorda che, sull’esempio dei missionari, come ha scritto papa Francesco nel messaggio per la Giornata missionaria mondiale del 2024 «la missione è un andare instancabile verso tutta l’umanità per invitarla all’incontro e alla comunione con Dio. Instancabile! Dio, grande nell’amore e ricco di misericordia, è sempre in uscita verso ogni uomo per chiamarlo alla felicità del suo Regno, malgrado l’indifferenza o il rifiuto». In questo giorni, fa sapere Missio, l’organismo pastorale della Cei che organizza la Giornata, «vogliamo ricordare in particolare tutte le missionarie e i missionari che hanno donato la propria vita nell’annuncio del Vangelo e nel servizio ai prossimi. In questa giornata di preghiera e di solidarietà, la loro testimonianza di vita vissuta alla luce della Parola incarnata nella quotidianità delle genti con cui l’hanno condivisa, ci richiama a vivere la nostra fede con autenticità. L’esempio dei tanti missionari, testimoni di una vita piena, ci incoraggia nel rinnovare il nostro impegno nell’aiuto ai più bisognosi, nella lotta alle ingiustizie e nel prendere posizione davanti a atti di prepotenza, ricordandoci che anche nelle situazioni umane più drammatiche può accendersi una luce di Speranza. Questo giorno in cui tutta la comunità ricorda i propri missionari caduti coincide con il giorno dell’uccisione di san Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, avvenuta nel 1980. Il suo impegno accanto al popolo salvadoregno in lotta contro un regime indifferente alle condizioni dei più deboli e dei lavoratori e la sua figura così vicina e attenta agli ultimi, lo resero un punto di riferimento».

Padre Rosin e don Paciotta nel ricordo di tanti fedeli

Nel ricordo di due amati sacerdoti, che tanto hanno dato alla diocesi di Anagni-Alatri, sono state organizzate altrettante celebrazioni. Si tratta del gesuita padre Mario Rosin (nella foto) e del prete diocesano don Severino Paciotta. Padre Rosin, a lungo guida spirituale del seminario Leoniano di Anagni, formatore di tanti giovani, di Azione Cattolica e non solo, è stato ricordato nel centenario della nascita con la celebrazione di una Messa, domenica scorsa, nella chiesa di Sant’Angelo ad Anagni. Il giorno prima, sabato 15 marzo, gli amici di padre Rosin hanno organizzato una escursione sullo Scalambra, tra quelle montagne che il religioso tanto amava, con la celebrazione di una Messa in vetta. Padre Mario Rosin nacque a Piove di Sacco (Padova) il 16 marzo 1925, da una modesta famiglia, figlio unico di una madre divenuta ben presto vedova. Si trasferì a Roma nel Seminario dove affrontò gli studi classici e filosofici e nel 1945 entrò nella Compagnia di Gesù. Si laureò nel 1952. Il 9 luglio del 1955 venne ordinato sacerdote dal cardinal Micara nella chiesa del Gesù a Roma. Dopo un anno di ritiro spirituale a Fiesole , tornò ad Anagni. Qui insegnò filosofia e nel 1968 assunse il compito di direttore spirituale del Leoniano. La sua opera si concluse al mattino del 29 aprile del 1991, quando morì improvvisamente nell’atrio della cappella del seminario, mentre era a disposizione per le confessioni dei seminaristi. Tanti gli scritti che padre Rosin ha lasciato, comprese tante poesie di aneliti al Signore e all’Infinito, e questo pensiero, che di seguiti proponiamo proprio come una sorte di testamento spirituale del gesuita veneto: «Amare silenziosamente, nascostamente, senza mettere la firma personale di proprietà, quasi senza farsene accorgere, senza dirlo neppure a se stessi, lasciandosi cancellare dal tempo… Questo si che è morire! Di quella morte con Cristo che porta in gestazione la vita di molti». La comunità parrocchiale della contrada La Fiura di Alatri, invece, ricorda domenica 23 marzo don Severino Paciotta, a 20 anni dalla morte, con una Messa alle 11, nella chiesa di Santa Maria della Mercede, celebrata dal parroco don Alessandro Tannous. Proprio don Severino Paciotta il 17 agosto 1969 benedì e inaugurò la nuova chiesa de La Fiura, al posto del precedente piccolo edificio, chiesa che è stata poi ricostruita nei decenni successivi. La sua azione pastorale e la vicinanza ai fedeli è rimasta sempre nel cuore degli abitanti della popolosa contrada alatrense.

L’uomo della Sindone: ad Alatri incontro con don Domenico Repice

La Sindone è probabilmente la più misteriosa delle reliquie. La sua storia, le ricerche scientifiche, le analisi chimiche, la sua corrispondenza con i racconti della Passione, la tridimensionalità della immagine, gruppo sanguigno, pollini e tanto altro, danno di questo telo un mosaico di ricerche straordinario. Grazie ad una iniziativa della Associazione culturale Radici, il tutto verrà approfondito sabato 22 marzo, con inizio alle ore 18:15, nella chiesa della Santa Famiglia ad Alatri, con don Domenico Repice, uno dei massimi esperti di studi sindonici, teologo e presbitero della diocesi di Roma nonché autore di moltissimi volumi sulla Sindone. Cappellano anche dell’università Niccolò Cusano, è per l’appunto uno dei massimi esperti in Italia su tutta la storia ,il percorso storico e scientifico e il valore spirituale dell’immagine più importante della tradizione cristiana e della più studiata tra tutte le reliquie. Ad introdurre l’evento sarà il vicario della diocesi di Anagni – Alatri, monsignor Alberto Ponzi. Durante la lezione introduttiva agli studi sindonici ci sarà la proiezione del cortometraggio, a cura di Claudio Tofani, dal titolo “Figlio dell’Uomo”, mentre la confraternita di San Matteo esporrà alcuni abiti e simboli della processione religiosa del Venerdì Santo di Alatri.

Un giorno di grazia: il pellegrinaggio giubilare delle parrocchie delle zone Mole/Castello/Tecchiena

Non era un remake di “Berretti verdi”, il film con il leggendario John Wayne, e neppure una reminiscenza scolastica della poesia di Luigi Mercantini “La spigolatrice di Sapri”, eppure trecento giovani (e meno giovani), e forti, fortissimi, e gioiosi, gioiosissimi pellegrini, con il caratteristico berretto verde come segno distintivo, hanno “invaso” nella giornata di sabato 15 marzo prima la Basilica di San Paolo fuori le mura e quindi il colonnato e poi la Basilica di San Pietro per il pellegrinaggio giubilare interparrocchiale, organizzato dall’unità pastorale delle “parrocchie in comunione con Maria” (Laguccio, Mole Bisleti, Pignano, Sant’Emidio, Basciano), dalla parrocchia di Tecchiena e da quella di Tecchiena Castello, accompagnati dai parroci don Luca Fanfarillo e don Antonello Pacella e dal diacono Giovanni Straccamore, mentre don Giorgio Tagliaferri, impossibilitato a partecipare, ha comunque portato il suo saluto via telefono; preziosa anche l’opera dei vari laici – giovani e no – delle varie parrocchie per l’organizzazione e la logistica. Partiti intorno alle 8 dai piazzali delle rispettive chiese, preparandosi ulteriormente alla giornata con l’ausilio di un istruttivo pieghevole con info e notizie varie sul Giubileo e sull’indulgenza, i pellegrini hanno fatto dapprima tappa a San Paolo fuori le Mura. E qui è stata subito chiara l’impronta di grazia che poi tutta la giornata avrebbe avuto, così come di comunione e di cammino fraterno – uno dei significati di ogni pellegrinaggio – di una Chiesa universale. Per entrare in Basilica, infatti, si è fatta la fila insieme a tanti pellegrini dell’arcidiocesi di Milano, alla seconda giornata del loro pellegrinaggio giubilare a Roma. Ed è stato subito un piacevole e fraterno scambio di saluti, ben oltre gli scontati convenevoli, con l’innata simpatia e spontaneità ciociara che ha conquistato i lombardi, e di esperienze dettate dall’emozione e dalla grazia particolari di vivere un Giubileo e di attraversare, da lì a qualche minuto, la Porta Santa. Ed è stato anche piacevolmente bello vedere come, in “normalissima” fila insieme a tutti i fedeli, c’era anche monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, che tra l’altro poco prima avevamo notato aggirarsi sempre “normalmente” tra i bus in sosta per salutare questo o quel fedele. All’interno della Basilica, i pellegrini delle varie parrocchie della zona di Tecchiena si sono lasciati inebriare dalle bellezze artistiche della chiesa, con ogni singola opera che trasuda del Bello che deriva dall’Infinito. In molti si sono accostati al sacramento della Riconciliazione, approfittando anche del “dispiegamento” di sacerdoti e religiosi dell’arcidiocesi di Milano (circa 100 i confessori) disseminati in ogni angolo della Basilica, prima di concelebrare con monsignor Delpini, accolto peraltro con gioia da un po’ di… Ciociaria, ovvero dall’abate di San Paolo, dom Donato Ogliari, fino a due anni e mezzo fa abate di Montecassino. Dopo la visita, il tempo di un pranzo al sacco negli spazi esterni della Basilica, di un caffè e delle immancabili ciambelline al vino e poi tutti si nuovo sui torpedoni per raggiungere San Pietro, anche se con qualche problema di traffico per la concomitanza con lo sciamare dei tifosi irlandesi diretti all’Olimpico per la partita di rugby contro l’Italia e due manifestazioni politiche in piazza. Arrivati a San Pietro, in piazza e nelle vie adiacenti è stato possibile incrociare anche i pellegrini della parrocchia di Santa Maria Goretti di Frosinone, affidata ai sacerdoti di Nuovi Orizzonti, proprio mentre a poche decine di metri, nella libreria San Paolo di via della Conciliazione, don Davide Banzato, che di Nuovi Orizzonti è l’assistente spirituale, riceveva il “Premio Buone Notizie”, insieme a Lorena Bianchetti e Vincenzo Corrado. Superati con pazienza i necessari filtraggi delle forze dell’ordine, tutti dietro alla Croce per attraversare la Porta Santa della Basilica simbolo del centro della cristianità e sede della Cattedra di San Pietro e del Vescovo di Roma, papa Francesco, il cui pensiero ha accompagnato la preghiera di ogni pellegrino. In Basilica è stato possibile partecipare alla Messa delle 15, ancora con un altro tassello di comunione di Chiesa, per la concomitanza con il pellegrinaggio della diocesi campana di Ariano Irpino-Lacedonia, il cui vescovo monsignor Sergio Melillo ha presieduto la concelebrazione con molti sacerdoti della sua diocesi (significativamente anche il prete più anziano e quello più giovane) e i “nostri” don Antonello e don Luca. Anche il vescovo ha voluto ricordare, nell’omelia, il senso del pellegrinaggio, tanto più autentico in quanto erano partiti in piena notte dai loro paesi dell’Irpinia: un piccolo sacrificio, come le difficoltà della vita, da affrontare però con la fiaccola della Fede. Ma il presule campano ha voluto anche ribadire il significato pieno di quella “speranza”, che fa da filo conduttore al Giubileo 2025, e di come l’invito di questo anno particolare è quello alla riconciliazione e alla rinascita spirituale. Dopo la Messa, tutti di nuovo in fila anche per uscire, e solo a questo punto una pioggerellina si è fatta presente, dopo una giornata meteo comunque piacevole, tale però da impedire la riuscita della classica foto di gruppo sul sagrato della Basilica. Poco male, però, perché in tantissimi hanno poi inondato i social e i gruppi whatsapp di bellissime immagini e video di una giornata di grazia piena, autentica, vera. Da continuare a vivere ora ogni giorno, da trasmettere agli altri, anche ai “lontani” e, perché no?, da rivivere anche in altri futuri pellegrinaggi da organizzare, secondo la richiesta che è poi arrivata da tanti fedeli. Igor Traboni

Legalità e bene comune: tanti gli spunti dal confronto promosso da Azione Cattolica

Si è tenuto nel pomeriggio di lunedì 10 marzo, presso il Centro pastorale di Fiuggi, il convegno promosso dall’Azione Cattolica diocesana sul tema “Legalità e bene comune”, in cammino sulla strada tracciata dalla 50° Settimana Sociale dei Cattolici Italiani svoltasi a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024. La presidente dell’Azione Cattolica di Anagni-Alatri, Concetta Coppotelli, ha introdotto il convegno sottolineando il significato dell’iniziativa, ovvero un segno tangibile di quanto sia più importante avviare dei processi che possano portare con i giusti tempi ad un cambiamento, piuttosto che occupare spazi, un atteggiamento quest’ultimo dominante nell’agire politico contemporaneo.  La politica non può essere relegata a una dimensione teorica e distante, ma deve essere vissuta come un impegno quotidiano per migliorare la società. La formazione politica non deve essere vista come un privilegio per pochi, ma come una necessità per tutti coloro che desiderano contribuire al bene comune, soprattutto per i giovani. La presidente di Ac ha quindi citato il beato Giuseppe Toniolo e il suo pensiero sulla democrazia, ricordando quanto sia necessario tornare ad abitare nuovi luoghi, dove fede e impegno pubblico possano dialogare senza contrapposizioni, dando forma concreta alla costruzione del bene comune. Ha voluto ringraziare i tanti partecipanti che gremivano la sala, il vescovo Ambrogio Spreafico, le autorità politiche e militari presenti e i relatori che hanno accolto l’invito: il vescovo di Verona Domenico Pompili e il dottor Roberto Maria Sparagna, magistrato della Direzione Nazionale Antimafia. A moderare il convegno l’avvocato Daniele Bruno, della Fondazione Giovanni Paolo II per la Gioventù, Ente strumentale del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, il quale ha avviato il confronto ricordando i temi centrali affrontati a Trieste: lo stato attuale della democrazia e la partecipazione attiva dei cittadini colpita dal crescente fenomeno dell’astensionismo elettorale.  Proprio a questo proposito ha spiegato come il Magistero della Chiesa non vuole esercitare un potere politico né eliminare la libertà d’opinione dei cattolici su questioni contingenti, ma istruire e illuminare la coscienza dei fedeli, soprattutto di quanti si dedicano all’impegno nella vita politica, perché il loro agire sia sempre al servizio della promozione integrale della persona e del bene comune. Il vescovo Ambrogio Spreafico sul tema della partecipazione e del contributo dei cristiani alla vita politica, ha voluto ricordare come i cristiani rappresentano un “noi” nel trionfo attuale dell’”io” e come basterebbe recuperare pienamente questa consapevolezza per capovolgere la realtà del nostro tempo; da questo stesso principio deriva infatti il rispetto delle regole che è direttamente collegato a volere il bene dell’altro. «Noi siamo un noi – ha detto tra l’altro Spreafico – e il ritrovarci insieme è la prima risposta che possiamo dare al bisogno di partecipazione; se non lo fai, vuol dire che non ti interessa il bene dell’altro. E la partecipazione nasce da una cultura, da un modo di pensare. E’ necessario coltivare e far crescere la cultura del “noi”, anche nelle nostre comunità». Il magistrato Roberto Sparagna si è espresso sul tema della legalità, tema inflazionato, ma che riguarda tutti e non solo gli operatori di giustizia. Legalità vuol dire osservare la legislazione vigente. La parola “legale” viene da legge, qualcosa che lega ovvero vincola e l’aspetto positivo di questa accezione è che la legalità presuppone l’unione con gli altri, “dove c’è società umana lì troverai il diritto, la legalità”. Citando Aristotele ha ricordato come “l’uomo è un animale sociale che comunica con gli altri”, ma l’uomo di oggi ha perso la sua qualità di essere uomo sociale parlante. I concetti di società, legalità e uomo sono fortemente connessi. La legalità ha bisogno di regole a diverse scale sociali che, se non sono rispettate, comportano per i trasgressori una sorta di estromissione dalla comunità: dalla famiglia allo Stato, fino ad arrivare alle organizzazioni sovranazionali. Le leggi per essere giuste devono rispettare dei principi fondanti e questi valori li ritroviamo nella Costituzione italiana (uomo come fine e non come mezzo, diritti e doveri della persona,  il diritto di voto per l’esistenza stessa della nostra comunità, il lavoro e la dignità che ne deriva, il principio di uguaglianza ecc.). La legge è paragonabile al vincolo di una fune che tiene unita tutta una comunità, ma occorre nominare chi la faccia rispettare e se qualcuno se ne approfitta il legame si scioglie e la fune viene tagliata. Sparagna ha poi raccontato la sua esperienza come magistrato nell’Operazione Minotauro, condotta contro la ‘ndrangheta in Piemonte, e come uno dei maggiori indagati abbia deciso di pentirsi e diventare un collaboratore di giustizia dopo averlo conosciuto. Un episodio fondamentale che attesta in modo indelebile l’importanza di rispettare la dignità delle persone con le quali abbiamo a che fare anche se hanno commesso dei reati gravi, perché la giustizia può ricucire il legame sociale reciso dalla trasgressione delle regole e raddrizzare le coscienze deviate.  Ha poi testimoniato l’impatto nella sua vita della scelta di seguire la legalità ovvero essere costretto a vivere sotto scorta con tante limitazioni per la sua vita privata. Il vescovo di Verona Domenico Pompili ha parlato del rapporto tra giustizia e carità individuando nella figura di Gesù la differenza tra la giustizia terrena e la giustizia di Dio. La carità porta a compimento la giustizia e il Magistero della chiesa lo ricorda ai cattolici già nella Rerum Novarum di Leone XIII fino a Papa Francesco in Fratelli Tutti, sottolineando la connessione tra legalità e fratellanza. Dai tempi della Rivoluzione francese libertà, uguaglianza e fraternità sono state adoperate in modo non unitario e una ha finito di prevalere sull’altra generando ideologie estremiste e i totalitarismi. Ha ricordato come il Vangelo può trasformare la realtà e come oggi manchi nella società un pensiero critico che va assolutamente recuperato sull’esempio del cristianesimo sociale dell’800 a Verona, quando sacerdoti e religiosi istituirono scuole, luoghi di cura e banche di credito cooperativo attraverso la loro presenza nei gangli della società del loro tempo e della loro città. Ha criticato l’atteggiamento di chi identifica le vittime con i colpevoli, stigmatizzando la mentalità per cui “i poveri se la sono

50° di ordinazione sacerdotale del vescovo Ambrogio

Dodici aprile 1975: Ambrogio Spreafico viene ordinato presbitero a Roma. Le diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino, in preghiera e in segno di ringraziamento al Signore, si stringono attorno al loro Vescovo nel 50° di ordinazione sacerdotale. Per l’occasione, domenica 6 aprile il vescovo Ambrogio presiederà la celebrazione eucaristica nell’abbazia di Casamari, con inizio alle ore 16.

Miracolo eucaristico di Alatri: le celebrazioni

Giovedì 13 marzo la comunità di Alatri e la diocesi tutta fanno memoria del miracolo dell’Ostia incarnata, uno dei pochi miracoli eucaristici riconosciuto come tale in tutta Italia. Nel manifesto trovate tutte le indicazioni per le celebrazioni nella Concattedrale di San Paolo (Civita).

Alatri: studenti alla scoperta del miracolo eucaristico

Martedì 11 marzo gli alunni di terza media della classe 3A dell’Istituto comprensivo Alatri 1, accompagnati dal professore di religione Gabriele Ritarossi e dalla professoressa Lucretia Mailat e accolti dal parroco don Walter Martiello, hanno visitato la Concattedrale di Alatri e il miracolo eucaristico alla vigilia dell’anniversario del prodigioso evento, avvenuto il 13 marzo 1228. Gli alunni, durante l’ora di religione in classe, avevano approfondito storicamente la genesi del miracolo eucaristico, insieme alla figura del beato Carlo Acutis, che in un suo libro si è occupato anche di quanto avvenuto ad Alatri. Inoltre, i ragazzi in classe avevano avuto modo di realizzare in cooperative learning un lavoro di produzione sul giubileo e sulla chiesa giubilare della Concattedrale di Alatri. Gli alunni sono rimasti colpiti dal vedere da vicino l’Ostia mutata in viva carne e non sono mancate delle domande anche attorno alla Basilica Concattedrale, che molti conoscevano appena. Durante la visita gli alunni hanno approfondito la bolla di Papa Gregorio del 13 marzo 1228 e la realizzazione del reliquiario. L’attività ha inoltre consentito ai ragazzi di approfondire meglio la storia e la cultura religiosa della città di Alatri. (nella foto, studenti e docenti sul sagrato della Concattedrale)

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