Quello del calcio non è solo un gioco ma, se interpretato nel migliore dei modi, anche e soprattutto un momento per “fare squadra” in tutti i sensi: amicizia, condivisione, aiuto e sostegno, senso di appartenenza ad una comunità e non solo ad una “bandiera”, rispetto dell’avversario. Ed è esattamente quello che sta accadendo ad Acuto, il paese poco distante da Fiuggi la cui squadra milita nel campionato di terza categoria e con un tifoso-sostenitore in più: il parroco don Francesco Frusone da quando, poco più di un anno fa, è stato chiamato alla cura pastorale di questo borgo.
Nessuna “invasione di campo” da parte di don Francesco, ci mancherebbe altro, che ha raccolto volentieri un invito arrivato dalla dirigenza della società acutina a stare vicino alla squadra e alle attese, alle speranze, talvolta anche alle problematiche dei giovani che la compongono. Ed ecco così che, soprattutto in alcuni periodi dell’anno, si vivono dei momenti forti. Come quello, che sta per rinnovarsi, fissato prima di Natale, con una cena insieme per condividere anche la gioia e l’allegria della festa, con il parroco che offre delle riflessioni, speso prendendo spunto anche dei messaggi e dagli interventi che non di rado papa Francesco dedica al mondo dello sport e a quanti lo frequentano. Ogni estate, poi, ad Acuto si tiene una vera e propria “Festa dello sport”, in cui tutto il paese si mobilita anche per reperire fondi per sostenere la squadra di calcio e in questo caso pure la parrocchia fa la sua parte, mandando… in campo catechisti ed animatori. Un altro momento forte, ed anche beneaugurante, è poi quello dell’inizio di ogni campionato. Quest’anno, ad esempio, l’Acuto si sta facendo valere, seppur inserito in un girone non facile con squadre forti del nord della provincia di Frosinone e di quella di Roma.
«Io cerco di star vicino ai dirigenti, al mister e a questi giocatori – racconta don Francesco Frusone – offrendo loro ascolto e amicizia. Davvero l’importante è fare gioco di squadra anche con tutto il paese: è bello che una comunità si ritrovi accanto a qualcosa che sente come sua ed in questo caso alla squadra di calcio. E tanti momenti insieme diventano momenti di fraternità. Poi cerco di ricordar loro che è sempre bello mettersi in gioco e fare squadra, anche quando si perde, perché l’importante è “giocare” la partita della vita. E giocarla bene, insieme agli altri».
di Igor Traboni
(nella foto, giocatori e dirigenti dell’Acuto con don Francesco, in alto secondo da sinistra)