Quella vissuta nella domenica delle Palme 2025 resterà una giornata a dir poco memorabile per la comunità della parrocchia San Filippo e Giacomo di Anagni, una bella realtà di Chiesa, con circa duemila abitanti, molto estesa nelle campagne cittadine, guidata da don Gianluigi Corriere. Domenica 13 aprile è stato infatti prima inaugurato il sagrato antistante e quindi, all’interno della chiesa, è stato “scoperto” il grande Crocifisso.
Il sagrato ha una dedica particolare: ai giovani defunti della parrocchia e, in particolare, a Simona Sordi, morta un anno fa. Luca Ciocci, marito di Simona, ha voluto donare questa opera, sottolineando – dopo il taglio del nastro inaugurale – come «il sagrato è un’area molto importante di una chiesa, espressione di valori significativi tra cui quello dell’accoglienza. Il sagrato mette in comunicazione l’interno con l’esterno e congiunge il mondo al Cielo attraverso il portale, simbolo di Cristo. Allo stesso tempo rinvia alla mensa eucaristica, luogo di unità in cui diveniamo un solo corpo ecclesiale, una comunità. È per questi motivi che ho voluto donare questa piccola opera alla mia comunità parrocchiale nella quale sono nato e cresciuto, affinché chi si presenta alla porta della nostra chiesa possa sentirsi ospite gradito e atteso così come avviene nelle nostre case». Luca Ciocci ha poi spiegato anche la scelta di adornare il tutto con delle querce sempreverdi, «simbolo di forza ed eternità, capaci di dare ombra per tutto l’anno ed esprimere bellezza con le loro chiome semplici e austere che una volta cresciute creeranno un sagrato maggiormente riconoscibile, riservato e silenzioso. Le querce sono alberi sacri nella Bibbia: sotto le querce di Mamre Abramo fu visitato da Dio in forma di tre angeli, annuncio del mistero della Santissima Trinità. E’ quanto aveva a cuore la nostra Simona di dare accoglienza e ristoro ogni anno ai pellegrini di ritorno dal santuario della Santissima Trinità: queste sedute e queste piante con le loro chiome continueranno ad accogliere e ristorare parrocchiani, forestieri e pellegrini, come avrebbe voluto continuare a fare lei».
Una volta all’interno della chiesa e sollevato il telo che lo ricopriva, il Crocifisso è apparso in tutta la sua bellezza, ma anche nei significati che Alessia Forconi, artista che lo ha realizzato, ha così illustrato: «Cristo non è rappresentato nel pieno del dolore ma in una posa che ci sorprende: il corpo è disteso, proteso verso l’alto, le braccia aperte in un gesto che evoca l’Ascensione più che la sofferenza. I segni della Passione sono presenti, ma non dominano: sono lì a ricordarci il sacrificio ma già trasfigurati nella luce della Resurrezione. All’interno di questa chiesa, segnata da linee verticali che si slanciano verso il cielo, il Crocifisso sembra quasi seguire e completarne il movimento: si inserisce armoniosamente nello spazio, quasi a volerlo abitare con la sua presenza viva, che accoglie e solleva lo sguardo e il cuore di chi entra».
A suggellare un po’ tutta l’intensa mattinata, sono poi arrivate le parole di don Gianluigi, a ricordare innanzitutto «il percorso attraverso il quale abbiamo scelto questo Crocifisso: ci abbiamo messo un po’ di tempo ma perché abbiamo voluto fare un percorso ispirato il più possibile da Dio; abbiamo sentito tante voci, la comunità la diocesi, abbiamo cercato con dei momenti di preghiera quello che il Signore ci chiedeva, perché fosse un’opera che non la decidesse la maggioranza o solamente uno o alcuni, ma che quanto più possibile fosse il Signore a farci comprendere che tipo di Crocifisso dovessimo portare avanti. Una cosa è emersa chiara subito su tutti i fronti: un Crocifisso che richiamasse anche la Resurrezione».
Anche il parroco ha poi dato una lettura di questa opera d’arte: «In generale, ogni volta che si guarda in Crocifisso non vanno guardate le sofferenze, ma devi dire: Signore, fino a questo punto mi hai amato? Quando guardi un Crocifisso, più delle sofferenze devi vedere l’amore e in quello della nostra chiesa ancora di più: il petto così sollevato non è uno spasmo di dolore, ma l’inizio della Resurrezione. Questo è un Crocifisso tra la Croce e la Resurrezione, ci ricorda che dentro ogni morte vissuta nell’amore c’è l’apertura alla vita e alla resurrezione, che è il più grande mistero cristiano: l’amore trasforma anche le croci, l’amore è più forte della morte», ha chiosato don Corriere, svelando che poi l’idea di un grande Crocifisso per la chiesa parrocchiale era venuta proprio a Simona e ringraziando quindi suo marito Luca «per la testimonianza di fede: le sofferenze o ti migliorano o ti peggiorano, ma quando vivi nella Fede, l’amore riesce pure a trasformare le sofferenze in punti di partenza di vita, a far sì che la morte non prenda il sopravvento, perché il messaggio del cristianesimo è di speranza e di vita».
di Igor Traboni