Messa Crismale: l’omelia del vescovo Ambrogio

17 Aprile 2025

Messa Crismale: l’omelia del vescovo Ambrogio

Cari sacerdoti e diaconi, cari fratelli e sorelle, ci introduciamo con questa celebrazione al Triduo Santo, perché gli oli che saranno benedetti siano fonte di grazia e di unità nel popolo santo di Dio per tutti coloro che li riceveranno. Mai come in questa celebrazione sentiamo la forza e il bisogno dell’unità attorno al Signore Gesù, che si avvia verso la Passione, morte e resurrezione, cuore della nostra vita di fede. Il mondo ci abitua a ben altro: divisioni, arroganza, protagonismi, tribalismi, non fanno che umiliare il sogno di Dio dell’unità di tutto il genere umano, fino a rendere difficile una convivenza fraterna e solidale, che sembra davvero impossibile. Ma il nostro essere qui, sorelle e fratelli, mostra che questo è possibile, perché Dio lo rende possibile con la sua grazia, con un amore che non smette mai di parlarci e di aiutarci a vivere. Il Signore conosce il nostro peccato, le nostre fragilità, le nostre incertezze e paure. Eppure, continua a convocarci perché ha fiducia in noi.

   Per questo ci raduna attorno alla Parola di vita eterna, che si fa cibo per noi. Per questo ha consacrato diaconi, presbiteri e vescovi, perché possano essere portatori di un “lieto annuncio”, quel vangelo che si prende cura dei poveri, che soccorre e salva, che proclama la grazia di Dio per l’umanità. Noi siamo indegnamente rivestiti di questa grazia che, attraverso la proclamazione della Parola e i sacramenti della Chiesa, può scendere in abbondanza nella vita delle donne e degli uomini e fecondarla, farla germogliare di frutti di bene. Forse oggi è facile anche per noi perderci d’animo, cedere alle scorciatoie e in fondo accontentarci di ciò che si riesce a fare. Il pessimismo non risparmia il nostro modo di vivere e di guidare le nostre comunità, che comunque sono sempre ricche di donne e uomini che condividono con noi il desiderio di comunicare agli altri, a partire dai piccoli e dai giovani, la bellezza della vita cristiana. Come già ho detto più volte, nel cammino sinodale, ma anche prima che iniziasse per tutta la Chiesa, tanti si sono impegnati. Siamo grati a tutti loro. Non ci nascondiamo le fatiche. Il mondo cambia velocemente e l’abitudine all’isolamento, che ha sempre tante cause personali e collettive, rende difficile incontrarsi, dialogare, ascoltarsi e parlarsi.

   La vita cristiana, sorelle e fratelli, è vita di popolo, sempre. Soprattutto nei momenti difficili, in questo tempo segnato da tante sofferenze, delusioni, solitudini, siamo chiamati a riscoprire la gioia e la forza di essere popolo, comunità di donne e uomini, di cui i presbiteri e i diaconi sono al servizio per il ministero ricevuto dal Signore Gesù nella Chiesa. Siamo coloro che hanno ricevuto di più, quindi siamo chiamati ad essere generosi nel dare, amabili nelle relazioni, inclusivi, forti della grazia di Dio, che dobbiamo seminare largamente perché largamente abbiamo ricevuto. L’autoritarismo e l’individualismo non aiutano l’autorevolezza di chi come un padre ascolta e parla con amore ai suoi figli. Così è il Signore Iddio con noi. Così dovremmo essere noi con tutti coloro che il Signore ci ha affidato e che abitano la terra in cui viviamo, anche se non frequentano le nostre comunità abitualmente.   

   Il profeta, le cui parole abbiamo ascoltato, si trovava davanti una città e una terra impoverite e rassegnate. La Parola di Dio lo aiutò a scoprire la chiamata ad essere profeta per tutta quella gente che aspettava parole di speranza, un tempo di grazia che rispondesse alla delusione e al pessimismo e indicasse una via per il futuro. Oggi il Signore ci chiama ad essere profeti, ad accogliere la sua parola rileggendola nel tempo in cui siamo, per aiutare a trovare la strada del bene, a ricostruire una comunità di popolo, dove tutti possano trovare accoglienza e condivisione. La profezia è visione, che diventa pensiero e aiuta ad assumersi la speranza di un nuovo inizio. Sorelle e fratelli, non basta ripetere ciò che abbiamo ricevuto dalla storia solo come una consuetudine, anche se tutto è prezioso e nulla va smarrito. Il Signore soffia nella polvere che siamo il suo alito di vita, perché ci assumiamo la responsabilità di rinnovare il mondo cominciando dal cambiamento di noi stessi e delle nostre comunità. Il mondo ha bisogno di profeti che facciano germogliare il deserto di bene, di amore, di pace!

    Allora, cari amici, ricostruiamo un tessuto di fraternità nel trama sfilacciata della vita, dove sembrano dominare tanti io, poco inclini a formare un noi. Questa terra, che ci vede ministri e servi assieme a tanta gente, attende parole di speranza. Le attendono i poveri e gli esclusi, come i giovani disorientati e gli anziani sempre più soli. Le aspettano i migranti e le famiglie in difficoltà. Il Signore riempia il nostro animo della sua grazia. Il suo amore faccia traboccare i nostri cuori di frutti buoni, che possano come un seme irrigare e fecondare i cuori di tutti, perché il mondo sia meno ingiusto, più pacifico e umano. Ci affidiamo al Signore, camminando con lui in questi giorni di Passione, perché Lui, che ha portato il peccato del mondo, ci faccia partecipi della vita che il Padre gli ha donato. E non dimentichiamo mai di pregare per chi soffre per la guerra e la violenza, come l’Ucraina, la Terra Santa, il Sudan, e molti altri luoghi. Signore: fa che il mondo finalmente cerchi e percorra la via della pace e della fraternità! E rende tutti noi responsabili di costruire questa via con la preghiera e la vita di ogni giorno.

Abbazia di Casamari, mercoledì 16 aprile 2025

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