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«Il Signore è il Dio della vita»: l’omelia del vescovo Ambrogio nella Messa per la professione perpetua di suor Evelyne

1 Luglio 2024

«Il Signore è il Dio della vita»: l’omelia del vescovo Ambrogio nella Messa per la professione perpetua di suor Evelyne

Questo il testo dell’omelia pronunciata dal vescovo Ambrogio Spreafico nella celebrazione per la Professione perpetua di Sr. M. Evelyn (Cistercensi della carità), in Anagni, domenica 30 giugno 2024

Sorelle e fratelli, concludiamo il giorno del Signore con la professione perpetua di Sr. M. Evelyne e
la benedizione del “Giardino dello sposo”, voluto da Madre Claudia come luogo di incontro con il
Signore e con la bellezza del giardino di Dio. Cara Sr. Evelyne, non poteva esserci giorno migliore
per la tua consacrazione solenne al Signore, perché nelle rose di questo giardino tu possa crescere
come rosa che profuma dell’amore di Dio.
Il Signore è il Dio della vita. Lo abbiamo ascoltato nella prima lettura. E’ bene ricordarselo in un
mondo pieno di morte e di violenza, che generano paura, chiusura, indifferenza, che fanno
dimenticare che abbiamo la responsabilità di aiutare tutti a vivere, dai piccoli che devono nascere e
crescere con la pazienza dell’amore, ai vecchi che non possiamo abbandonare come inutili, dai
migranti che hanno diritto di vivere come noi fino ai giovani che spesso giudichiamo e aiutiamo
poco a non crescere nell’illusione di una felicità effimera.
Il Vangelo ci indica la via per come vivere, per tornare a vivere, come fece Gesù a quella donna e
alla figlia di Giairo. Quella donna stava perdendo la vita (il sangue rappresentava la vita). Tutti
conoscevano la situazione della donna, anche i medici a cui aveva fatto ricorso. Ma la vita non
riprendeva. Possiamo capire la vergogna di quella donna. Sì, la malattia talvolta fa vergognare,
perché il corpo si indebolisce fino a diventare irreposcibile. Quella donna si confonde tra la folla,
ma vuole arrivare a Gesù, almeno a toccare il lembo del mantello. Non è un gesto magico. Quel
lembo rappresenta il lembo del mantello della pregheria che gli ebrei indossavano. Lei sa che
quell’uomo è un uomo di Dio, un uomo di preghiera. E Gesù se ne accorge. Ma come poteva con
tutta quella gente che si accalcava attorno a lui? Lo dicono i discepoli con grande meraviglia. Lo
diremmo anche noi. Chi si accorge dei tanti che cercano guarigione, aiuto, speranza, che vorrebbero
incontrare, toccare qualcuno per dire che esistono, che vorrebbero essere considerati, aiutati, guariti.
Chi si accorge di loro? La folla ha sempre fretta. Noi abbiamo sempre fretta! Siamo in un mondo di
distratti da se stessi, abbiamo sempre da fare. Chi se ne importa – sembra sentir dire – se tanti
anziani, poveri, deboli, profughi, avrebbero bisogno del tuo aiuto, avrebbero bisogno di essere
salvati? Ma così non c’è vita. E così o giovani si perdono, i vecchi muoiono soli, i migranti
muoiono nel mare o nei deserti, mentre i grandi si chiudono nella paura.
Sorelle e fratelli: venite in questo giardino. Lì c’è Gesù. Lui ti può aiutare, salvare, guarire dalla
malattia congenita del to io, della tua indifferenza. Fermati! Riposati! Fai come Giairo. Non
rassegnarti! Non smettere di cercare Gesù, di importunarlo con le tue parole, con la preghiera. Lui è
li per ascoltarti.

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Oggi Madre Claudia vorrebbe dirti: vieni in questo giardino in un mondo di donne e uomini che
non sanno fermarsi, che non colgono il fiore della bellezza, che distruggono il creato per
l’arroganza e l’affarismo dei ricchi e dei potenti. Il Signore, lo sposo, ti aspetta. Qui troverai pace,
troverai parole, sentimenti, pensieri, potrai dare riposo alla tua umanità. Potrai guarire dal male
dell’indifferenza e dell’egoismo, dalla paura e dalla tristezza, che ti paralizzano e ti impediscono di
amare. Rendi un giardino il tuo cuore e il luogo dove vivi ogni giorno! Rendi un giardino il deserto
di amore e di carità, quella per cui Madre Claudia ha voluto vivere e che ci lascia come eredità.
Cara Suor Evelyne, gusta la bellezza e la gioia del giardino di Dio, dove ha voluto porre l’umanità
fin dall’inizio perché le donne e gli uomini potessero vivere insieme in pace, come sorelle e fratelli.
Tu vieni dall’Uganda, un grande Paese di un continente dimenticato o sfruttato da tanti per
impossessarsi delle sue ricchezze, ma pieno di giovani, di speranze, di futuro. Preghiamo perché
non ci dimentichiamo di loro! La preghiera sia la tua forza, come indica il braccio verticale della
croce. La fraternità e la carità la cura della tua umanità e di quella degli altri, come indica il braccio
orizzontale. Non ci siano mai confini per la tua carità. Siete come Cistercensi della Carità un
piccolo fiore nel numero, ma potete essere un roseto di speranza per la vostra testimonianza di
amore e di cura per i piccoli e per tutti, un seme della presenza amorevole di Dio in questo mondo.
Lo auguro a voi tutte, mentre noi vi accompagneremo con la preghiera in questo luogo che
custodisce la memoria di una lunga storia della Chiesa e che da oggi è arricchita da questo
“Giardino dello sposo” rinnovato nella sua bellezza.

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