Sale per insaporire, luce per illuminare: possono sembrare due verbi scontati, sicuramente conseguenziali. Eppure, non lo sono affatto, se coniugati con le riflessioni che il vescovo Ambrogio Spreafico ha offerto nella serata di venerdì 24 novembre a circa duecento ragazzi delle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino, ritrovatisi presso l’auditorium San Paolo, a Frosinone, ancora una volta insieme per il raduno interdiocesano dei giovani.
Partendo dal discorso della montagna e da quei due inviti “Voi siete sale della terra… voi siete luce del mondo”, il vescovo ha detto ai giovani «che è proprio quello che Gesù chiede a ognuno di noi, perché Lui crede di più in noi di quanto noi crediamo in noi stessi. E soprattutto crediamo poco che il mondo possa cambiare, siamo come rassegnati alla vita. Ma ricordiamoci che il mondo si costruisce insieme, perché se sei solo gli altri ti “mangeranno”. Ma i prepotenti prima o poi cadranno, come è sempre successo nella storia. Dio abbatte i potenti e innalza gli umili!».
Spreafico ha quindi esortato i giovani «ad essere sale della terra, quel sale che dà un sapore vero, come nei piatti della cucina ciociara! Gesù vorrebbe che ognuno di noi desse sapore alla vita degli altri, ma c’è gente insipida, che non sa di niente, non comunica umanità. Sapete perché c’è tanta gente arrabbiata, che manca di rispetto, prepotente? – ha continuato il vescovo calamitando ancor di più l’attenzione dei giovani presenti – Perché è gente senza sapore! Gente che si esalta sfrecciando a 180 all’ora sulla Casilina o con il nuovo smartphone da esibire con gli amici, perché anche questa dell’esibizionismo è un’altra costante dei nostri giorni. Ma questi egoisti non si accorgono che il male lo fanno prima a loro stessi. E la luce serve a farti vedere gli altri, non per esibirti, ma per brillare perché altri brillino in te, e in te vedano la luce di Dio! Ognuno di noi ha dentro l’impronta di Dio: se tu vedi nell’altro questa impronta, allora già cambi. La luce non va nascosta, altrimenti il nostro mondo continuerà a vivere con questa incapacità di vedersi, di guardarsi. Siamo tutti pronti a vedere nell’altro i difetti, ma perché non vediamo il bene? Se ognuno aiutasse gli altri a far vedere il bene, come sarebbe bello il mondo!».
Da qui l’invito finale del vescovo Ambrogio: «Scegliete di fare luce e cogliere la luce che c’è negli altri! Proviamo a capire come possiamo essere luce, insieme, illuminandoci insieme. La luce dà speranza, aiuta a camminare, fa vedere gli altri. E gli altri hanno bisogno di luce, di speranza. Non rassegniamoci al buio!».
La serata è poi proseguita con i giovani che si sono divisi in vari gruppi, guidati dai sacerdoti presenti e da alcuni giovani più… grandicelli, a seconda del colore dei braccialetti fosforescenti distribuiti poco prima, e insieme hanno elaborato dei pensieri relativi a cosa li fa brillare – questo il tema dell’incontro – e cosa invece li incupisce. Questi pensieri sono stati poi scritti su dei post-it e affissi su un grande pannello. Ed eccoli alcuni dei pensieri messi nero su bianco dai ragazzi, a partire da quello che li incupisce: paura, delusione, insicurezza, perdita di umanità e contatto con le persone, ansia, mancanza di amore, giudizio degli altri, prepotenza, lamentele, indifferenza, incomprensioni, opinioni.
Ed ecco invece ciò che li fa brillare, come hanno doppiamente testimoniato illuminando la sala con i telefonini ad ogni lettura di un post-it che corrispondeva loro: servizio, portare colore, curiosità, sorriso dei bambini, forza del bene agli altri e vedere il loro sorriso brillare, amore per il prossimo, amici, il sorriso degli altri, vedere le persone sorridere e felici anche se io sono triste, empatia, apertura, comunità.
I giovani hanno anche preparato nei gruppi, e poi comunicato agli altri, delle “preghiere dei fedeli”, tutte molto profonde, niente affatto scontate, prima di recitare tutti insieme quella che il Padre ci ha insegnato (e molti tenendosi per mano). La serata si è avviata alla conclusione con altri spunti di riflessione offerti da don Francesco Paglia e don Tonino Antonetti e con un canto finale. Ma baci, abbracci, sorrisi e risate sono proseguiti anche una volta fuori dall’auditorium, in una notte così illuminata!
di Igor Traboni