Verso il Giubileo, anno di speranza e riconciliazione: conferenza con Spreafico e Impagliazzo

Nell’ambito delle iniziative di approfondimento e di formazione per il Giubileo 2025, fortemente volute dal vescovo Ambrogio Spreafico, le diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino hanno organizzato un nuovo appuntamento per giovedì 20 febbraio (auditorium diocesano di Frosinone, viale Madrid accanto alla chiesa di San Paolo, con inizio alle ore 18). La conferenza, aperta a tutti, avrà come tema conduttore “Immaginare la Pace. Il Giubileo, anno di speranza e riconciliazione”, che si ricollega direttamente a quel “Pellegrini di speranza” che costituisce il tema del Giubileo 2025. Dopo l’introduzione del vescovo Ambrogio Spreafico, interverrà il professor Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio e ordinario di Storia contemporanea presso l’Università Roma Tre. Proprio alla fine dello scorso mese di gennaio, Marco Impagliazzo, romano, 62 anni, è stato riconfermato come presidente della Comunità di Sant’Egidio per il prossimo quinquennio. L’elezione è avvenuta al termine di una larga consultazione che ha coinvolto, nei mesi scorsi, tutte le Comunità di Sant’Egidio nel mondo (si tratta di una realtà presente in ben 70 Paesi). L’assemblea ha poi visto la partecipazione a Roma di 158 delegati da tutti i continenti ed è stata significativamente aperta da un pellegrinaggio a San Pietro, con il passaggio della Porta Santa. A conclusione di un confronto assembleare durato due giorni, Marco Impagliazzo ha tracciato – come riportato da una nota pubblicata sul sito della Comunità di Sant’Egidio – le linee di un quinquennio che si apre in un contesto internazionale attraversato da «preoccupanti conflitti e da una riabilitazione della violenza, a diversi livelli». Di fronte a questo scenario, Impagliazzo  ha invitato la Comunità a «rafforzare il suo impegno per la pace e l’attenzione alle diverse periferie geografiche e ‘della vita’, nell’amicizia che ha sempre avuto con i poveri in tutto il mondo». Impagliazzo è anche autore di numerose pubblicazioni, libri e saggi. L’ultimo è “I Giubilei nella storia” (edito da Morcelliana) in cui l’Autore indaga i tratti di continuità e discontinuità di questa tradizione conciliare come si è tramandata e rinnovata fino ad oggi, dalla sua origine nel Medioevo. Un grande racconto per comprendere che cosa significhi l’indulgenza plenaria nella tradizione ma anche nell’attualità di questo Giubileo 2025. Impagliazzo ha anche curato la prefazione  de “Le guarigioni nella Bibbia. Da Giobbe a Gesù”, scritto dal vescovo Ambrogio Spreafico assieme a Maria Cristina Marazzi e Francesco Tedeschi, anche questo pubblicato da Morcelliana.  Igor Traboni

Presentazione del Signore: l’omelia del vescovo Ambrogio per la Giornata della vita consacrata

Sorelle e fratelli, cari consacrati e consacrate, ci ritroviamo in questa festa accompagnati dalla lucedel Signore, con cui siamo entrati in questa chiesa. Queste luci ci fanno riscoprire la luce delSignore, come disse Simeone accogliendo Gesù: “I mie occhi hanno visto la tua salvezza, preparatada te davanti a tutti i popolo: luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”. Abbiamobisogno di luce. Il mondo ha bisogno di luce. Le guerre, la violenza, l’odio, oscurano la luce, nonfanno vedere che se stessi e nell’oscurità gli altri appaiono spesso come nemici che minacciano latua esistenza, quindi possibilmente da eliminare. Perciò si cresce nella paura dell’incontro,dell’amicizia, di un dialogo pacifico. Si vive nella solitudine, scelta o imposta, come quella di tantianziani soli a casa o in istituto, di adulti che si ritirano in disparte, o anche di quei giovani molto suisocial e troppo poco con gli altri. Il buio crea tristezza, distanza, non fa vedere il bene, non favedere l’altro come parte del tuo vivere.È possibile vivere nella luce? Il Vangelo ci indica una risposta: imparare ad essere donne e uominidell’attesa, perché l’attesa è speranza, fa guardare al futuro, libera dalla prigionia del presente,dell’oggi. Pellegrini di speranza è l’invito del Giubileo. Nei tempi difficili ognuno si deve chiederecosa significa essere donne e uomini di speranza. Noi siamo abitudinari, ripetiamo consuetudini,pratiche religiose, con generosità e sacrifici portiamo avanti opere che caratterizzano il carisma diognuno. Non basta, sorelle e fratelli. La Parola di Dio, che è “lampada per i nostri passi, luce per ilnostro cammino”, e che è divenuta uno di noi in Gesù, ci chiede di cambiare, ci chiede unrinnovamento, un nuovo inizio. Non basta ripetere se stessi, neppure la lunga e bella storia di uncarisma. La Parola di Dio chiede di ripensarci nella storia di questo tempo, nel buio che circonda esoffoca la vita di tanti uomini e donne. Non ci sono risposte prefabbricate, neppure modelli ugualiper tutti. Ma ognuno, ogni comunità, ogni Congregazione, piccola o grande che sia, si deve porrecon umiltà davanti alla luce di Dio in Gesù e chiedersi: ma io, noi, facciamo ancora luce? Siamouna via che avvicina al Signore gli altri? Le nostre opere sono segno di quella presenza luminosa diDio nel buio del mondo?Simeone e Anna non erano speciali. Erano due anziani, seppero sperare e aspettare non in modopassivo, non pensando che toccava agli altri cambiare qualcosa di quel mondo pieno di ingiustizie edi violenza come il nostro. Anzitutto pregavano. La preghiera, il tempo della preghiera è il tempo diDio in noi e nella storia. È la via per vedere, è la luce per capire e vivere. La preghiera tiene vival’attesa, fa vivere la speranza come qualcosa che aiuta a costruire il futuro, a riempirlo dellapresenza di Dio, a scoprine la presenza nelle donne e negli uomini che incontriamo ogni giorno. Manoi pensiamo mai che in ognuno, in ogni uomo e ogni donna, è impressa l’immagine e la somiglianza di Dio? E quindi, quando li incontriamo, siamo chiamati a fare emergere quellapresenza perché solo così ciascuno potrà scoprire il bene in sé e negli altri, e quindi iniziare a fare ilbene. Anna, dice il Vangelo, che, “sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio eparlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”. Quando noi parliamo congli altri, sappiamo far trasparire nelle nostre parole e nei gesti la luce del bambino di Betlemme,l’atteso delle genti? Oppure ripetiamo noi stessi, magari con un fare lamentoso, pieno di giudizi e discarsa speranza? Eppure, nel cuore di tutti c’è sempre l’attesa di una luce, di una buona notizia inuna società che sa solo diffondere cattive notizie, che condivide la violenza come fosse normale?Sorelle e fratelli, il Signore ha bisogno di noi, di voi, di una rinnovata passione per la missioneche vi ha affidato all’inizio della vostra consacrazione e che oggi rinnovate. Accogliamo questoinvito come un nuovo inizio. Non possiamo solo ripetere noi stessi. Il mondo è troppo buio e ilSignore nostra luce si affida a noi perché illuminiamo il cammino degli altri, dai piccoli aglianziani, dai poveri ai ricchi, dai credenti a chi dice di non credere. Nessuno è solo. Siamo pellegrinidi speranza insieme. Il nostro essere pellegrini si fa insieme, insieme alle nostre comunità, ma anchealle donne e agli uomini di questa terra, così piena di bellezze ma anche di tante sofferenze esolitudini, a volte umiliata, inquinata non solo nell’aria e nelle acque, ma nel cuore di chi la abita,rendendo buia la vita di tanti. La paura non si vince con la durezza e l’arroganza. La paura puòliberare energie di bene solo con la pazienza dell’amore, che è incontro, ascolto, amicizia,condivisione. Siate dunque tutti profeti di speranza!

Giornata vita consacrata: celebrazione a Tecchiena e professione di una suora ad Anagni

Il vescovo Ambrogio Spreafico presiederà domenica 2 febbraio a Tecchiena (chiesa Madonna del Carmine, alle 15) la celebrazione per la XXIX Giornata mondiale della vita consacrata, organizzata a livello interdiocesano dalle Usmi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino, in occasione della festa della Presentazione del Signore. Sempre nel pomeriggio di domenica 2 febbraio, ma alle ore 17, monsignor Spreafico celebrerà Messa nella chiesa del monastero di Santa Chiara, ad Anagni, per la professione temporanea di suor Maria Chiara Mirella Martinez Castaneda tra le sorelle povere di Santa Chiara, la cui comunità anagnina sta conoscendo una fioritura di vocazioni.

Certosa di Trisulti: tutto fermo. Nuovo sollecito della Rete Bene Comune

Tutto fermo per il recupero e la valorizzazione della Certosa di Trisulti. Anzi, peggio: perché il millenario complesso monastico, incastonato tra i monti e i boschi di Collepardo, pian piano sta anche accusando i segni dell’incuria e dell’abbandono. E così la Rete Trisulti Bene Comune  –  composta da oltre 20 associazioni operanti a livello locale e nazionale in vari settori e che tanto si è adoperata a suo tempo per liberare il sito da una associazione sovranista vicina al guru americano Steve Bannon – nei giorni scorsi ha inviato ai vertici della Direzione regionale Musei, alla Soprintendenza competente per territorio e , per conoscenza,  al ministro della Cultura,  Alessandro Giuli, una lettera nella quale torna a lamentare carenze e criticità nella conduzione della Certosa di Trisulti. Con tanto di corredo fotografico, nel minuzioso resoconto si circostanziano, in particolare, come si legge in una nota della Rete, «i danni provocati dalle modalità di allestimento di recenti mostre, ad oggi non riparati, la deplorevole condizione dei preziosi stalli del coro dei Padri e del Capitolo, vistosamente erosi dai tarli, l’assenza di impianto di video-sorveglianza (nonostante il furto di una delle tabelle seicentesche del chiostro), l’assenza di opere tese a consentire la fruizione del sito alle persone con disabilità e il negativo impatto estetico dell’impianto di illuminazione realizzato su uno dei lati della cordonata». A parte alcuni interventi minori alla stregua di semplici palliativi, nulla o quasi è stato fatto per una concreta e reale tutela e valorizzazione del sito da tre anni a questa parte, ovvero da quando l’allora ministro Dario Franceschini e l’ex presidente della Regione, Nicola Zingaretti, tennero una conferenza stampa per annunciare che Trisulti era tornata sotto la competenza della direzione regionale dei musei, attraverso la società Laziocrea. Ma da allora, come detto, niente si è mosso e senza riscontro sono rimaste anche alcune lettere-sollecitazioni, inviate sempre da Trisulti Bene Comune, unitamente al Vescovo della diocesi  di Anagni-Alatri e al sindaco del Comune di Collepardo, per sollecitare la riconvocazione del Tavolo tecnico per la Certosa e così affrontare tutte le criticità emerse ed emergenti. «Nel silenzio delle preposte istituzioni, Rete Trisulti Bene Comune – si legge ancora nella nuova denuncia –  porrà in atto, nelle forme consentite, ogni azione idonea a porle di fronte alle loro responsabilità e a far sì che la Certosa di Trisulti sia tutelata e valorizzata come merita». Igor Traboni

Guarcino: una strada da intitolare a monsignor Pietro Di Fabio

La proposta di intitolare una strada di Guarcino a monsignor Pietro Di Fabio, indimenticato sacerdote che tanto si è speso per la crescita religiosa e sociale del paese, è stata avanzata al Comune da Pino Flori, tra i più stretti collaboratori di don Di Fabio e già presidente della Pro loco guarcinese. La richiesta è stata presentata in occasione del 13° anniversario della morte di don Di Fabio (30 gennaio 2012). Originario di Alatri, già cappellano di Sant’Emidio, monsignor Pietro di Fabio è stato poi parroco a Guarcino, per oltre mezzo secolo, di San Michele Arcangelo e rettore del santuario della Madonna della Neve, per la cui rinascita tanto si adoperò, soprattutto dopo le rovine della seconda guerra mondiale. E non a caso nella proposta avanzata da Pino Flori si indica, per l’eventuale intitolazione, proprio la strada che conduce al santuario della Madonna della Neve, tante volte percorsa da don Pietro Di Fabio. Don Pierino Di Fabio si spese molto anche durante le ultime vicende belliche, in particolare impegnandosi per la stampa e la diffusione del giornale clandestino “Libertà” dal settembre 1943 al giugno 1944 e invitando i giovani a non rispondere al “Bando Graziani” per l’arruolamento nelle file della Repubblica Sociale, fino al suo arresto, daparte delle truppe tedesche, insieme all’allora vescovo di Alatri , Edoardo Facchini, alla fine di maggio 1944, a poche ore dalla liberazione.

«Progetto Punto Gioia» di Nuovi Orizzonti all’Istituto scolastico di Guarcino

Si è concluso il «Progetto Punto Gioia» della Comunità Nuovi Orizzonti nell’Istituto comprensivo scolastico di Guarcino. Si è trattato di quattro incontri, per ogni classe di terza media, nei plessi di Guarcino, Vico nel Lazio e Trivigliano. È il secondo anno che la realtà scolastica di Guarcino ospita ed accoglie questo progetto sulle dipendenze e le emozioni, sulle fragilità dei ragazzi in una fase molto delicata come l’adolescenza. Il progetto, nato con il prof. Gabriele Ritarossi durante l’ora di religione cattolica, ha visto gli studenti confrontarsi con storie raccontate direttamente in classe dai ragazzi della Comunità, attività laboratoriali e circle time che hanno fatto emergere le difficoltà della loro vita. Non sono mancate forti emozioni, anche con lacrime e abbracci, aperture e domande profonde che i giovani studenti hanno posto. Un ringraziamento va a Benedetta Ricci, che è diventata ormai una presenza fissa ogni anno tra i corridoi della scuola; e un “grazie” anche a tutti i giovani, provenienti da diverse parti di Italia, che hanno animato le ore del Progetto. L’apertura al territorio, il fare rete con le altre agenzie educative presenti, la possibilità di confrontarsi senza sconti con i ragazzi: questi gli ingredienti e le caratteristiche di una azione educativa condivisa, che permette ai ragazzi di trovare figure forti e pronte all’ascolto.

Bonifacio VIII e il primo Giubileo: il Museo della Cattedrale di Anagni organizza una serie di eventi

Il 22 febbraio del 1300 papa Bonifacio VIII emanava la Bolla Antiquorum habet, con laquale istituiva il primo Giubileo. Per tutti coloro che durante quell’anno si fossero recati aRoma in visita alle tombe dei principi degli apostoli Pietro e Paolo ed essendosi ancheconfessati e pentiti, era concessa l’indulgenza plenaria, ossia il perdono di tutti i peccaticommessi. Il primo Giubileo aveva caratteristiche proprie rispetto alle numeroseindulgenze parziali e plenarie istituite da alcuni suoi predecessori e ancora oggi èconsiderato un evento memorabile che sposta masse di pellegrini provenienti da tutto ilmondo alla volta di Roma, capitale della cristianità.La famiglia Caetani era originaria di Anagni e proprio nella sua città natale Bonifacio VIIIvolle creare la sua roccaforte. Centri nevralgici di questo quartiere erano la Cattedrale diSanta Maria e tutti gli edifici annessi ad essa, a cominciare dall’Episcopio e dallaCanonica, purtroppo oggi non più esistenti. È quindi naturale conseguenza decidere diinaugurare un anno ricco di eventi legati al Giubileo della Speranza proprio nellaCattedrale di Anagni, perfetta emanazione del potere del papa e della Chiesa in queidifficili anni.L’appuntamento è quindi presso la Cattedrale di Santa Maria Annunziata il 22 febbraio alleore 17. Saranno presenti i moderatori, professori Davide Angelucci e Lorenzo Proscio,e i relatori Emiliano Bultrini, storico medievista, Giulia Cesetti e Fabio Mari, storici dell’ArteMedievale.Tutti e tre si sono occupati a più riprese delle vicende legate al pontificato di Bonifacio VIIIe alle sue committenze artistiche. Sarà un importante momento di condivisione dei lorostudi, delle loro ricerche, delle novità emerse e un’occasione di approfondimento per tuttigli appassionati e per tutti coloro che vogliono conoscere ancora meglio le vicende legatealla nascita del primo Giubileo.Alla fine della conferenza sarà possibile visitare, insieme ai relatori, le cappelle Caetani eLauri, legate alla committenza della famiglia del papa. Sarà altresì presentato ilprogramma degli eventi organizzati per il 2025.Per informazioni ulteriori potete contattare direttamente il Museo della Cattedrale diAnagni.

“La Pace in Azione” con la Marcia di AC ad Anagni

Continuiamo a guardare con profonda inquietudine e preoccupazione i tanti fronti di guerra sparsi nel mondo intero, molti dei quali sconosciuti e colpevolmente dimenticati dai mezzi di informazione e, non di rado, anche da noi stessi. Allora, ci prepariamo a celebrare nelle vite delle nostre comunità il Mese della Pace che ha come slogan “La Pace in Azione”. Non è solo uno slogan, ma un invito a vivere il Mese della Pace in cui ciascuno di noi diventa protagonista, sceneggiatore e regista di una storia di giustizia e riconciliazione, perché la pace non è solo un ideale passivo o un concetto teorico, ma un processo attivo che richiede sforzo, iniziativa e partecipazione concreta. Tutti gli anni l’Azione Cattolica Diocesana tiene in un paese diverso della diocesi, la tanto attesa Marcia della Pace, coinvolgendo le parrocchie, le scuole, la società civile, tutti gli uomini e donne impegnati a promuovere una cultura della pace. Nel mese di gennaio, i gruppi parrocchiali (Adulti, Giovani e ACR) riflettono e si interrogano sulla proposta del Papa per la Giornata Mondiale della Pace. In questo Mese della Pace si è dunque riflettuto sul significato profondo di una giustizia che non cerca vendetta, ma riparazione; che non divide, ma unisce; che non punisce, ma trasforma. È una giustizia che richiede il coraggio di ascoltare, il desiderio di comprendere e la volontà di guarire. Ogni gesto, anche il più piccolo, può diventare il ciak iniziale di un racconto di pace: dall’accoglienza di chi ha sbagliato alla promozione di percorsi di riconciliazione e perdono. «La Pace – ricorda Papa Francesco – è un dovere di tutti qualsiasi sia il ruolo che ci è affidato. La pace, infatti, non può essere costruita dal gioco del singolo, ma necessita degli sforzi di tutti perché possa essere vissuta e realizzata». Nel primo pomeriggio di sabato 25 gennaio, ci siamo ritrovati in tantissimi ad Anagni, a Porta Cerere, per iniziare il cammino per le strade della città verso la Cattedrale. La Presidente diocesana e l’Assistente generale diocesano hanno accolto l’arrivo del Sindaco (e parte del Consiglio comunale) che ha dato l’inizio alla marcia con un breve saluto. In tanti hanno raccolto l’invito alla partecipazione, che è stata veramente significativa e oltre ai gruppi parrocchiali diocesani di AC e alla Delegata regionale, hanno partecipato rappresentanti del Movimento dei Focolari, delle Comunità Neocatecumenali, della Caritas, dell’Oratorio Pier Giorgio Frassati, delle Congregazioni religiose, dei Sacerdoti, dei gruppi parrocchiali del catechismo e tanta gente di buona volontà. Un bel momento di cammino insieme, in spirito sinodale e di condivisione gioiosa. La Marcia è stata avviata dall’Assistente unitario leggendo il brano del Vangelo Mt. 6,5-13 e con un momento di riflessione Una lampada, simbolo di luce del Giubileo, ha aperto il corteo al cui seguito, con canti, striscioni colorati e cartelloni carichi di messaggi di pace hanno riempito le strade. Durante il percorso, tre sono state le tappe con una parola chiave ad ogni fermata. Le tre parole affidate alla riflessione partendo dal messaggio di Papa Francesco per la 58° giornata mondiale della pace sono state: per gli adulti “Il Perdono”, per i giovani “La Restituzione” e per i bambini “La Speranza”. Ogni tappa è stata affidata ad un settore, partendo dagli adulti, ai giovani e all’ACR, sempre con un breve momento di profonda e silenziosa riflessione. La lampada intergenerazionale ci ha accompagnati durante tutto il cammino del corteo, alternando ad ogni tappa il settore che la portava nel cammino. All’arrivo in Cattedrale, il coro parrocchiale ci ha accolto con l’inno del Giubileo, e con il Parroco abbiamo concluso con il momento di preghiera che è stato animato da tutti i rappresentati dei movimenti e gruppi presenti. Al termine come segno la Presidente diocesana a nome dell’Azione Cattolica Diocesana ha donato ad ogni associazione parrocchiale, ai rappresentanti dei gruppi ai movimenti presenti, alle congregazioni religiose, il cero del Giubileo come segno “Di una comunità che fa luce”. Il momento conclusivo è stato “L’abbraccio”. Riprendendo il discorso che papa Francesco ha fatto all’Azione Cattolica Italiana il 26 aprile 2024 a Roma che parlava della cultura dell’abbraccio, dell’abbraccio che manca, abbiamo invitato tutti i presenti ad abbracciare il vicino con un abbraccio donato, un abbraccio di gioia e di pace culminato in un fragoroso applauso. L’iniziativa di Pace 2025 “La Pace in Azione” sosterrà “Amunì”, progetto di Libera che coinvolge ragazzi tra i 16 e i 20 anni di età sottoposti a procedimento penale da parte dell’Autorità giudiziaria minorile. Nato in Sicilia nel 2011, negli anni ha portato all’attivazione di decine di percorsi in tutta Italia, coinvolgendo circa 1500 ragazzi e ragazze. Il progetto si avvale del Protocollo tra il Ministero di Giustizia – Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità e Libera per promuovere percorsi di prevenzione. La Presidenza diocesana ringrazia il Sindaco e l’Amministrazione comunale di Anagni, la Polizia Municipale, la Delegata regionale Lazio, le Associazioni parrocchiali di Azione Cattolica Diocesana Anagni-Alatri, i paesi e città di Anagni, Alatri, Mole, Tecchiena, Fumone, Fiuggi, Acuto, Sgurgola, Piglio, il Movimento dei Focolari, la Comunità Neocatecumenale, la Caritas, l’Oratorio cittadino “Pier Giorgio Frassati”, le Congregazioni Religiose, i Sacerdoti, i catechisti e le catechiste e tutti e tutte per la partecipazione in un cammino d’insieme , verso una cultura di pace. “Non possiamo tacere! La pace è una urgenza, un diritto e una necessità!” A cura della Presidenza Diocesana di Azione Cattolica Anagni-Alatri

Preghiera ecumenica: la riflessione del vescovo Ambrogio

(Preghiera ecumenica, Tecchiena 24 gennaio 2025) Sorelle fratelli, è sempre motivo di gioia trovarci insieme in questa settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.Quanto bisogno di unità c’è non solo tra i discepoli di Gesù, ma nel mondo, segnato da troppedivisioni, conflitti, da una montagna di odio che rende difficile vivere insieme. Siamo chiamati ariscoprire la forza della fede, che ci vede insieme nella professione del Credo niceno-costantinopolitano, riconosciuto da tutti i cristiani come norma del nostro credere, proprionell’anniversario del Concilio di Nicea.Che cosa significa che la fede ha una sua forza di vita? Nel mondo la forza è ben altro. E’ la forzadei potenti, di coloro che esibiscono il loro io per sottomettere gli altri, per dominare. E’ la forza deldenaro che corrompe, che umilia i poveri, che distrugge il creato sfruttando le sue risorse in modorapace, provocando ingiustizie e disuguaglianze, illudendo che solo con la ricchezza si vive felici.Per questo il mondo ha bisogno dei cristiani e della loro fede. La fede è una forza di vita, disperanza e di amore. È la prima delle virtù teologali, proprio perché chi pone la sua fiducia in Dioriceve una forza che da solo non avrebbe mai.Lo scrive la Prima Lettera di Pietro: “Dio vi custodisce nella fede con la sua potenza, fino aquando vi darà la salvezza, che sta per manifestarsi negli ultimi tempi. In questa attesa siate ricolmidi gioia, anche se ora, per un po’ di tempo, dovete sopportare difficoltà di ogni genere”. La forzadella fede è gioia anche nelle difficoltà, nelle paure e nelle fatiche di questo tempo. Come viverequesta gioia, che non viene dalla solitudine dell’io, ma dalla condivisione con le nostre comunitàdella preghiera, dell’amicizia, della solidarietà? Si cerca ancora troppo la felicità nella solitudinedell’io e dei simili al nostro io. Così si creano tante divisioni, invece di vivere quella fede chedovrebbe essere il fondamento della vita di ognuno e del nostro essere popolo, comunità, nelladifferenza delle nostre espressioni di fede.Vorrei indicare due aspetti che possono aiutarci a condividere la gioia con il nostro popolo didiscepoli di Gesù. Il primo lo indica il libro del Deuteronomio: “Ascolta, Israele”. “Ascolta” è ilfondamento della nostra vita. Noi ascoltiamo il Signore che ci parla oppure la sua parola non entranel nostro cuore e non diventa il nostro pensiero, le nostre parole e le nostre scelte? Quando nellenostre giornate incontriamo gli altri, quando espletiamo il nostro quotidiano lavoro, la Parola di Dioche ascoltiamo ci accompagna nelle scelte o tutto rimane prigioniero delle abitudini e non cambia lanostra umanità e ciò che diciamo e facciamo?Poi, secondo aspetto. Tommaso, quando Gesù appare ai discepoli riuniti, non era presente.Chissà! Avrà avuto da fare, avrà avuto i suoi impegni, forse avrà avuto un imprevisto. Capita anchea noi. Insomma, c’è sempre un motivo per giustificarci e non essere presenti nelle nostre comunità.Qual è il problema? Si dice. E si aggiunge: ci sono altri che non ci sono quasi mai! Gesù, sorelle efratelli, appare alla comunità riunita. Se lo vuoi riconoscere, accogliere, ascoltare, devi essercisempre anche tu, altrimenti la tua fede si indebolisce, perché la fede vive e cresce in un popolo, nonè mai solo una questione individuale, una faccenda tra me e Dio. Infatti, Tommaso per riconoscereGesù risorto deve tornare in mezzo a quei discepoli. In fondo, era mancato solo una volta, ma quellavolta fu decisiva. Ecco il senso del nostro essere insieme per la celebrazione dell’Eucaristia, il culto,la preghiera, l’incontro.Riscopriamo, sorelle e fratelli, la forza delle fede nella condivisione della nostra vita con le nostrecomunità, per poter essere donne e uomini felici e aiutate gli altri a incontrare il Signore Gesù,nostro maestro e pastore, così da rispondere alla forza violenta del male con la mitezza e l’amore,per costruire un mondo fraterno e pacifico. E continuiamo a pregare per la pace ovunque i conflittiseminano distruzione dolore, morte.

Famiglie e giovani incontrano Beatrice Fazi: attrice, mamma, donna di speranza

Attrice, moglie – sposata con l’avvocato Pierpaolo Platania – e madre di 4 figli (Marialucia, Maddalena, Giovanni e Fabio), Beatrice Fazi sarà ospite domenica 26 gennaio a Frosinone (auditorium diocesano, viale Madrid, accanto alla chiesa di San Paolo, con inizio alle 16) di un incontro-testimonianza organizzato dagli Uffici di pastorale familiare e pastorale giovanile delle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino. Impostasi all’attenzione del grande pubblico con il simpatico personaggio di Melina, nella fiction “Un medico in famiglia”, Beatrice Fazi, 52 anni, non è rimasta imprigionata in quel ruolo che pure le ha dato una grande popolarità, ma ha poi percorso una parabola professionale ascendente anche a teatro, mentre attualmente è su Tv2000, conduttrice della trasmissione di cucina “Quel che bolle in pentola”. Nell’incontro di domenica, Beatrice Fazi darà conto pure del suo percorso di fede, dalla conversione iniziale alla continua ricerca, messo nero su bianco anche nel libro “In cerca di un cuore nuovo” (edito da Piemme e che, seppur uscito da alcuni anni, viene continuamente ristampato), così come racconterà del vissuto in famiglia “piccola Chiesa domestica”, del rapporto tra coniugi e di questi con i figli. E proprio ai suoi figli, come ha raccontato di recente in una intervista al settimanale “Credere”, dice spesso: «La nostra famiglia deve essere una palestra perché voi siate delle persone degne, capaci di fare qualcosa di nobile, di bello, di grande. Non perché debbano diventare “qualcuno”, ma perché capiscano che la vita è un servizio, che non viviamo per noi stessi, che abbiamo proprio l’obbligo di fare migliore questo mondo, di partecipare». Igor Traboni