La reliquia di Carlo Acutis accolta a Fumone
«Davanti al sole ci si abbronza, ma davanti all’Eucarestia si diventa Santi»: queste le parole del beato Carlo Acutis, che in questo anno giubilare sarà dichiarato Santo. Quale “previlegio” e quale “onore”, come anche che grande “onere” per la nostra comunità di Fumone accogliere, domenica 12 gennaio, nella parrocchia di San Paolo Vi e San Pietro Celestino V, la reliquia del beato Carlo Acutis. (nella foto, mentre viene mostrata dal parroco don Roberto Martufi) La sua biografia abbastanza breve ma intensa, perché morto giovanissimo all’età di 16 anni. Come tutti i ragazzi degli anni 2000, si affacciò alla vita con tutte le sue passioni e i sogni, adoperandosi per il prossimo e coltivando un “AMORE” particolare per l’Eucaristia (definita da lui «L’AUTOSTRADA PER IL CIELO»). Come si può diventare santi così giovani? Forse un marziano? Un invasato? Queste le domande, come tante altre, che hanno attraversato i nostri cuori, facendo accorrere tante persone che, con gli occhi lucidi dall’emozione, hanno accolto in processione la teca, a forma di Tau, contenente un ciuffo dei capelli del beato Carlo Acutis. Ti ringraziamo Signore per questa “grazia”. Il beato Carlo Acutis faccia crescere nella nostra comunità giovani e adulti che si “nutrano” dell’Eucaristia, l’autostrada che ci porta a TE!! a cura delle parrocchie Fumone
A Fumone una reliquia di Carlo Acutis, modello di santità per i giovani
Da domenica 12 gennaio 2025 una reliquia del corpo del Beato Carlo Acutis sarà esposta, in maniera permanente, alla venerazione dei fedeli nella chiesa San Pietro Celestino e San Paolo VI a Fumone, in località Pozzi. Un dono che la comunità fumonese suggellerà con una Messa alle 11.30, celebrata dal parroco don Roberto Martufi e che peraltro, proprio per sottolineare l’importanza dell’evento, sarà anche l’unica celebrata nella giornata in questa e nell’altra chiesa parrocchiale del paese. Si tratta di una reliquia cosiddetta “di primo grado”, ovvero resti sacri (corpi interi, ossa, capelli, sangue, carne, ecc) di figure di dichiarata santità, il che rende ancora di più l’idea del grande dono che viene fatto alla comunità di Fumone e a quanti vorranno recarsi nella chiesa di Pozzi per venerare la reliquia di Carlo Acutis(nello specifico, si tratta di alcuni capelli appartenuti al giovane morto in odore di santità).«La richiesta di questa reliquia – spiega il parroco, don Roberto Martufi – è stata motivata proprio dal desiderio della comunità dei fedeli, perché anche attraverso questo segno si possa scoprire sempre di più la forza della preghiera e l’importanza della vita di fede, in particolare tra i giovani», che peraltro a Fumone costituiscono una bella realtà intorno alle parrocchie.La figura di Acutis, morto a soli 15 anni e le cui spoglie riposano ora ad Assisi, è infatti particolarmente cara ai giovani di tutto il mondo e papa Francesco lo ha indicato loro come «modello di santità dell’era digitale». E nel Giubileo degli adolescenti, in aprile, ci sarà la canonizzazione di Acutis. «Anche in vista della canonizzazionedi san Carlo Acutis – aggiunge don Martufi – pensiamo di organizzare qualche evento per i giovani».
L’Alberghiero di Fiuggi, i corsi nel carcere di Frosinone e un presepe di pasta frolla donato al Vescovo
Lo hanno preparato per un mese intero, pezzetto dopo pezzetto, con tutta la maestria che impone l’utilizzo di ingredienti particolari: farina, uova, zucchero a velo e con la magia dell’immancabile cioccolato. Ma soprattutto con il desiderio di donare il presepe di pasta frolla, così creato, ad un ospite particolare: il vescovo Ambrogio Spreafico che, come ogni anno, anche nelle scorse festività natalizie è andato a portare gli auguri a tutto il personale e ai detenuti della Casa circondariale di Frosinone. E proprio questi ultimi, che nel carcere di via Cerreto frequentano le classi dell’Alberghiero della sede distaccata dell’Istituto Buonarroti di Fiuggi, hanno preparato – seguiti nei minimi particolari dall’insegnante Maria Gabriella Venditti – il delizioso presepe di pasta frolla, opera di alta pasticceria che è stata particolarmente gradita da monsignor Spreafico. Il presepe è stato poi esposto nel periodo delle festività natalizie – anche come una vera e propria opera d’arte – nella Cattedrale di Frosinone, per volere del parroco, don Paolo Cristiano, che ha accompagnato il vescovo durante la visita assieme al cappellano del carcere, ai volontari della Comunità di Sant’Egidio e della Pastorale carceraria e dagli Scout del Distretto Fse di Frosinone. Sono ben 10 anni che l’Istituto Alberghiero di Fiuggi è presente con i suoi corsi tra “i ragazzi di via Cerreto”, come recita la targhetta apposta al presepe di pasta frolla donato al Vescovo, una esperienza che attualmente sta coinvolgendo una trentina di detenuti, suddivisi in tre classi che si alternano tra lezioni in aula e il laboratorio pratico. Al termine dei vari cicli di studi, gli ospiti della casa circondariale possono quindi sostenere un esame di qualifica, con una commissione ad hoc che si reca in carcere, oppure la maturità, sostenendo l’esame presso la sede di Fiuggi. Questa esperienza, fortemente caldeggiata dalla dirigente professoressa Maria Rosaria Villani, in questo decennio ha aiutato decine di detenuti nel percorso di reinserimento sociale e lavorativo una volta scontato il debito con la giustizia. Ed ecco così alcune storie emblematiche, come quella del detenuto adulto (la maggior parte di questi studenti ha più di 50 anni e per il 50% si tratta dii stranieri) che, una volta uscito dal carcere, è stato assunto in una pizzeria di un paese del Lazio dal figlio, grazie alla qualifica da pizzaiolo conseguita proprio in via Cerreto. Igor Traboni
Diventa Beato don Giovanni Merlini, il missionario che guidò Maria De Mattias
Domenica 12 gennaio 2025 la Chiesa proclama Beato il Venerabile don Giovanni Merlini, missionario del Preziosissimo Sangue, congregazione fondata nel 1815 da san Gaspare del Bufalo, romano, solo nove anni più grande del Merlini. Don Giovanni Merlini nasce a Spoleto il 28 agosto 1795; riceve l’ordinazione sacerdotale il 19 dicembre 1818. Quando il giorno seguente celebra la sua prima Messa, il popolo presente commenta: “Oggi la chiesa sembrava un paradiso! Ha detto la Messa un santo”. Solo 2 anni dopo partecipa agli esercizi spirituali predicati a Giano dell’Umbria da don Gaspare del Bufalo, già in fama di santità. I santi si riconoscono non appena si incontrano: Merlini rimane profondamente colpito, subito, da don Gaspare e viceversa, a tal punto che lo desidera come compagno nella sua missione, quella di annunciare la bella notizia che Dio ha tanto amato il mondo da sacrificare il Figlio fino al dono della vita in croce, dove ha versato tutto il suo sangue per la nostra redenzione. Passano solo due mesi e il Merlini ha già deciso di lasciare Spoleto per predicare insieme ai missionari del Preziosissimo Sangue. A 28 anni, cioè nel 1824, già famoso per le sue predicazioni, il Merlini viene mandato da san Gaspare a Vallecorsa (Frosinone) a predicare il Quaresimale. Qui incontra una giovane di 19 anni, Maria De Mattias che, nella missione popolare predicata da san Gaspare due anni prima, ne era rimasta affascinata per le conversioni avvenute in un paese covo e roccaforte di briganti. Di qui lo sbocciare del desiderio di voler seguire le sue orme. Questa doveva essere la sua strada; ma l’essere donna non le avrebbe permesso di percorrerla, di qui due anni di crisi e discernimento senza avere una persona che potesse illuminarla. Per di più stava imparando da sola a leggere: mentre il padre era un uomo colto e i due fratelli studiavano, alle donne era proibito anche il saper leggere. Anche don Giovanni Merlini suscita in Maria De Mattias una grande stima e a lui apre il suo cuore. Vallecorsa e tutto il Lazio del sud è infestato dal brigantaggio e san Gaspare ritiene che necessiti un ramo femminile che li affianchi per la formazione della donna, con lo stesso spirito e la stessa anima. Don Giovanni Merlini intuisce che Maria De Mattias è chiamata da Dio a questa missione nel mondo. La guiderà da quel momento per tutta la vita, per 42 anni. Per dieci anni si aspetta che Dio dia i segni, mentre ella si esercita con le giovani di Vallecorsa, fin quando il Vescovo di Ferentino e amministratore di Anagni la chiama ad Acuto per iniziare una scuola per le fanciulle. Lei gli pone il progetto di fondazione di un Istituto per questo stesso fine ed egli la incoraggia a realizzarlo. Il 4 marzo 1834 si dà l’avvio all’Opera. Dopo un anno già alcune alunne chiedono di vivere con la maestra perché vogliono prepararsi a svolgere la stessa missione. Le vocazioni non mancano. Alla morte di Maria De Mattias nel 1866 esse operano nel Lazio, nell’Abruzzo, nel Regno di Napoli, in Germania e in Inghilterra. Ora le figlie di Maria De Mattias sono in tutti i continenti, in 27 nazioni. Tra le sue figlie ce n’è una speciale: suor Serafina Cinque, nata nel 1813 da genitori di Sapri, ma emigrati in Amazzonia. Nel 1947 diviene una Adoratrice del Sangue di Cristo. Dai contemporanei fu detta “la madre Teresa dell’Amazzonia”. Il 27 gennaio 2014 viene firmato il decreto di Venerabilità da Papa Francesco riconoscendole l’esercizio delle virtù eroiche. Senza l’intuito di don Giovanni Merlini non avremmo avuto uno spaccato della storia della Chiesa e civile a livello mondiale. I santi si riconoscono tra loro! Suor Maria Paniccia, ASC
Dialogo cattolici-ebrei: incontro con Spreafico e Giuliani
Le Diocesi di Anagni-Alatri e di Frosinone-Veroli-Ferentino hanno organizzato un incontro nell’ambito della Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, che si celebra ogni anno il 17 gennaio e che nel 2025 giunge alla XXXVI edizione. L’incontro avrà per tema “Pellegrini di speranza”, con gli interventi di monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino, e del prof. Massimo Giuliani, docente di pensiero ebraico all’Università di Trento. L’appuntamento, aperto a tutti, è per martedì 14 gennaio, alle ore 18, presso l’Auditorium diocesano di Frosinone (viale Madrid, accanto alla chiesa di San Paolo). I due relatori prenderanno spunto da “Decostruire l’antigiudaismo cristiano” un testo pubblicato nel 2023 dalla Conferenza episcopale francese e ora tradotto in italiano, con la prefazione di mons. Ambrogio Spreafico. Nel giugno 2023, quando la Conferenza episcopale francese pubblicava quello che nella premessa all’edizione originale viene definito un «manuale», non si poteva immaginare ciò che sarebbe accaduto qualche mese dopo, il 7 ottobre dello stesso anno, ovvero la strage compiuta da Hamas vicino a Gaza e la conseguente risposta di Israele. Dopo questo terribile evento, come osserva il vescovo Ambrogio Spreafico nell’introduzione all’edizione italiana del libro, «l’antigiudaismo e l’antisemitismo sono così cresciuti» che solo «un rinnovato impegno della Chiesa cattolica per riscoprire le radici ebraiche della sua fede e per stabilire un dialogo fraterno con il popolo ebraico» può «preservarci dall’accondiscendere al clima di odio e di violenza che respiriamo»
“Sii te stesso!”: 37 giovani della diocesi immersi in due giorni di spiritualità
“Sii te stesso!” è stato il tema trattato nei due giorni di spiritualità per giovanissimi tenutisi ad Albano Laziale, presso i Missionari del Preziosissimo Sangue, dal 27 al 29 dicembre 2024. L’iniziativa ha visto impegnati l’Azione Cattolica diocesana in collaborazione con le Suore Adoratrici del Sangue di Cristo, l’Ufficio Catechistico diocesano e la Pastorale giovanile diocesana. Hanno partecipato all’iniziativa 37 giovanissimi delle scuole superiori della diocesi di Anagni-Alatri, provenienti da Alatri, Fiuggi, Anagni e Fumone. Sotto la guida di don Gianluigi Corriere e degli educatori, i giovani hanno potuto riflettere sul loro personale modo di essere se stessi. Confrontandosi con la determinazione di Gesù di Nazareth, nel rimanere fedele alla missione affidatagli dal Padre, e con la bellezza dell’atto creativo, riportato in Genesi, i giovani sono stati richiamati a concepire la “libertà” come responsabilità del “Bene”. Il perseguimento del “Bene” può rendere felici in pienezza e ricostituire l’originaria “armonia”. Nei due giorni passati insieme non sono mancati momenti ricreativi e di fraternità sentita, sia con visite per la città di Albano Laziale e sia con animazioni serali. I giovanissimi hanno apprezzato il tema trattato e i momenti di fraternità, come testimoniano alcune delle loro risonanze: «È stata un’esperienza molto costruttiva, veramente profondi i momenti di preghiera e le riflessioni guidate dal sacerdote»; «La mia esperienza ad Albano è stata davvero positiva. Mi sono trovata molto bene sia con gli educatori, che sono stati sempre disponibili, sia con gli altri ragazzi. L’ambiente era molto accogliente, e ho avuto l’opportunità di imparare cose nuove. È stata un’esperienza molto formativa, che mi ha arricchito sotto diversi aspetti»; «Sono stati due giorni brevi ma intensi. Le attività che abbiamo svolto ci hanno aiutato a riflettere e a fare dei passi in avanti con il nostro rapporto con la fede. Ovviamente non sono mancati anche i momenti di divertimento insieme e le risate, con giochi, balli di gruppo, scherzi durante il pranzo e la cena… Insomma fare le ore piccole non è stato un problema visto che questo mini campo è stato il miglior modo di chiudere il 2024»; «L’esperienza è stata formativa soprattutto per i lavori di gruppo perché il confronto con gli altri è stato altamente stimolante». Significativa è stata anche la partecipazione dei giovani alla celebrazione dell’apertura dell’anno giubilare ad Anagni, svoltasi domenica 29 dicembre 2024, al termine della quale il vescovo Ambrogio Spreafico ha salutato i giovani e, richiamando il tema trattato nei due giorni passati ad Albano, li ha sollecitati ad un rinnovato impegno nel costruire comunione attraverso le relazioni. “L’unione fa la forza” … è un proverbio che bene rende l’importanza di mettersi in rete nel rispondere all’emergenza educativa. Suor Cleopatra Subiaco, ASC (nella foto, l’incontro dei giovani con il vescovo Ambrogio ad Anagni, al termine dell’apertura dell’anno giubilare)
Giornata mondiale della Pace, il messaggio di Papa Francesco
Questo il testo del Messaggio di Papa Francesco per la 58ª Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio 2025 sul tema “Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace”. I. In ascolto del grido dell’umanità minacciata 1. All’alba di questo nuovo anno donatoci dal Padre celeste, tempo Giubilare dedicato alla speranza, rivolgo il mio più sincero augurio di pace ad ogni donna e uomo, in particolare a chi si sente prostrato dalla propria condizione esistenziale, condannato dai propri errori, schiacciato dal giudizio altrui e non riesce a scorgere più alcuna prospettiva per la propria vita. A tutti voi speranza e pace, perché questo è un Anno di Grazia, che proviene dal Cuore del Redentore! 2. Nel 2025 la Chiesa Cattolica celebra il Giubileo, evento che riempie i cuori di speranza. Il “giubileo” risale a un’antica tradizione giudaica, quando il suono di un corno di ariete (in ebraico yobel) ogni quarantanove anni ne annunciava uno di clemenza e liberazione per tutto il popolo (cfr Lv 25,10). Questo solenne appello doveva idealmente riecheggiare per tutto il mondo (cfr Lv 25,9), per ristabilire la giustizia di Dio in diversi ambiti della vita: nell’uso della terra, nel possesso dei beni, nella relazione con il prossimo, soprattutto nei confronti dei più poveri e di chi era caduto in disgrazia. Il suono del corno ricordava a tutto il popolo, a chi era ricco e a chi si era impoverito, che nessuna persona viene al mondo per essere oppressa: siamo fratelli e sorelle, figli dello stesso Padre, nati per essere liberi secondo la volontà del Signore (cfr Lv 25,17.25.43.46.55). 3. Anche oggi, il Giubileo è un evento che ci spinge a ricercare la giustizia liberante di Dio su tutta la terra. Al posto del corno, all’inizio di quest’Anno di Grazia, noi vorremmo metterci in ascolto del «grido disperato di aiuto» [che, come la voce del sangue di Abele il giusto, si leva da più parti della terra (cfr Gen 4,10) e che Dio non smette mai di ascoltare. A nostra volta ci sentiamo chiamati a farci voce di tante situazioni di sfruttamento della terra e di oppressione del prossimo[. Tali ingiustizie assumono a volte l’aspetto di quelle che S. Giovanni Paolo II definì «strutture di peccato»], poiché non sono dovute soltanto all’iniquità di alcuni, ma si sono per così dire consolidate e si reggono su una complicità estesa. 4. Ciascuno di noi deve sentirsi in qualche modo responsabile della devastazione a cui è sottoposta la nostra casa comune, a partire da quelle azioni che, anche solo indirettamente, alimentano i conflitti che stanno flagellando l’umanità. Si fomentano e si intrecciano, così, sfide sistemiche, distinte ma interconnesse, che affliggono il nostro pianeta. Mi riferisco, in particolare, alle disparità di ogni sorta, al trattamento disumano riservato alle persone migranti, al degrado ambientale, alla confusione colpevolmente generata dalla disinformazione, al rigetto di ogni tipo di dialogo, ai cospicui finanziamenti dell’industria militare. Sono tutti fattori di una concreta minaccia per l’esistenza dell’intera umanità. All’inizio di quest’anno, pertanto, vogliamo metterci in ascolto di questo grido dell’umanità per sentirci chiamati, tutti, insieme e personalmente, a rompere le catene dell’ingiustizia per proclamare la giustizia di Dio. Non potrà bastare qualche episodico atto di filantropia. Occorrono, invece, cambiamenti culturali e strutturali, perché avvenga anche un cambiamento duraturo. II. Un cambiamento culturale: siamo tutti debitori 5. L’evento giubilare ci invita a intraprendere diversi cambiamenti, per affrontare l’attuale condizione di ingiustizia e diseguaglianza, ricordandoci che i beni della terra sono destinati non solo ad alcuni privilegiati, ma a tutti. Può essere utile ricordare quanto scriveva S. Basilio di Cesarea: «Ma quali cose, dimmi, sono tue? Da dove le hai prese per inserirle nella tua vita? […] Non sei uscito totalmente nudo dal ventre di tua madre? Non ritornerai, di nuovo, nudo nella terra? Da dove ti proviene quello che hai adesso? Se tu dicessi che ti deriva dal caso, negheresti Dio, non riconoscendo il Creatore e non saresti riconoscente al Donatore». Quando la gratitudine viene meno, l’uomo non riconosce più i doni di Dio. Nella sua misericordia infinita, però, il Signore non abbandona gli uomini che peccano contro di Lui: conferma piuttosto il dono della vita con il perdono della salvezza, offerto a tutti mediante Gesù Cristo. Perciò, insegnandoci il “Padre nostro”, Gesù ci invita a chiedere: «Rimetti a noi i nostri debiti» (Mt 6,12). 6. Quando una persona ignora il proprio legame con il Padre, incomincia a covare il pensiero che le relazioni con gli altri possano essere governate da una logica di sfruttamento, dove il più forte pretende di avere il diritto di prevaricare sul più debole. Come le élites ai tempi di Gesù, che approfittavano delle sofferenze dei più poveri, così oggi nel villaggio globale interconnesso], il sistema internazionale, se non è alimentato da logiche di solidarietà e di interdipendenza, genera ingiustizie, esacerbate dalla corruzione, che intrappolano i Paesi poveri. La logica dello sfruttamento del debitore descrive sinteticamente anche l’attuale “crisi del debito”, che affligge diversi Paesi, soprattutto del Sud del mondo. 7. Non mi stanco di ripetere che il debito estero è diventato uno strumento di controllo, attraverso il quale alcuni governi e istituzioni finanziarie private dei Paesi più ricchi non si fanno scrupolo di sfruttare in modo indiscriminato le risorse umane e naturali dei Paesi più poveri, pur di soddisfare le esigenze dei propri mercati. A ciò si aggiunga che diverse popolazioni, già gravate dal debito internazionale, si trovano costrette a portare anche il peso del debito ecologico dei Paesi più sviluppati. Il debito ecologico e il debito estero sono due facce di una stessa medaglia, di questa logica di sfruttamento, che culmina nella crisi del debito. Prendendo spunto da quest’anno giubilare, invito la comunità internazionale a intraprendere azioni di condono del debito estero, riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo. È un appello alla solidarietà, ma soprattutto alla giustizia. 8. Il cambiamento culturale e strutturale per superare questa crisi avverrà quando ci riconosceremo finalmente tutti figli del Padre e, davanti a Lui, ci confesseremo tutti debitori, ma anche tutti necessari l’uno all’altro, secondo una logica di responsabilità
Apertura del Giubileo in diocesi: l’omelia del vescovo Ambrogio
Sorelle e fratelli,siamo saliti verso la cattedrale come pellegrini, come gli uomini e le donne che salivano al tempio di Gerusalemme per incontrarsi con il Signore. Il Vangelo ci racconta che i genitori di Gesù usavano anche loro salire a Gerusalemme per la Pasqua. Salire verso il Signore, uscendo da se stessi. Salire insieme, come popolo, comunità. Ecco il primo grande dono del Giubileo: riscoprire e gustare la gioia di uscire da se stessi per essere insieme in un mondo diviso, dove la solitudine frantuma le relazioni. Insieme rinnoviamo la nostra fede nella forza di amore del nostro Dio, cifacciamo guidare da Gesù che nel Natale ci ha dato la speranza di un nuovo inizio. Pellegrini di speranza è ciò che deve caratterizzare questo anno che iniziamo con gioia.Giunti davanti al Signore riconosciamo le nostre fragilità e il nostro peccato. Infatti, il giubileo è ilgrande tempo del perdono di Dio e della remissione dei debiti: ognuno secondo la Bibbia tornava inpossesso di ciò che aveva perduto. Questo è anche il significato più vero dell’indulgenza plenaria.Di solito ci riteniamo creditori nei confronti degli altri. Crediamo che c’è sempre qualcuno che cideve qualcosa: attenzione, considerazione, affetto, e molto altro. Oggi scopriamo un’altra parte dinoi stessi: essere in debito con Dio, ma anche con gli altri. Riflettiamo allora: cosa avremmo potutofare per qualcuno e non lo abbiamo fatto? Oggi il Signore ci ricorda il debito verso di lui non perfarci sentire in colpa, ma perché possiamo gioire del suo perdono e così pentirci di tutto quello chenon abbiamo fatto o abbiamo fatto di male, per rendere più bella la nostra vita, essere capaci comelui di voler bene, perdonare, restituire il bene ricevuto, amare con gratuità senza sempre aspettarciqualcosa in cambio. Ecco la vera libertà: il perdono ci rende liberi di amare e il pentimento crea lacoscienza di essere tutti in debito con qualcuno, perché ci aiuta a riconoscere il male fatto e il benenon fatto. La grazia del Giubileo è perciò libertà e felicità. La porta che entrando abbiamoattraversato è la porta del perdono e della speranza.Il Signore ci attende. Gesù, come nel tempio con i saggi di Israele, vuole dialogare con noi. Ciascolta e parla. Egli mostra la sua saggezza non per sottometterci al suo volere, come i tiranni diquesto mondo, ma per aiutarci a vivere felici, perché chi lo accoglie, lo ascolta, accetta di farsiaiutare dalla sua parola, può crescere come lui in sapienza, età e grazia. Gesù stesso risponde aMaria e Giuseppe che deve occuparsi delle cose del Padre suo. Ecco l’impegno di questo anno digrazia: fare spazio nel cuore a Dio nostro Padre, per essere come la famiglia di Nazareth. Ma nonsiamo soli. Gesù cammina con noi, prega con noi, è in mezzo a noi, alle nostre comunità. Forsecome Maria e Giuseppe anche noi a volte lo perdiamo perché presi da noi stessi, dalla fretta dellenostre faccende. Cerchiamolo e si farà trovare, perché è sempre lì, alla porta del nostro cuore. Lapreghiera personale e comune, la lettura della Bibbia, la Santa Messa della domenica, gli incontrinelle nostre comunità e associazioni, la condivisione della nostra vita con tutti, soprattutto con i deboli e i poveri, saranno il luogo dove possiamo sempre trovarlo. Non avere paura, non pensareche non puoi fare nulla per cambiare il volto violento del mondo, in cui sembrano vincere l’odio ela forza che sottomette e distrugge. E’ il giubileo della speranza. C’è speranza, perché il Signorevuole sperare con te in un tempo di pace e fraternità, di amicizia e solidarietà.Papa Bonifacio VIII, cittadino di questa nostra bella città, diede inizio il 22 febbraio 1300 alprimo Giubileo cristiano perché un concorso di popolo lo chiedeva, chiedeva l’indulgenza plenaria,chiedeva perdono per i peccati, sentiva il bisogno della misericordia di Dio in un secolo difficile. Sì,sorelle e fratelli, abbiamo bisogno anche noi di quella misericordia e di quell’amore paziente delSignore che può cambiare la vita, cominciando dal cambiamento di noi stessi. Questo è il tempo delperdono, del pentimento, della speranza che non delude. Così ha detto papa Francesco all’aperturadel Giubileo nella Basilica di San Pietro: “Sorelle, fratelli, questo è il Giubileo, questo è il tempodella speranza! Esso ci invita a riscoprire la gioia dell’incontro con il Signore, ci chiama alrinnovamento spirituale e ci impegna nella trasformazione del mondo, perché questo diventidavvero un tempo giubilare… A noi, tutti, il dono e l’impegno di portare speranza là dove è stataperduta: dove la vita è ferita, nelle attese tradite, nei sogni infranti, nei fallimenti che frantumano ilcuore; nella stanchezza di chi non ce la fa più, nella solitudine amara di chi si sente sconfitto, nellasofferenza che scava l’anima; nei giorni lunghi e vuoti dei carcerati, nelle stanze strette e fredde deipoveri, nei luoghi profanati dalla guerra e dalla violenza”.Sorelle e fratelli, facciamo nostra le parole di Francesco e la gioia di questo momento insieme,perché il Giubileo liberi le energie di bene che sono in noi e in tutti, perché ogni giorno il male siavinto dal bene, l’odio dal perdono, l’inimicizia dall’amore, l’esclusione dalla condivisione.
Cattedrale di Anagni: conferenza sul Natale nel Medioevo, dal “Sol Invictus” a Santa Claus
Il Natale è certamente uno dei momenti più importanti e iconici dell’anno. Sebbene da molto tempo non sia più una festa prettamente religiosa, il suo valore non è diminuito, ma, anzi, è forse aumentato, trasformandosi, sicuramente per i più piccoli, nel periodo più spensierato dell’anno tra regali, dolci e riunioni di famiglia. Tuttavia, il Natale che noi conosciamo oggi non è sempre stato così. A differenza delle altre feste religiose maggiori, il Natale ha subito una lunghissima “gestazione” arricchendosi di valori e significati diversi nel corso dei secoli. Dai timori legati alla “morte” del sole durante il Solstizio d’Inverno, ai culti salvifici ed escatologici del tardo impero, dal primo presepe di San Francesco sino alla Festa dei Folli del Basso Medioevo, il dott. Emiliano Bultrini, ricercatore medievista e curatore della conferenza, illustrerà come è arrivata a definirsi l’attuale festa del Natale. La conferenza che si terrà domenica 29 dicembre alle ore 18:00 con ingresso libero presso la Cattedrale di Santa Maria ad Anagni è stata voluta dal Capitolo della Basilica Cattedrale di Anagni che, in coincidenza con l’apertura della Porta Santa, prevista per la mattina dello stesso giorno alle 11:30, ha voluto arricchire la giornata anche di un momento culturale in cui si farà luce su una delle feste indubbiamente più sentite dell’anno, ma le cui origini spesso si perdono nella notte dei tempi, si ammantano di leggenda e si mescolano con le più svariate tradizioni.
Telethon e Azione Cattolica insieme per la ricerca
Con lo slogan “La ricerca ci sta a cuore”, Azione Cattolica e Fondazione Telethon ancora una volta insieme per la campagna di Natale 2024. “La ricerca ci sta a cuore” è soprattutto l’invito che AC e Fondazione Telethon rivolgono a tutti, donne e uomini di buona volontà, concittadini e no, a non smettere mai di sostenere la ricerca scientifica e a continuare ad avere fiducia nel lavoro incessante dei ricercatori.I volontari AC della diocesi di Anagni-Alatri il 15 dicembre in piazza Innocenzo III ad Anagni, hanno allestito due banchetti di raccolta fondi, come anche in tante parrocchie e nelle piazze di tutta Italia, o anche, semplicemente, chiedendo un aiuto tra i propri amici o in famiglia a sostegno della ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare.