ELISABETTA E MARIA: DONNE DELL’ASCOLTO PER UN NUOVO INIZIO
Dio parla e rende profeti di una storia di amore
Quando si parla di inizio siamo abituati a pensare che ciò indica un giudizio sul passato, se non il suo superamento e la sua soppressione. Questa idea ha fatto spesso concludere che quanto Dio ha iniziato nella vicenda di Gesù di Nazareth significasse l’abolizione, o persino la “sostituzione”, di quanto Dio aveva operato con il suo popolo Israele. In realtà già abbiamo visto che sia con Abramo che con Mosè e Samuele siamo di fronte a nuovi inizi della storia di Dio con il suo popolo. Gli esempi in tal senso si potrebbero moltiplicare. Questa costatazione non ci ha impedito di vedere come l’opera di Dio nella storia con l’umanità sia costellata di nuovi inizi, attraverso cui il Signore opera nella storia e ne permette il rinnovamento e la prosecuzione.
Ciò avviene anche con Elisabetta e Maria. Le due donne sono presentate dall’evangelista Luca come la prosecuzione e insieme il rinnovamento della storia di Dio con il suo popolo, un vero nuovo inizio, che non cancella il passato, ma lo conduce in un tempo nuovo. Elisabetta e Zaccaria costituiscono il legame con la storia di Dio con Israele e Maria introduce il nuovo, ma ambedue in stretta connessione con la manifestazione di Dio, caratterizzata dalla presenza continua dell’angelo, il messaggero di Dio secondo la tradizione della fede di Israele.
Le due vicende di Zaccaria – Elisabetta e di Maria sono intrecciate anche dal punto di vista narrativo. Come ha mostrato… le narrazioni sono elaborate in corrispondenza: in 1,5-25 troviamo l’annuncio della nascita di Giovanni Battista, a cui segue l’annuncio della nascita di Gesù, mentre in 1-57-66 si racconta la nascita di Giovanni Battista e di seguito quella di Gesù (2,1-7). Al centro – ma torneremo su questo in seguito – si colloca la visita di Maria a Elisabetta, quasi una narrazione superflua rispetto alla centralità degli altri racconti.
In ambedue le donne si esaltano l’ascolto e la fiducia in Dio. Rileggendole alla luce di racconti di vocazione profetica, sembra di essere di fronte a una vera e propria chiamata che rende le due partecipi dello spirito della profezia (cf. 1Sam 3; Is 6,1-8; Ger 1,4-10). Nel racconto della nascita di Giovanni Battista il protagonista appare il padre Zaccaria, sacerdote del tempio. Tuttavia, Zaccaria non accoglie con fiducia l’annuncio dell’angelo. Per questo, nonostante il Signore abbia accolto la sua preghiera (1,13), diviene muto (1,20) per non avere ascoltato e quindi creduto. Quando la sua lingua si scioglie e comincia a parlare di nuovo? Proprio qui entra in gioco come protagonista Elisabetta, che interviene in un momento cruciale, quello della circoncisione, attraverso cui il nuovo nato entra a far parte dell’alleanza di Dio con il suo popolo. Elisabetta si distacca dalla tradizione familiare (1,60) nella scelta del nome. È quindi lei che permette a Zaccaria di aderire alla sua richiesta, che acconsente alla scelta della moglie. Da quel momento egli comincia a parlare benedicendo Dio. Un duplice strappo alle consuetudini: il nome viene scelto dalla madre prima che dal padre, mentre non rispetta la tradizione familiare. Si tratta di qualcosa che implica una novità. È quindi Elisabetta che indica nell’attribuzione del nome il senso della vita di quel figlio, facendo comprendere che siamo in un momento di passaggio, come poi cantato dal padre nel suo canto di lode.
I due racconti, di Elisabetta e Maria, continuano a intrecciarsi in modo complementare. Di nuovo entra in scena l’angelo Gabriele, che si era qualificato con il nome prima di dire a Zaccaria la sua incredulità. Il saluto “turba” Maria. In lei nasce una domanda che nel prosieguo della narrazione diventa dialogo con l’angelo. Dio dialoga con Maria attraverso il suo messaggero. La sua parola viene spiegata, non è un enigma. Tuttavia, va ascoltata perché possa realizzarsi: “Ecco, sono la serva del Signore. Avvenga per me secondo la tua parola”.
In ambedue i racconti, la parola di Dio si realizza perché due donne l’hanno resa possibile, ascoltandola e accogliendola come la novità della loro vita e di quella del loro popolo. Infatti, non si tratta di una rivelazione privata, che tocca solo la vita delle due, ma di una parola che riguarda il popolo, la sua storia, il suo passato e il suo futuro. Le parole del Magnificat terminano con un chiaro riferimento a Israele e alla storia di Dio con il suo popolo: “Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre”. Così sarà anche per canto di Zaccaria che all’inizio dice: “Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo. Ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide suo servo, come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti di un tempo”. Sembra quasi che il Magnificat concluda ciò che poi Zaccaria riprende all’inizio del suo cantico di lode. Insomma, mi sembra chiara la continuità tra i due eventi, che suscitano parole di lode per quanto il Signore ha operato per il suo popolo, e non solo per due donne.
Dio agisce nella storia dell’umanità perché ci sono donne e uomini che accolgono la sua Parola e rendono possibile quindi la sua realizzazione. La parola di Dio non si impone, non è neppure solo frutto dell’intervento dell’Altissimo. Essa risponde a un dialogo tra Dio e l’umanità, tra Dio e uomini e donne che si fidano di quanto ascoltano e se ne fanno carico perché possa operare ciò per cui Dio ha mandato la sua Parola.
Ascolto e incontro
Nella narrazione delle due donne si inserisce il racconto della visita di Maria a Elisabetta. Di per sé sarebbe stato superfluo in ordine a quanto l’evangelista stava raccontando. L’essenziale era già detto. Tuttavia, proprio la scelta di Maria di andare da Elisabetta ci fa entrare nell’intimità di una relazione che non è solo parentale, ma che rende possibile alle due donne di riconoscere con maggiore chiarezza ciò che il Signore ha operato in loro. Per questo, nello sviluppo dei primi due capitoli il racconto di questo incontro occupa una posizione centrale, che fa quasi di passaggio da un momento a un altro, ma insieme fa da collegamento tra il passato e il futuro. La centralità del racconto ne sottolinea perciò l’importanza.
L’incontro prende inizio con il saluto di Maria a Elisabetta che provoca un “sussulto” del bambino che porta nel ventre ed “Elisabetta fu ripiena di Spirito santo”. Nelle parole seguenti di Elisabetta, che spiega a Maria quanto successo a seguito del suo saluto, ella aggiunge che fu un “sussulto di gioia” (1,44). La parola di Maria suscita una reazione di vita e di gioia nel grembo di Elisabetta, quasi a indicare che anche ciò che sta avvenendo in lei è opera dello Spirito di Dio, come era stato detto dall’angelo a Maria: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo” (1,35). C’è una forza di Dio che rende possibile l’impossibile seppur in maniera diversa. E la presenza dello Spirito rende le due donne parte di un annuncio che ha a che fare con la profezia.
La presenza divina in questo incontro rende le due donne consapevoli di quanto il Signore sta operando in loro. Questa consapevolezza si esprime nelle parole di Elisabetta: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo”. E poi viene esplicitato nel canto di Maria, il Magnificat. L’incontro aiuta loro e tutti a riconoscere l’opera di Dio nella vita e nella storia. Dio parla a ognuno, ma per riconoscere la sua opera abbiamo bisogno di essere in un popolo, abbiamo bisogno dell’incontro. In un mondo dove sembra dominare sempre di più l’io di ciascuno, il racconto di questo incontro ci aiuta a capire questa urgenza: uscire per incontrare. Non è forse il senso più profondo e tangibile della preghiera comune, della celebrazione eucaristica? Lì, come Elisabetta e Maria, si canta la lode di Dio per la sua opera nella storia. E ciò diviene visione, profezia dentro una storia, che diversamente sarebbe non sempre comprensibile nelle sue radici profonde. Solo insieme è possibile riconoscerla con chiarezza. Ognuno risponde personalmente, ma poi ha bisogno dell’incontro per farla propria e proclamarla.
Maria, la più giovane, una ragazza, esce, attraversa i monti di Samaria per giungere fino all’anziana Elisabetta. Si adombra qui anche la gioia e la fecondità di questo incontro tra generazioni, diventato a volte così difficile. Eppure, le due donne evangeliche aiutano a riscoprire il valore e la forza di incontrarsi senza giudizi, con l’intento di riconoscere quanto sta avvenendo nella propria vita. Il racconto semplice di un fatto rende la gioia e la bellezza di poterne parlare e gioire della presenza di Dio che rende possibile l’impossibile.
Storia, parola, incontro, chiedono a qualcuno di uscire per poter scoprire che quanto avviene in uno può avvenire in altri. Nessuno è l’unico portatore di novità di vita. Ci sono anche altri, sebbene diversi per storia, età, condizione di vita, che hanno bisogno di ognuno di noi per poter scoprire il valore che sono non solo per se stessi. Ciò è possibile solo se uno decide di prendersi la responsabilità di uscire dal proprio mondo per avviarsi verso il mondo degli altri. In ognuno c’è un mondo di umanità, che solo nell’incontro, nell’ascolto e nel dialogo, è possibile scoprire e condividere. Nell’incontro si scoprirà che molto ci accomuna e ci rende partecipi di un’unica grande storia, quella di Dio con le donne e gli uomini di questo mondo e delle generazioni che ci hanno preceduto e che seguiranno. Il cantico di Maria e di Zaccaria ci inseriscono nella lunga storia di “misericordia” con cui il Signore entra nella vita dell’umanità per arricchirci e renderci coscienti del dono che riceviamo ogni volta che ascoltiamo o la sua parola e non solo la nostra.
+ Ambrogio Vescovo