Messa in suffragio di Papa Francesco

Lunedì 28 aprile, alle 18, nella concattedrale San Paolo di Alatri, il vescovo di Anagni-Alatri Ambrogio Spreafico presiederà la celebrazione eucaristica in suffragio di Papa Francesco. Sarà un momento di preghiera comunitario, insieme al Vescovo, per esprimere ancora una volta l’affetto filiale della Chiesa diocesana verso papa Francesco, dopo che nei giorni scorsi è stato già recitato un Rosario nella Cattedrale di Anagni. Altre Messe in suffragio sono state celebrate in varie chiese parrocchiali, così come altre comunità si sono ritrovate per recitare il Rosario o per veglie di preghiera

Alatri, celebrazione per San Sisto: l’omelia del vescovo Spreafico

Sorelle e fratelli, siamo riuniti oggi, come tradizione, per celebrare la festa di San Sisto I, papa e martire. Lofacciamo oggi mentre ancora siamo addolorati per la scomparsa di papa Francesco, per cuivorremmo pregare in questa celebrazione. Saluto la delegazione proveniente da Alife, che ognianno celebra con noi questa festa per il loro e nostro patrono. Una lunga storia unisce San Sisto,divenuto papa nel 115, a papa Francesco. È la storia della Chiesa, allora ancora indivisa, che giungefino a noi. Non siamo i primi e, per la grazia di Dio, non saremo gli ultimi, a vivere in questacomunione di amore e unità, che il vescovo di Roma, il papa, rappresenta per la nostra Chiesa. In unmondo che accetta le divisioni come se fossero normali, in cui gli ultimi e i poveri restano sempre ipiù esclusi e scartati, come ci ha detto molte volte papa Francesco, la festa di oggi ci richiamaanzitutto il senso e il valore dell’unità, da riscoprire e da vivere.Noi siamo qui come popolo di Dio, radunato dallo Spirito Santo attorno alla mensa della Parola diDio e del pane di vita eterna, l’Eucaristia. Siamo popolo, cari amici, comunità. Il mondo, pieno didonne e uomini soli, che camminano con lo sguardo distratto o a testa basta chini sul cellulare senzavedere nessuno, o di altri abbandonati a se stessi perché ritenuti inutili, come molti anziani, habisogno di noi, di cristiani che credono possibile vivere insieme, in pace, volendosi bene,aiutandosi, condividendo la propria vita con gli altri. Papa Francesco domenica ci ha mostrato conchiarezza il valore e il senso di essere popolo nel mondo. Con fatica e sforzo enorme ha volutodall’alto guardare la folla radunata a San Pietro e ha dato la benedizione urbi et orbi, per loro e peril mondo. Il suo sguardo è sempre stato largo: ha guardato il mondo, il dolore delle guerre, dellepersone migranti, dei poveri, degli sfruttati. Ha voluto guardare, come lo sguardo dell’apostoloPietro nel racconto degli Atti degli Apostoli, il dolore dei sofferenti e dei poveri. Ha pregato incontinuazione per la pace e il dialogo. Poi è sceso e ha voluto passare in mezzo alla gente. Era ilsuo modo di essere pastore “con l’odore del gregge”, come amava dire soprattutto a noi vescovi esacerdoti. Dovremmo ricordarcelo!Questa è la Chiesa, sorelle e fratelli. Queste sono e devono essere le nostre comunità. Non luoghichiusi nei loro piccoli mondi e nelle loro abitudini o tradizioni, ma case aperte, accoglienti, pronteall’ascolto, alla condivisone e alla solidarietà. “Chiesa in uscita”, ci ha ripetuto più volte a partire daquel testo, l’Evangelii gaudium, in cui è racchiuso il programma del suo pontificato e che ancoraoggi siamo chiamati a conoscere e a vivere: la gioia del vangelo che si comunica nell’incontro, nella condivisione, nell’amore. Non siamo qui per caso. Siamo qui perché sentiamo il bisogno di esserequi, di essere radunati dal Signore per essere suo popolo, donne e uomini che sentono il desiderio diessere con gli altri e per gli altri. Certo, la vita è spesso dura, sembra lasciare poco tempo per glialtri. Ma non vogliamo farci rubare la gioia dell’incontro, della preghiera comune, dellacondivisione, della solidarietà. L’Eucaristia della domenica è proprio questo: ritrovare ciò chesiamo, la vera immagine della nostra umanità. Il mondo ci abitua alla solitudine, a pensare a noistessi. Ci illude che questo porti felicità. Ma un io senza gli altri non è mai felicità. Gli altriesistono, quindi conviene che li incontri, te li fai amici. Il Signore ci raduna per farci gustare lagioia di essere tutti, nella nostra differenza, parte di un popolo il cui unico centro non sei tu, ma sololui, il nostro amico Gesù, e con lui noi possiamo essere fratelli e sorelle, amici.Oggi in particolare, per farcelo capire e gustare, ci offre l’esempio di un uomo come tanti, che haaccolto la chiamata a essere pastore, cioè a prendersi cura degli altri. Così fu san Sisto. Sorelle efratelli, il mondo ha bisogno di donne e uomini che si prendano cura degli altri, fermando la fretta dichi ha sempre da fare, ovviamente soprattutto per sé, per creare unità e amicizia. Quei due discepoli,di cui ci hanno parlato gli Atti degli Apostoli, se ne tornavano a casa loro col volto triste. Capitaanche a noi. La tristezza avvolge a volte la vita nel buio di questo tempo. Ma a un certo punto dellastrada qualcuno si avvicina e comincia a parlare con quei due e li aiuta a capire. Non lo riconobberosubito. Così è Gesù, cari amici. Si avvicina a noi, cammina con noi, soprattutto nei momentidifficili. Ricordiamolo sempre. Ci parla e ascolta le nostre parole piene di dubbi, domande. Gesùnon ha bisogno di persone sicure di tutto, che non hanno incertezze, fragilità, paure. Per questotende la mano per aiutarci, farci vedere la luce, quella della Pasqua, della vita. Certo, i due discepolilo riconobbero quando spezzò loro il pane, il pane dell’Eucaristia. Capite perché è bello essere conlui almeno nella Santa Messa della Domenica, dove lo riconosciamo meglio, gustiamo la luce che cifa vivere, ci nutriamo della sua Parola e del pane di vita eterna. Ogni domenica rinasce la comunità.Oggi il Signore affida un impegno a ognuno di noi: essere anche noi quelle persone che siavvicinano agli altri con lui, tendendo la mano con lui, per liberare dalla tristezza, aiutare gli altri aincontrarsi, dialogare, a essere amici, a vivere. Accogliamo questo invito per trovare la felicità checerchiamo e rendere il mondo pacifico e fraterno, un posto per tutti, a partire dagli ultimi e daipoveri.

I giorni e gli orari per rendere omaggio alla salma di Papa Francesco

La Basilica di S. Pietro, così come reso noto ufficialmente dalla sala stampa del Vaticano, resterà aperta ai fedeli che volessero visitare la salma di Papa Francesco mercoledì 23 aprile, dalle ore 11 alle 24; giovedì 24 aprile dalle 7 alle 24; venerdì 25 aprile dalle 7 alle 19. Sono previste lunghe code già a partire dalla notte tra martedì e mercoledì. Per motivi di sicurezza, è stata creata un’area delimitata con accessi obbligati e controlli di borse e zaini. Schierati centinaia di uomini e donne tra Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Vigili del fuoco e Polizia municipale. L’Atac ha predisposto il servizio di potenziamento di tutti i mezzi pubblici diretti verso il Vaticano, compresa la metropolitana linea A in partenza dalla stazione Termini.

Le nostre comunità in preghiera per Papa Francesco

Ecco alcune delle iniziative di preghiera per Papa Francesco prese da varie comunità parrocchiali: MARTEDì 22 APRILE Parrocchia di Filettino: recita del Rosario alle 21, nella chiesa di San Giovanni Parrocchia Santa Maria del Carmine, Tecchiena: Rosario e veglia di preghiera MERCOLEDì 23 APRILE Parrocchia Maria Santissima Regina, Tecchiena Castello: recita del Rosario, alle 21 GIOVEDì 24 APRILE Parrocchia Mole Bisleti, unità pastorale Parrocchie in comunione con Maria: veglia di preghiera, alle 21. Parrocchia Santa Famiglia, Alatri: recita del Rosario, alle 21 (per comunicare altre iniziative, mandare un messaggio scritto – no vocali – ed eventuali locandine al numero whatsapp 347-3551060)

La morte del Papa: alle 21 il Rosario in Cattedrale, ad Anagni

Questa sera, lunedì 21 aprile, la diocesi di Anagni-Alatri si unirà in preghiera per la morte di Papa Francesco con la recita del Rosario, alle 21, nella Cattedrale di Anagni. Guiderà il Rosario monsignor Alberto Ponzi, vicario generale della diocesi.

Papa Francesco è tornato alla Casa del Padre

Alle ore 9:47 di questa mattina, Sua Eminenza, il Cardinale Kevin Joseph Farrell, Camerlengo di Santa Romana Chiesa, ha annunciato con dolore la morte di Papa Francesco, con queste parole: “Carissimi fratelli e sorelle, con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco. Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l’anima di Papa Francesco all’infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino”. La diocesi di Anagni-Alatri tutta si raccoglie in preghiera e si unisce alla Chiesa universale.

Messa di Pasqua: l’omelia del vescovo Ambrogio

Pasqua 2025Atti 10,34-43; Colossesi 3,1-4; Giovanni 20,1-9 Sorelle e fratelli,Maria di Magdala voleva bene a Gesù Era stata perdonata e lo seguiva. La sua amicizia per Gesùla porta per prima ad andare al sepolcro. Ma ecco, la pietra era stata tolta dal sepolcro e il copro delSignore non c’era più. Corse da Pietro preoccupata e, insieme anche con l’altro discepolo Giovanni,tornarono al sepolcro, ma tale fu la sorpresa e lo sgomento che non capirono che cosa fosseaccaduto. Solo l’altro discepolo, il più giovane, dice il Vangelo, “vide e credette”. Questaannotazione del Vangelo ci dice che proprio quel giovane discepolo aveva visto in quei segnilasciati nel sepolcro che Gesù era vivo, a differenza di Pietro più anziano e forse troppo sicuro di sé,come appare altrove nei vangeli. Ciò non indica ovviamente una diminuzione del compito dipastore che Gesù affiderà a Pietro, ma forse ci vuole dire che in un giovane c’è a volte più prontezzanel capire e anche nel credere di quanto noi pensiamo abitualmente. Così inizia la fede nel Signorerisorto. Sì, tutti, cari amici, non solo chi viene da una lunga tradizione di fede, ma una donnapeccatrice e un giovane possono aiutarci a riscoprire la forza di vita che viene da quel sepolcro, acapire di nuovo quanto il Signore risorto ci comunica nel tempo in cui siamo, rinnovando così noistessi.Non sempre capiamo tutto. Oggi siamo qui per farci guidare dalla luce del risorto in un mondobuio, dove sembrano vincere la paura, la stanchezza, l’ingiustizia, la violenza della guerra. Chitoglierà via la pietra che nasconde la luce di quell’uomo, Figlio di Dio, che ha donato la vita per noi,rifiutando l’uso della spada, pregando per l’unità e per la pace in un mondo che sembra amarel’opposto? Quella pietra era pesante, come sono pesanti le pietre che nascondono il dolore e le feritedi tanti uomini e donne, resi invisibili dal buio dell’indifferenza, da sguardi ormai distratti, chepassano davanti al dolore e alla morte come se fosse normale o non li riguardasse. Sì, il buio non favedere nessuno, tanto meno il dolore altrui, ma solo se stessi. Quanta indifferenza!Ma quella donna e quei discepoli non si persero d’animo. Corsero per cercare, vedere. E poiqualcuno, un angelo, come racconta Matteo, un giovane, come dice l’evangelista Marco, dueuomini in vesti sfolgoranti, come troviamo in Luca, Gesù stesso, come preferisce raccontareGiovanni, ci parleranno, ci aiuteranno a capire. Siamo qui per questo. Sì, Gesù nostro Signore èrisorto, è l’inizio di un tempo nuovo, in cui la morte non sarà la fine definitiva della vita, perché Dioha fatto risorgere Gesù da morte. Ma noi dobbiamo correre. Certo non tanto con le gambe, perchéqualcuno non ce la farebbe, ma con il cuore. Dobbiamo correre da Gesù, fermarci davanti al dolore di quel sepolcro, e poi ascoltare la parola di Dio, che ci parli del risorto, della nuova vita che iniziacon lui già durante la nostra vita terrena e poi dopo la morte.Allora oggi ci viene chiesto di scegliere come vivere, oppure vogliamo continuare tutto comeprima, o magari come altre Pasque in cui non è cambiato niente o solo poco? L’apostolo Paolo civiene in aiuto. “”Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destradi Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra”. Sorelle e fratelli, abbiamospesso lo sguardo basso, il pensiero rivolto a noi stessi, al nostro interesse, a quanto possiamo fareogni giorno. Certo, questo è comprensibile, direi normale. Anche guardare a se stessi serve pervivere soprattutto in un tempo difficile come questo. Ma non basta per realizzarci, soprattutto nonbasta per essere felici, per vivere bene. Si cammina a testa bassa, magari china sul cellulare, cosìnon si vede nessuno e tutto ci passa accanto senza che ce ne accorgiamo. Gli altri, soprattutto ipoveri, diventano inesistenti; a volte il mondo li considera inutili! Con la testa gli altri diventanopersino un fastidio, perché il tuo sguardo rivolto sempre in basso li rende tali. Ma gli altri esistono,non sono comparse occasionali. Il dolore esiste, la guerra esiste. E, se vuoi vivere bene, deviguardare oltre il basso, al di là dello sguardo sempre chino su di te! Alziamo allora lo sguardoanzitutto verso il Signore, verso la sua parola di vita. Cerchiamo le cose che vengono da lui, chevuole solo il nostro bene, la nostra felicità. Le cose di lassù non sono cose strane o superflue; sonola vita. Le possiamo cercare e trovare a partire da qui, dalle nostre comunità, dalla Parola di Dio edall’Eucaristia; le troviamo nella preghiera, nella cura e nell’amore per gli altri, nell’amorereciproco e nella condivisione della nostra vita. Così potremo fare di Pasqua davvero l’inizio di untempo nuovo. Comunichiamo agli altri, con gioia e semplicità, con le parole e l’esempio, questosguardo che vede oltre se stessi, questo tesoro di vita perché tutti vedano attraverso di noi losguardo e l’amore di Gesù risorto, che ci tende la mano per camminare con noi. E preghiamo perchéil saluto che il Signore risorto rivolse ai discepoli “pace a voi” sia per tutti, soprattutto per i paesi inguerra, l’inizio di un tempo di pace.

Anagni: inaugurati il sagrato e il Crocifisso nella chiesa di San Filippo

Quella vissuta nella domenica delle Palme 2025 resterà una giornata a dir poco memorabile per la comunità della parrocchia San Filippo e Giacomo di Anagni, una bella realtà di Chiesa, con circa duemila abitanti, molto estesa nelle campagne cittadine, guidata da don Gianluigi Corriere. Domenica 13 aprile è stato infatti prima inaugurato il sagrato antistante e quindi, all’interno della chiesa, è stato “scoperto” il grande Crocifisso. Il sagrato ha una dedica particolare: ai giovani defunti della parrocchia e, in particolare, a Simona Sordi, morta un anno fa. Luca Ciocci, marito di Simona, ha voluto donare questa opera, sottolineando – dopo il taglio del nastro inaugurale – come «il sagrato è un’area molto importante di una chiesa, espressione di valori significativi tra cui quello dell’accoglienza. Il sagrato mette in comunicazione l’interno con l’esterno e congiunge il mondo al Cielo attraverso il portale, simbolo di Cristo. Allo stesso tempo rinvia alla mensa eucaristica, luogo di unità in cui diveniamo un solo corpo ecclesiale, una comunità.  È per questi motivi che ho voluto donare questa piccola opera alla mia comunità parrocchiale nella quale sono nato e cresciuto, affinché chi si presenta alla porta della nostra chiesa possa sentirsi ospite gradito e atteso così come avviene nelle nostre case». Luca Ciocci ha poi spiegato anche la scelta di adornare il tutto con delle querce sempreverdi, «simbolo di forza ed eternità, capaci di dare ombra per tutto l’anno ed esprimere bellezza con le loro chiome semplici e austere che una volta cresciute creeranno un sagrato maggiormente riconoscibile, riservato e silenzioso.  Le querce sono alberi sacri nella Bibbia: sotto le querce di Mamre Abramo fu visitato da Dio in forma di tre angeli, annuncio del mistero della Santissima Trinità. E’ quanto aveva a cuore la nostra Simona di dare accoglienza e ristoro ogni anno ai pellegrini di ritorno dal santuario della Santissima Trinità: queste sedute e queste piante con le loro chiome continueranno ad accogliere e ristorare parrocchiani, forestieri e pellegrini, come avrebbe voluto continuare a fare lei». Una volta all’interno della chiesa e sollevato il telo che lo ricopriva, il Crocifisso è apparso in tutta la sua bellezza, ma anche nei significati che Alessia Forconi, artista che lo ha realizzato, ha così illustrato: «Cristo non è rappresentato nel pieno del dolore ma in una posa che ci sorprende: il corpo è disteso, proteso verso l’alto, le braccia aperte in un gesto che evoca l’Ascensione più che la sofferenza. I segni della Passione sono presenti, ma non dominano: sono lì a ricordarci il sacrificio ma già trasfigurati nella luce della Resurrezione. All’interno di questa chiesa, segnata da linee verticali che si slanciano verso il cielo, il Crocifisso sembra quasi seguire e completarne il movimento: si inserisce armoniosamente nello spazio, quasi a volerlo abitare con la sua presenza viva, che accoglie e solleva lo sguardo e il cuore di chi entra». A suggellare un po’ tutta l’intensa mattinata, sono poi arrivate le parole di don Gianluigi, a ricordare innanzitutto «il percorso attraverso il quale abbiamo scelto questo Crocifisso: ci abbiamo messo un po’ di tempo ma perché abbiamo voluto fare un percorso ispirato il più possibile da Dio; abbiamo sentito tante voci, la comunità la diocesi, abbiamo cercato con dei momenti di preghiera quello che il Signore ci chiedeva, perché fosse un’opera che non la decidesse la maggioranza o solamente uno o alcuni, ma che quanto più possibile fosse il Signore a farci comprendere che tipo di Crocifisso dovessimo portare avanti. Una cosa è emersa chiara subito su tutti i fronti: un Crocifisso che richiamasse anche la Resurrezione». Anche il parroco ha poi dato una lettura di questa opera d’arte: «In generale, ogni volta che si guarda in Crocifisso non vanno guardate le sofferenze, ma devi dire: Signore, fino a questo punto mi hai amato? Quando guardi un Crocifisso, più delle sofferenze devi vedere l’amore e in quello della nostra chiesa ancora di più: il petto così sollevato non è uno spasmo di dolore, ma l’inizio della Resurrezione. Questo è un Crocifisso tra la Croce e la Resurrezione, ci ricorda che dentro ogni morte vissuta nell’amore c’è l’apertura alla vita e alla resurrezione, che è il più grande mistero cristiano: l’amore trasforma anche le croci, l’amore è più forte della morte», ha chiosato don Corriere, svelando che poi l’idea di un grande Crocifisso per la chiesa parrocchiale era venuta proprio a Simona e ringraziando quindi suo marito Luca «per la testimonianza di fede: le sofferenze o ti migliorano o ti peggiorano, ma quando vivi nella Fede, l’amore riesce pure a trasformare le sofferenze in punti di partenza di vita, a far sì che la morte non prenda il sopravvento, perché il messaggio del cristianesimo  è di speranza e di vita». di Igor Traboni

Messa Crismale: l’omelia del vescovo Ambrogio

Cari sacerdoti e diaconi, cari fratelli e sorelle, ci introduciamo con questa celebrazione al Triduo Santo, perché gli oli che saranno benedetti siano fonte di grazia e di unità nel popolo santo di Dio per tutti coloro che li riceveranno. Mai come in questa celebrazione sentiamo la forza e il bisogno dell’unità attorno al Signore Gesù, che si avvia verso la Passione, morte e resurrezione, cuore della nostra vita di fede. Il mondo ci abitua a ben altro: divisioni, arroganza, protagonismi, tribalismi, non fanno che umiliare il sogno di Dio dell’unità di tutto il genere umano, fino a rendere difficile una convivenza fraterna e solidale, che sembra davvero impossibile. Ma il nostro essere qui, sorelle e fratelli, mostra che questo è possibile, perché Dio lo rende possibile con la sua grazia, con un amore che non smette mai di parlarci e di aiutarci a vivere. Il Signore conosce il nostro peccato, le nostre fragilità, le nostre incertezze e paure. Eppure, continua a convocarci perché ha fiducia in noi.    Per questo ci raduna attorno alla Parola di vita eterna, che si fa cibo per noi. Per questo ha consacrato diaconi, presbiteri e vescovi, perché possano essere portatori di un “lieto annuncio”, quel vangelo che si prende cura dei poveri, che soccorre e salva, che proclama la grazia di Dio per l’umanità. Noi siamo indegnamente rivestiti di questa grazia che, attraverso la proclamazione della Parola e i sacramenti della Chiesa, può scendere in abbondanza nella vita delle donne e degli uomini e fecondarla, farla germogliare di frutti di bene. Forse oggi è facile anche per noi perderci d’animo, cedere alle scorciatoie e in fondo accontentarci di ciò che si riesce a fare. Il pessimismo non risparmia il nostro modo di vivere e di guidare le nostre comunità, che comunque sono sempre ricche di donne e uomini che condividono con noi il desiderio di comunicare agli altri, a partire dai piccoli e dai giovani, la bellezza della vita cristiana. Come già ho detto più volte, nel cammino sinodale, ma anche prima che iniziasse per tutta la Chiesa, tanti si sono impegnati. Siamo grati a tutti loro. Non ci nascondiamo le fatiche. Il mondo cambia velocemente e l’abitudine all’isolamento, che ha sempre tante cause personali e collettive, rende difficile incontrarsi, dialogare, ascoltarsi e parlarsi.    La vita cristiana, sorelle e fratelli, è vita di popolo, sempre. Soprattutto nei momenti difficili, in questo tempo segnato da tante sofferenze, delusioni, solitudini, siamo chiamati a riscoprire la gioia e la forza di essere popolo, comunità di donne e uomini, di cui i presbiteri e i diaconi sono al servizio per il ministero ricevuto dal Signore Gesù nella Chiesa. Siamo coloro che hanno ricevuto di più, quindi siamo chiamati ad essere generosi nel dare, amabili nelle relazioni, inclusivi, forti della grazia di Dio, che dobbiamo seminare largamente perché largamente abbiamo ricevuto. L’autoritarismo e l’individualismo non aiutano l’autorevolezza di chi come un padre ascolta e parla con amore ai suoi figli. Così è il Signore Iddio con noi. Così dovremmo essere noi con tutti coloro che il Signore ci ha affidato e che abitano la terra in cui viviamo, anche se non frequentano le nostre comunità abitualmente.       Il profeta, le cui parole abbiamo ascoltato, si trovava davanti una città e una terra impoverite e rassegnate. La Parola di Dio lo aiutò a scoprire la chiamata ad essere profeta per tutta quella gente che aspettava parole di speranza, un tempo di grazia che rispondesse alla delusione e al pessimismo e indicasse una via per il futuro. Oggi il Signore ci chiama ad essere profeti, ad accogliere la sua parola rileggendola nel tempo in cui siamo, per aiutare a trovare la strada del bene, a ricostruire una comunità di popolo, dove tutti possano trovare accoglienza e condivisione. La profezia è visione, che diventa pensiero e aiuta ad assumersi la speranza di un nuovo inizio. Sorelle e fratelli, non basta ripetere ciò che abbiamo ricevuto dalla storia solo come una consuetudine, anche se tutto è prezioso e nulla va smarrito. Il Signore soffia nella polvere che siamo il suo alito di vita, perché ci assumiamo la responsabilità di rinnovare il mondo cominciando dal cambiamento di noi stessi e delle nostre comunità. Il mondo ha bisogno di profeti che facciano germogliare il deserto di bene, di amore, di pace!     Allora, cari amici, ricostruiamo un tessuto di fraternità nel trama sfilacciata della vita, dove sembrano dominare tanti io, poco inclini a formare un noi. Questa terra, che ci vede ministri e servi assieme a tanta gente, attende parole di speranza. Le attendono i poveri e gli esclusi, come i giovani disorientati e gli anziani sempre più soli. Le aspettano i migranti e le famiglie in difficoltà. Il Signore riempia il nostro animo della sua grazia. Il suo amore faccia traboccare i nostri cuori di frutti buoni, che possano come un seme irrigare e fecondare i cuori di tutti, perché il mondo sia meno ingiusto, più pacifico e umano. Ci affidiamo al Signore, camminando con lui in questi giorni di Passione, perché Lui, che ha portato il peccato del mondo, ci faccia partecipi della vita che il Padre gli ha donato. E non dimentichiamo mai di pregare per chi soffre per la guerra e la violenza, come l’Ucraina, la Terra Santa, il Sudan, e molti altri luoghi. Signore: fa che il mondo finalmente cerchi e percorra la via della pace e della fraternità! E rende tutti noi responsabili di costruire questa via con la preghiera e la vita di ogni giorno. Abbazia di Casamari, mercoledì 16 aprile 2025

Equipe ciociara vince il concorso per l’adeguamento liturgico della Cattedrale di Montepulciano

Il progetto per l’adeguamento liturgico della Cattedrale di Montepulciano, presentato dal gruppo di lavoro coordinato dall’architetto Laura Meloni, è risultato vincitore del concorso di idee bandito dalla diocesi della cittadina toscana. Un altro grande e meritato riconoscimento per questa equipe (nella foto d’archivio) formata, oltre che da Laura Meloni, originaria di Acuto, dai fiuggini Marco Mariani (progettista), Caterina Magri (artista) e don Maurizio Mariani (liturgista), sacerdote della diocesi di Anagni-Alatri. Ecco la motivazione, come da verbale della diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza, una Chiesa che insiste sul territorio della provincia di Siena, con circa 70mila abitanti e dall’estate del 2022 affidata, in “persona episcopi” insieme all’arcidiocesi di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino, al cardinale Paolo Augusto Lojudice: “Per il misurato e coerente inserimento della proposta architettonica e artistica nel contesto della Cattedrale. Fondante è il riuscito dialogo espressivo e di contenuto tra il sublime trittico di Taddeo Di Bartolo e la nuova e unitaria articolazione figurativa delle eccellenze liturgiche. L’impianto celebrativo è concepito in modo da favorire la partecipazione attiva dei fedeli e lo svolgimento dei riti, valorizzando le eminenze dello spazio liturgico e architettonico”. La decisione è arrivata al termine di un iter avviato prima della pandemia, quando la diocesi toscana è stata ammessa a un finanziamento dell’8 X 1000 per l’adeguamento dell’altare della Cattedrale di Montepulciano, dedicata a Santa Maria Assunta, un titolo quest’ultimo fortemente evocativo anche per il lavoro della equipe ciociara che nel concept dell’adeguamento liturgico ha richiamato la presenza mariana, da alcuni episodi della vita di Gesù con sua Madre (Annunciazione, nozze di Cana e altri) all’utilizzo di una pietra di ionice azzurro, colore tipico del manto di Maria, fino al gioco di stelle attorno al meraviglioso trittico del ‘400 conservato nella Cattedrale e che offre al fedele e al visitatore un collegamento con l’Assunzione. «Il grande onore di un grande risultato, emozione immensa»: così il gruppo di lavoro ha commentato la notizia sui social della “M+M”, studio di architetti associati, in Fiuggi, cui fanno riferimento i progettisti di questa equipe, che già lo scorso anno aveva còlto un altro eccellente risultato con l’adeguamento liturgico della Cattedrale siciliana di Acireale. Tornando a Montepulciano, adesso si tratterà di programmare progettazione e avvio dei lavori, come dichiarato da don Antonio Canestri, vicario vescovile e direttore dell’Ufficio beni culturali della diocesi toscana, che al quotidiano La Nazione ha detto tra l’altro:  «Manca qualche mese al termine del complesso intervento di restauro del trittico di Taddeo di Bartolo, che ci restituirà uno straordinario capolavoro del ‘400, di profondo significato per la comunità, l’altare doveva essere alla sua altezza e rigoroso come la Cattedrale. Allo stesso modo i necessari e complessi restauri del coro, della cantoria, della vecchia cappella battesimale, dovevano necessariamente viaggiare di pari passo con l’adeguamento liturgico, per giungere a un rinnovamento completo e omogeneo, che escludesse altri interventi urgenti». Un passaggio, quest’ultimo, che dunque il lavoro della equipe coordinata da Laura Meloni rende ancora più prezioso e meritevole del riconoscimento ricevuto. Igor Traboni

Join us for

La newsletter del prendersi cura

Ogni mese, due contenuti multimediali sul tema della cura, sulla tua casella di posta.

Qui sopra trovi l’ultimo episodio. Per iscriverti, inserisci nel form la tua migliore mail.

up to 50% off