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La musica ebraica di scena ad Anagni

19 Dicembre 2023

La musica ebraica di scena ad Anagni

Per la prima volta la Sala della Ragione di Anagni ha ospitato un evento musicale all’insegna della cultura ebraica. Una serata, quella tenutasi il 12 febbraio, in sintonia con la ‘Giornata della memoria’, organizzata dall’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, insieme al Comune di Anagni e alla comunità ebraica di Roma presente con i suoi rappresentanti, così come era presente il vescovo Ambrogio Spreafico.

Protagonisti sono stati i musicisti del progetto Davka, artisti di fedi diverse ma accomunati dall’amore per la cultura ebraica e con la passione di farla conoscere attraverso la musica,  combinando melodie antiche e ritmi moderni e facendo ‘viaggiare’ lo spettatore in modo virtuale nel vissuto ebraico.

«La musica nasce nel cuore e ci conduce – hanno detto – insegna e ispira mentre intrattiene». Per amare un popolo bisogna conoscerlo, e  la musica è un veicolo privilegiato per avvicinare popoli di mondi diversi.

Lo spettacolo dal titolo “Il tango della speranza”  ha avuto la valenza  di avvicinare gli spettatori alle vicende ebraiche in Polonia, quindi ‘tango e non solo’, con brani che testimoniano la profonda integrazione nel tessuto socio-culturale, costruita nei secoli, che tanto ha contribuito alla cultura polacca.

Di queste storiche comunità ebraiche, un tempo tra le più numerose in Europa, ora rimane pochissimo. La Shoah ha spazzato via un patrimonio prezioso di persone e culture, di cui però la musica può farsi custode e trasmettitrice. Alcuni dei brani presentati sono nati nei momenti tragici di quegli anni, in cui musica e speranza hanno svolto un ruolo chiave nell’educazione ai valori ebraici, rinvigorendo persone ormai fiaccate e scaldando il cuore di quelli che erano lontani.

La sala si è riempita di note coinvolgenti, intense  e ricche di evocazioni, intrecciando tradizioni ashkenazite (Germania e Europa orientale), yiddish (lingua ebraica della Mitteleuropa), cassidiche e anche il tango, che i rifugiati da Spagna e Portogallo avevano conosciuto e fatto proprio in Argentina, e che per loro fu motivo di riabilitazione sociale. Conosciuto in Europa, il tango assunse connotazioni diverse nobilitandosi e ritornando ingentilito in Argentina, come ha ben illustrato Massimo Finzi, assessore alla Cultura della comunità ebraica di Roma, presente alla serata con sua moglie. In Polonia quel ritmo arrivò nel 1913 con il compositore ebreo Jacobi.

Ogni brano è stato introdotto e poi cantato dalla voce di Maurizio di Veroli, permettendo la comprensione dei contenuti e delle vicende, collegando strettamente passato e presente.

Una grande varietà di temi, eccone alcuni:  il canto che si fa preghiera con il salmo 137 degli ebrei deportati in Babilonia; o ‘Ani Maamin’ (‘Io credo) nonostante tutto, che incarna l’aspettativa messianica sognando un mondo di pace e giustizia per tutti. Fu composto dal rabbino Pastag che lo portò con sé sul treno che lo conduceva a Treblinka; affidò il foglio a un giovane che riuscì a fuggire portandolo a Gerusalemme dopo la guerra, da dove si diffuse in tutto il mondo ebraico.  Il brano ‘Vehi  Sheamda’, invece, cantato in Ucraina, inneggia  alla libertà, nel ricordo dell’uscita del popolo dall’Egitto. E poi ‘Oyfn Priptchik, composto alla fine dell’800 in Turchia: la storia di un maestro che insegna ai bambini l’alfabeto ebraico, fondamentale per la comprensione dei Testi Sacri. E il canto divenuto colonna sonora del film Schindler liszt, o quello che i nazisti costringevano a suonare col violino accompagnando i prigionieri nelle camere a gas. E il brano ‘Indiference’,  scritto come monito a non rimanere mai indifferenti alla sofferenza altrui. “L’opposto dell’amore non è l’odio, è l’indifferenza – affermò nel 1999 il premio Nobel Elie Wiesel sopravvissuto ai campi di sterminio – L’opposto dell’educazione non è l’ignoranza ma l’indifferenza[…] l’opposto della pace non è la guerra, ma l’indifferenza. […]. Fare memoria combatte l’indifferenza”

Ritmi e musiche hanno espresso nostalgia, tristezza, ma anche fede, fortezza nella tribolazione e anche gioia. Il testo dell’ultimo brano, che celebra la venuta messianica, fu scritto da un poeta partigiano del ghetto di Vilnius, ed esprime  speranza e ottimismo per un futuro migliore. E’ un invito a brindare e, se dovesse mancare il vino, si brinderà con l’acqua, che è fonte di vita. E questo canto finale si è trasformato in danza, coinvolgendo la sala.

Ma torniamo agli inizi della serata, introdotta dai saluti del sindaco Daniele Natalia.  Nel suo  articolato intervento mons. Ambrogio Spreafico ha sottolineato con forza alcuni punti fondamentali. Primo: la memoria, che «non ci fa dimenticare ed evita tragedie come quella in cui morirono sei milioni di ebrei nei campi di sterminio insieme a cinquecentomila zingari e molti altri. La memoria che fa la storia costruendola anche nei momenti difficili come quello che stiamo attraversando. Anzi, proprio in questi momenti abbiamo bisogno di non dimenticare che senza memoria saremmo tutti schiavi del presente, che vorrebbe sottometterci alla paura che rende distanti e persino nemici». Secondo: «Storia e fede ebraica sono diventate cultura ed hanno arricchito l’umanità. Eppure questa realtà subisce anche oggi attacchi spesso violenti di antigiudaismo e antisemitismo. Purtroppo la causa è la mancanza di cultura e quindi l’ignoranza  Vedi il fenomeno di crescita in Italia  del numero di quanti pensano che l’olocausto non sia mai esistito». E terzo: «l’indifferenza, che  è una forma di complicità, che prima o poi porta alla violenza. Occorre quindi  prendere le distanze da certi fenomeni negativi. Vedere la propria  identità culturale non  come valore da difendere ma piuttosto da condividere in un dialogo paziente e costruttivo. In un tempo così doloroso dell’umanità, agire in modo che l’ idea e i convincimenti di uno non diventino  motivo di vanto fino all’esclusione dell’altro, che causa la guerra come spregio dell’umanità.             La memoria condita di dolore ci preservi dal clima  violento che  respiriamo e che ci porta alla condiscendenza alla guerra che a volte entra nel cuore, e ci aiuti  a rinnovare quell’alleanza d’amore che sola porta alla vita e che –  nella nostra diversità e insieme della nostra fragilità umana – siamo chiamati a custodire e a testimoniare». E ha concluso richiamando a prenderci le nostre responsabilità nell’oggi.

L’assessore alla cultura ebraica di Roma, Massimo Finzi, dal suo punto di vista, a proposito della memoria,  ha esplicitato ancora di più  che «non basta ricordare perché ancora più importante  è comprendere le cause che hanno portato nazismo e fascismo al potere»   Non ultimo, il pericolo dell’ indifferenza «ché – ha affermato – si può essere colpevoli non soltanto col sentimento  ma anche con la semplice indifferenza».

Grazia Passa

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