Impagliazzo: «Così possiamo costruire la Pace, ogni giorno…»

21 Febbraio 2025

Impagliazzo: «Così possiamo costruire la Pace, ogni giorno…»

La pace è possibile e va perseguita da ognuno di noi attraverso tre percorsi concreti: 1) Partecipare ai problemi lontani, facendoci artigiani di pace. 2) Essere solidali, facendoci artigiani di solidarietà. 3) La preghiera e la sua forza storica.

Così Marco Impagliazzo, docente di Storia contemporanea presso l’Università Roma Tre e presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha sintetizzato il suo appassionato e appassionante intervento sul tema “Immaginare la pace. Il Giubileo anno di speranza e riconciliazione” tenuto giovedì 20 febbraio nell’auditorium diocesano di Frosinone, davanti ad una platea numerosa e alla presenza del Prefetto, del Questore di Frosinone e dei sindaci di alcune città delle due diocesi, nell’ambito di una iniziativa organizzata dalle diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino e Anagni-Alatri, in quel percorso di approfondimento e formazione per il Giubileo 2025 fortemente voluta dal vescovo Ambrogio Spreafico. E proprio monsignor Spreafico, dopo la presentazione di Impagliazzo fatta da Luisa Alonzi che ha moderato l’incontro, ha introdotto l’Ospite, ricordandone l’impegno come intellettuale a tutto tondo, e dunque anche come uomo di pace, nell’operato internazionale della Comunità di Sant’Egidio, per un intervento al convegno «che ci aiuterà a capire, a comprendere, in questo tempo così difficile, come vivere e come farlo da cristiani».

Impagliazzo ha iniziato quindi da una certezza, ovvero da quella «speranza che non delude» che Papa Francesco ha voluto “sigillare” nell’indizione del Giubileo «in questo tempo di inquietudine» per le tante guerre, per i problemi che ci assillano, come quello del riscaldamento globale e delle conseguenze sul clima (e qui Impagliazzo ha sottolineato l’impegno del vescovo Spreafico su questi temi), prima di ripercorrere rapidamente la storia dei 27 Giubilei ordinari, a partire da quel primo indetto nel 1300 dall’anagnino Bonifacio VIII, a ciò spinto dai fedeli dell’epoca che chiedevano «un moltiplicatore di gioia e speranza». E a distanza di secoli, il grido degli uomini di oggi è invece quello della pace «che si prepara solo con la pace, mentre l’atteggiamento della comunità internazionale o è quello dell’immobilismo o è quello delle armi», anche nel solco di quella “passività morale” di cui parla Thomas Merton e che Impagliazzo ha definito «un problema del nostro tempo, mentre occorre agire in modo concreto per dimostrare che non è vero l’assunto dell’ineluttabilità della guerra. Ma più  che di pacifisti, il mondo di oggi ha bisogno di pacificatori». Questo nostro tempo, invece, ha argomentato Impagliazzo, soffre di «deculturazione della fede», richiamando la denuncia fatta a suo tempo da Paolo VI di un mondo che soffre per mancanza di pensiero «e nell’immaginare la pace c’è questa mancanza. Oggi ci si chiude anche in una sorta di “provincialismo”, si confida in questo perché ci dà semplificazioni rassicuranti». Impagliazzo ha poi tracciato alcuni eventi epocali recenti che hanno mutato il corso della Storia, dall’11 settembre al crollo dell’Urss.

E oggi? «C’è questa realtà minacciosa della guerra», rispetto alla quale la Comunità di Sant’Egidio ha operato, ad esempio, con i corridoi umanitari, «ma toccare la guerra – come Impagliazzo ha fatto sul campo in diverse parti del mondo – non è come guardarla in tv: è qualcosa di tremendo!». E da questo punto di vista anche la memoria è importante, da conservare e tramandare, anche perché stanno scomparendo gli ultimi testimoni della seconda guerra mondiale e della Shoah. «E ci si accorge del valore della pace solo quando questa manca». Un panorama non idilliaco, nel quale svetta comunque il faro della Chiesa “maestra di umanità” (Paolo VI) che ci vuole “fratelli tutti”, solco tracciato da Papa Francesco che lo ha detto e ripetuto chiaramente: la guerra è il fallimento dell’umanità. «I papi hanno portato avanti un ministero di pace», ha aggiunto Impagliazzo, «e tutti si sono fatti carico della profezia della pace». Una pace che sgorga copiosa anche dal dialogo «ma oggi siamo nel mondo dell’Io, che logora il Noi, anche nelle famiglie, nell’ambiente ecclesiale. Oggi c’è tanta solitudine, che poi porta all’aggressività», ha stigmatizzato Impagliazzo, ricordando che anche il fenomeno del nazionalismo è frutto di «un egoismo collettivo».

L’IMPORTANZA DELLA CULTURA

Avviandosi a concludere, il presidente della Comunità di Sant’Egidio ha quindi sottolineato l’importanza della Cultura, del leggere, dell’informarsi, un tema tanto caro anche al vescovo Spreafico che più volte lo ripete nei suoi interventi e che lo ha ripreso anche nei saluti finali. «L’ignoranza – ha detto Impagliazzo – favorisce la guerra. Occorre leggere, una cosa che ci salva anche dalle fake news. E serve viaggiare, incontrare gli altri, aprire il cuore e la mente. La pace ha bisogno di cultura!», ha ribadito Impagliazzo, prima di terminare con i tre punti di cui dicevamo all’inizio e che costituiscono una bussola «per superare l’Io e ricentrarci sul Noi, per ricucire i tessuti sociali anche nelle nostre città, nelle nostre famiglie, per preparare un mondo di pace. Forse è un sogno, ma è un orizzonte su cui lavorare, qualcosa che ognuno di noi può costruire ogni giorno».

Igor Traboni

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