Don Alessandro, cappellano dell’ospedale di Alatri: «Vicino ai malati. E a volte basta tenergli la mano»

17 Febbraio 2025

Don Alessandro, cappellano dell’ospedale di Alatri: «Vicino ai malati. E a volte basta tenergli la mano»

Don Alessandro Tannous, 48 anni e sacerdote da 16, originario del Libano, parroco di Santa Maria della Mercede a La Fiura, è il cappellano dell’ospedale “San Benedetto” di Alatri e lo abbiamo incontrato, a margine della celebrazione per la Giornata del malato presieduta proprio in ospedale dal vescovo Ambrogio Spreafico (vedi altri articolo su www.diocesianagnialatri.it) , per sapere qualcosa di più di questo servizio pastorale – una vera e propria missione – che svolge dal febbraio del 2021. «Il mio compito è quello di “curare” il malato dal punto di vista spirituale e sacramentale. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, c’è la celebrazione della Messa, l’impartire l’unzione ai malati, portare loro la comunione. Ma c’è poi un aspetto spirituale che diventa anche morale: ascoltare il malato, nella confessione ma anche nel dialogo; spesso i degenti ti parlano delle loro sofferenze che non sono solo fisiche, e tu li ascolti, provi a dare qualche consiglio. A volte basta prendere il malato per mano e tenergliela: per lui è già tanto».

La presenza di don Alessandro in ospedale è praticamente quotidiana «tutti i giorni celebro Messa e vado sempre, anche se non tutti i giorni faccio le stesse cose, compresa la domenica, quando però celebro solo la Messa perché poi ho anche l’impegno in parrocchia. Però ci sono le suore che mi danno una grande mano d’aiuto e la domenica sono loro che portano la comunione ai malati». Attualmente ci sono quattro suore, tutte straniere, dell’ordine delle ospedaliere della Misericordia, lo stesso della Beata Raffaella Cimatti, che proprio nel vecchio ospedale di Alatri prestò servizio con amore e dedizione, qui morì nel 1945 ed è ora sepolta in Concattedrale. Il servizio pastorale di don Tannous talvolta prosegue anche fuori dai reparti: «Alcuni malati, una volta dimessi e tornati alla normalità, comunque mi cercano, mantengono un rapporto. E la cosa molto bella è che molti pazienti sono di Alatri e in particolare della mia parrocchia, quindi già li conosco, ma il rapporto si consolida ancora di più». L’ospedale è pure luogo di morte «e allora c’è da star vicino soprattutto ai familiari del defunto, con la preghiera ma anche con una vicinanza di cui spesso hanno tanto bisogno. E se c’è disperazione umana, questa è una cosa comprensibile, e allora lì sono chiamato a capire se basta ascoltare quello che spesso è uno sfogo, pure questo comprensibile, o se si può instaurare un dialogo». Un dialogo, divenuto in molti casi anche un bel rapporto di amicizia, che don Alessandro ha stabilito pure con tante delle persone, non solo sanitari, che lavorano in ospedale.

Igor Traboni

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