Romani 8,14-23; Giovanni 19,25-30
Cari fratelli e sorelle, cari Paolo e Federica, siamo qui insieme raccolti dalla mano del Signore per accompagnare con la preghiera Thomas, stroncato dalla violenza omicida. Siamo ancora smarriti e increduli, a cominciare dai suoi familiari e amici. Ho voluto essere qui con voi per condividere il vostro dolore unendoci nella preghiera. La morte è una ferita profonda, provocata dalla forza del male, ancor di più una morte violenta come quella che ha colpito Thomas a 19 anni. Così lo hanno descritto alcuni di voi: “un ragazzo con il sorriso”.
Davanti al dolore e alla morte scopriamo la nostra fragilità, la nostra umanità ferita, e comprendiamo che anche Thomas aveva le sue fragilità. E a volte dietro il sorriso si nasconde una domanda di vicinanza, aiuto. Non dimentichiamo mai che dietro un volto, uno sguardo, c’è una donna, un uomo, un ragazzo, un giovane, che ha domande, ha bisogno di essere ascoltato, capito, aiutato. Oggi forse ci mancano le parole, anche se ne abbiamo molte nel cuore e nei pensieri, forse vorremmo esprimere dispiacere, anche rabbia, ma, vi chiedo, mai di vendetta, come ci ha detto più volte il padre di Thomas di non dire. Per questo siamo qui. I nostri sentimenti e le nostre parole inespresse qui diventano preghiera, quella preghiera che spesso si ritiene inutile e che quindi non siamo più abituati a fare. Il Signore la ascolta, e vuole aiutarci. Il Signore non è mai distratto, sempre ascolta il dolore, la sofferenza, il lamento. A volte ci dimentichiamo di questa mano tesa di Gesù alla nostra vita, come dimentichiamo che siamo uomini e donne bisognosi di aiuto e di amicizia. Ma Gesù è venuto per questo. Ci parla per questo. Vorrebbe darci le parole e i sentimenti giusti che a volte ci mancano.
Nella prima lettura l’apostolo Paolo ci ha parlato proprio della fragilità della vita, dell’intero creato, tanto che esso geme e soffre come una donna che deve partorire. A volte dimentichiamo questa fragilità e nella vita vince l’isolamento, l’egoismo, la prepotenza, quel protagonismo che esclude gli altri. Altre volte nella fragilità ci lasciamo ingannare da soluzioni illusorie o false promesse che sembrano dare certezze e felicità. Ma sono solo illusione. Si deve fare attenzione, perché se cedi al male una volta, pensando che tanto è una volta, poi il male si installa nella tua vita e diventa difficile liberarsene, guarire. Voi ragazzi amici di Thomas, eravate qui vicino, parlavate tra voi, come altre volte. Ma si deve parlare con sincerità, in modo pacifico, anzitutto ascoltandosi. Non è accettabile rendere la parola scontro, litigio, fino a venire alle mani, come avviene a volte nelle nostre città. Quando vi trovate per parlare, fatelo per aiutarvi, sostenervi. Mai nessuno contro un altro, altrimenti si rischia di diventare come delle tribù che finiscono per combattersi per difendere ciò che è loro. Purtroppo, il mondo in cui siamo è spesso un mondo tribale tribale. Si fatica a vivere insieme, perché ognuno, ogni gruppo, difende se stesso, il proprio modo di pensare, il proprio territorio. Da qui nasce la violenza, che diventa incontrollabile. La guerra non è che la conseguenza di questo modo di pensare, come vediamo in Ucraina. Eppure, vedete come ci aiuta essere insieme! Questa è l’unica possibilità che abbiamo per essere felici e costruire un mondo umano e fraterno.
Un’ultima cosa vorrei dirvi. Davanti a noi, come in ogni chiesa, abbiamo il crocifisso. Ci ricorda la vicenda terrena di un uomo, figlio di Dio, che è venuto in mezzo a noi per condividere fino in fondo la nostra umanità, persino la morte. Era buono, faceva del bene a tutti, ascoltava, aiutava, guariva. Era felice di stare con gli altri. Eppure, il suo amore sembrava eccessivo, non piaceva. Per questo fu ucciso da mani violente, appeso alla croce. E da lì venne la vita, la resurrezione, perché Dio Padre non poteva permettere che la vita di Gesù finisse con la morte. Tra i dolori della croce Gesù ancora ci stupisce: vede sotto la croce Maria sua madre e il discepolo che amava, Giovanni, l’unico uomo rimasto. In mezzo al dolore atroce si preoccupa di loro, li guarda e dice: “Donna, ecco tuo figlio, … Figlio, ecco tua madre”. E da quel momento il discepolo la prese con sé”. Quanta tenerezza in queste parole. Oggi credo che Gesù le dica a noi tutti, a cominciare dai familiari di Thomas, dai suoi amici. Ci affida l’uno all’altro, perché ci aiutiamo, ci abbracciamo, ci accogliamo con affetto, asciughiamo le lacrime gli uni degli altri. Thomas, mi hanno detto, era inclusivo, non escludeva nessuno. Questa è la vita, cari amici, Questa è la felicità vera anche nel dolore. Volersi bene, abbracciarci, sentirci parte di un popolo di fratelli e sorelle, che sanno che il segreto della vita sta nel non cedere al male, nell’amore vicendevole, che il Signore viene ad aiutarci a vivere. Non abbiamo bisogno tutti di questo? Chiediamocelo. Aiutiamoci. Consoliamoci. E poi il Signore da questo ci dona anche la vita senza fine, quella per cui noi preghiamo oggi per Thomas, perché sia accolto nella pace del Paradiso, lui che è stato strappato violentemente al vostro affetto e alla vita terrena. E noi lavoriamo per il bene, per condividere pacificamente la vita con gli altri, lasciando da parte ciò che divide, parole e gesti che siano. Il mondo e noi abbiamo bisogno di pace e fraternità, altrimenti prevarrà sempre la violenza. E la violenza prima o poi porta alla morte. Noi non lo vogliamo. Noi ci impegniamo perché non succeda più qui ad Alatri e in nessuna altra parte del mondo. Ci impegniamo per non essere mai indifferenti davanti al male e al dolore, mai! L’indifferenza, come l’omertà, sono complicità! Chiediamolo anche al Signore nella preghiera, perché la preghiera apre il cuore all’amore e rende più umani e fratelli. Affidiamoci alle mani di Gesù e lui ci condurrà insieme alla felicità e a una vita piena di bene e di amore. Includiamo gli altri nel nostro abbraccio, perché nessuno si perda per la fatica, l’incertezza, la fragilità della vita. Amen.